San Daniele Dop: storia, caratteristiche e abbinamenti di un’eccellenza italiana

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view post Posted on 23/11/2019, 10:53
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Il San Daniele Dop è uno dei prosciutti crudi più amati e ricercati al mondo. La sua patria è un piccolo borgo del Friuli, da cui prende il nome: dietro questa eccellenza italiana c’è un vero e proprio patrimonio di tecniche e tradizioni, che lo rendono unico. Ecco la storia del San Daniele Dop, le sue caratteristiche e gli abbinamenti migliori da proporre a tavola.

ECCELLENZE
di Francesca Fiore


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Un profumo intenso, un gusto delicato e raffinato: è il San Daniele Dop, uno dei prosciutti italiani più celebri al mondo. La grande qualità di questa eccellenza sta tutta nell'equilibrio: quella sottile linea di demarcazione fra dolce e salato che rende il suo sapore unico al mondo. Ma come nasce un prosciutto così raffinato? Vi raccontiamo la storia del San Daniele Dop, le caratteristiche della sua produzione e i migliori abbinamenti da proporre a tavola.

San Daniele Dop: come nasce una specialità famosa in tutto il mondo

Il San Daniele è un prosciutto crudo stagionato protetto prima dalla Denominazione di Origine Controllata (legge n. 507 del 1970) e, dal 1996, con la Denominazione di Origine Protetta dall'Unione Europea: le sue caratteristiche sono dovute al particolare ambiente geografico, che include non solo le risorse naturali, ma anche i fattori umani. Un'eccellenza italiana con una storia lunghissima alle spalle: le prime testimonianze legate alla sua produzione risalgono agli insediamenti di epoca pre-romana nell’area friulana compresa tra le Alpi Carniche e le Alpi Giulie. È questo infatti il cuore della produzione di questo raffinato prosciutto: San Daniele del Friuli, borgo di circa 8 mila abitanti della provincia di Udine, situato all’interno dell’area dell’Anfiteatro Morenico. La posizione del borgo e il suo particolare microclima fanno sì che questo sia un luogo privilegiato per la stagionatura delle cosce di maiale: il merito è anche della compresenza dei venti delle Alpi, che vengono da nord, e della brezza del Mar Adriatico, proveniente da sud.

Oggi il San Daniele viene prodotto da 31 aziende autorizzate nel comune di San Daniele del Friuli, fra cui la più celebre è sicuramente Dok Dall'Ava, secondo le modalità definite dal relativo Disciplinare di produzione che ha valore di legge: sui prosciutti certificati viene impresso a fuoco il marchio del Consorzio, che comprende anche il codice identificativo del produttore.

San Daniele Dop: le fasi della produzione

Il San Daniele Dop è un prosciutto crudo stagionato riconoscibile anche e non solo per il caratteristico zampino: la particolare lavorazione tradizionale prevede che la coscia sia sempre integra, cosa che aiuta la diffusione dell’umidità e, quindi, una migliore stagionatura. La materia prima è fatta da cosce di suini italiani provenienti da 10 regioni, allevati e macellati esclusivamente in Italia e alimentati con una dieta controllata a base di siero di latte e cereali nobili. Le razze sono la Large White e la Landrace, a volte combinate con la razza Duroc, o ibridate. Il suo processo di produzione è lungo e complesso:

La prima fase della lavorazione è quella della selezione: le cosce che superano il controllo preliminare di conformità possono essere avviate per la lavorazione. Le carni scelte vengono conservate per 24 ore a una temperatura che va da -1° a 3°: in questo modo la carne si compatta e si "tonifica". Subito dopo le cosce vengono rifilate con dei tagli specifici e precisissimi, in modo da favorire la perdita di umidità.

La seconda fase è la salatura: dopo ulteriori 24 ore le cosce vengono ricoperte di sale marino e stese ad una temperatura che va da 0° a 4°. Inizia dunque una maturazione preliminare: secondo la tradizione locale ogni prosciutto deve riposare così per un numero di giorni corrispondente al numero di chili del suo peso.

Terza e importante fase, la pressatura: i prosciutti vengono pressati lungo la massa muscolare in modo da far penetrare in profondità il sale. Questa distribuzione uniforme darà alla carne una consistenza perfetta per la stagionatura vera e propria. È questo passaggio che conferisce al prosciutto la sua celebre e caratteristica forma a chitarra.

Siamo dunque alla fase del riposo, che non è quella della stagionatura vera e propria: le cosce salate vengono messe a maturare in grandi sale dedicate, dove viene mantenuta un’umidità variabile tra il 70 e l’80% e una temperatura compresa tra i 4° e i 6° . Una fase che dura 4 mesi e che permette al sale di distribuirsi in modo omogeneo all’interno del prosciutto.

Quinta fase è quella del lavaggio, fondamentale per la buona riuscita del prodotto finale: le cosce vengono lavate con acqua tiepida, cosa che favorisce la tonificazione della carne.
Arriva dunque la sesta fase, quella della stagionatura vera e propria: si svolge solo ed esclusivamente all’interno del territorio comunale di San Daniele del Friuli per almeno 13 mesi dall'inizio della lavorazione. Durante la stagionatura è cruciale mantenere condizioni specifiche per quanto riguarda la temperatura, l'umidità e la ventilazione dei locali.

Settima e penultima fase, la sugnatura. Una volta che i prosciutti hanno superato la stagionatura, sulla parte non coperta dalla cotenna è applicata la sugna, una pasta costituita da grasso suino e farina di riso o di frumento. Lo scopo di questo passaggio è quello di proteggere e contemporaneamente ammorbidire quella specifica porzione di carne, per evitare che la carne sottostante si asciughi.

Ottava fase, i controlli con battitura e puntatura. Durante la stagionatura, infatti, i prosciutti vengono controllati spesso, in due modi: la battitura, con cui si valuta la consistenza del prosciutto, e la puntatura, che consiste nell’infilare un osso di cavallo in alcuni punti, per valutarne lo stato di stagionatura e la bontà. Come si fa? Attraverso l'olfatto: i maestri del San Daniele, infatti, sanno riconoscere "a naso" se qualcosa è andato storto durante la produzione.

Infine, la marchiatura, che avviene solo dopo il 13° mese di stagionatura: si fanno gli ultimi accertamenti sul prodotto da parte dell’IFCQ, l’istituto di controllo e solo i prosciutti che superano questi test vengono certificati e marchiati a fuoco con il marchio San Daniele.
La stagionatura del San Daniele Dop

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Caratteristiche organolettiche del San Daniele Dop

Qual è il risultato di un processo così complesso? Un prosciutto dal sapore elegante, in perfetto equilibrio tra la parte dolce e le fragranze classiche della carne stagionata. La fetta è di colore rosso-rosato, con striature di colore bianco o bianco-rosato nel grasso intramuscolare (la cosiddetta marezzatura, cioè la distribuzione del grasso in maniera uniforme) e in quello di contorno. Il suo profumo è delicato ma diventa più persistente man mano che la stagionatura va avanti: questa può variare infatti da un minimo di 13 mesi fino a 16, 18 e anche 24 mesi. Sono diverse le tipologie in commercio: lo potete trovare intero con l'osso, disossato, in tranci oppure affettato. Naturalmente, per una questione di integrità dei sapori e degli aromi, consigliamo di evitare il prosciutto già affettato.

Proprietà e calorie del San Daniele Dop

Solo due ingredienti, carne italiana e sale marino, per un prosciutto privo di conservanti, coloranti e additivi vari. Con 320 kcal, il San Daniele garantisce 25,7 g di proteine nobili, ovvero quelle che hanno tutti gli amminoacidi essenziali, fondamentali per il corretto sviluppo delle cellule del nostro copro. Inoltre è ricco di sali minerali, soprattutto sodio (attenzione, dunque, se soffrite di ipertensione) ma anche potassio e fosforo. Non mancano le vitamine, soprattutto quelle del gruppo B, ma anche la vitamina E è presente in una piccola percentuale. Anche la composizione dei grassi è equilibrata: su 100 grammi di prodotto, i grassi saturi sono pari a 6,47 g, quelli mono insaturi sono pari a 8,58 g e quelli polinsaturi si attestano sui 2,69 g.

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Come conservarlo

Le norme per la conservazione del prosciutto San Daniele dipendono dalla tipologia scelta: è bene seguire queste indicazioni, non solo per una questione di sicurezza alimentare, ma anche per preservare la qualità del prodotto.

Affettato fresco al banco salumi. L'integrità del sapore dipende molto dalla conservazione fatta dal banco salumi. È preferibile consumare il prodotto affettato al banco entro 12 ore dall'acquisto, meglio se entro 2-3 ore, in modo da conservare bene tutti gli aromi e i sapori. Se è necessario conservarlo in frigorifero, è meglio conservarlo ad una temperatura compresa fra 1° e 6°;

pre-affettato in vaschetta. Da conservare in frigo, ad una temperatura intorno ai 5° massimo, massimo per 120 giorni per la vaschetta chiusa: in caso di vaschetta aperta è bene consumarlo entro 12 ore, tirandolo fuori dal frigo il prosciutto 5-10 minuti prima del consumo;

prosciutto intero con l'osso. Questa tipologia deve conservata in un luogo fresco e asciutto, anche a temperatura ambiente, dai 15° ai 20°, fino al momento dell’utilizzo. Una volta tagliato, coprite la parte interessata dal taglio con della pellicola e conservate il prodotto in frigo. Il prosciutto con l'osso conservato in frigo si può consumare massimo per un mese: quando si riprende il taglio è preferibile scartare la prima fetta perché può ossidarsi e/o asciugarsi in modo eccessivo;

prosciutto disossato, intero o in tranci. Solitamente venduto in sottovuoto: una volta scartata la confezione ricoprite la parte superiore con della pellicola trasparente e conservate in frigo le fette tagliate a una temperatura compresa fra 1°e 6°. Se il prosciutto viene estratto dal sottovuoto intero, deve essere completamente ricoperto dalla pellicola trasparente.

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Abbinamenti con il vino

Il San Daniele è un prosciutto dall'aroma particolare e delicato, che non vuole accanto vini troppo strutturati, che possano coprire il suo gusto elegante. L'abbinamento più immediato e sicuro è con il Friulano che, grazie alla sua essenza leggermente erbacea riesce a mettere in risalto la dolcezza del prosciutto: un bianco con un po' di corpo, che non soccombe alle note sapide ma le esalta. Altri vini che si accostano bene sono il Pinot Grigio e la Ribolla Gialla, che con la sua acidità "sgrassa" la bocca; ma anche un Colli Orientali del Friuli Sauvignon, un Alto Adige Chardonnay o il marchigiano Verdicchio dei Castelli di Jesi (Marche) o, infine, le bollicine Franciacorta o Oltrepò Pavese Brut, che sono più in contrasto e per questo riescono ad esaltare il sapore del prodotto. Non molti indicati i rossi, soprattutto quelli strutturati: chi non ama i bianchi può comunque optare per un buon rosato fermo o anche un Trento Spumante Rosè.

Abbinamenti in cucina

Il miglior modo di gustare il San Daniele è sicuramente in purezza, tenendolo lontano dai fornelli: in ogni caso il san Daniele viene usato anche in molti piatti cotti. L'abbinamento più immediato, quello con il melone, può essere sostituito dall'accostamento con altra frutta, magari acida, come i frutti rossi o le ciliegie, o anche molto dolce, come i fichi. Interessante anche l'abbinamento con il miele, preferibilmente miele di acacia per esaltare le note dolci, o miele di castagno per far risaltare il contrasto. Se volete gustarlo a tavola potete abbinarlo a un pane casereccio o a un formaggio fresco, dal sapore leggermente acidulo.



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