25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne

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Nella foto l' Installazione artistica. 100 scarpe rosse per dire basta contro il #femminicidio realizzata dalle laniste bolognesi presso la Cappella Tremlett a Palazzo Re Enzo per tutto il mese di novembre. #Bologna

 
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Giornata contro la Violenza sulle Donne, ecco perchè si celebra il 25 novembre

Nel 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite scelse il 25 novembre per celebrare la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ecco perchè è stata scelta questa data.

di Redazione Donna


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Oggi, 25 novembre, si celebre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Nel 1999, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite scelse il 25 novembre come data ufficiale per combattere i soprusi e le discriminazioni contro le donne, invitando i diversi governi, le associazioni e le ONG ad organizzare in questo giorno dell'anno una serie di eventi e attività per sensibilizzare l'opinione pubblica su un problema grave, che ancora oggi, nonostante il progresso e la modernizzazione, affligge la società.

Perchè il 25 novembre – Tale data fu scelta da un gruppo di attiviste durante l'Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi nel 1981 a Bogotà. All'epoca il gruppo di donne scelse il 25 novembre per ricordare il brutale assassinio delle sorelle Mirabel, avvenuto nel 1960. Queste ultime ancora oggi sono considerate un vero e proprio esempio per tutte le donne nel mondo, un simbolo rivoluzionario. Grazie al loro impegno per la salvaguardia dei diritti femminili alla fine degli anni '60 riuscirono a contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana.

La morte delle sorelle Mirabel – Le tre sorelle furono uccise il 25 novembre del 1960 poichè ritenute figure scomode per il regime. Quel giorno si stavano recando in carcere per far visti ai propri mariti, furono bloccate sulla strada da alcuni agenti e trasportate con la forza in un luogo nascosto per essere torturate violentemente e strangolate. Dopo il feroce assassinio i corpi delle sorelle Mirabel furono rimessi in auto e gettati in un precipizio per simulare un incidente stradale. Ancora oggi la morte delle tre sorelle è considerata come uno degli episodi più assurdi e violenti della storia dell'America Meridionale.

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“Avrei potuto essere lei”: la campagna per immedesimarsi con le donne vittime di violenza

La Fondazione Kering ha lanciato un’iniziativa molto particolare per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Si chiama “I Could Have Been” e ha coinvolto alcuni dei più grandi nomi del mondo della moda, a cui è stato chiesto: come sarebbe stata la tua vita se fossi nato donna?

di Valeria Paglionico


Il 25 novembre verrà celebrata la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite che intende sensibilizzare l'opinione pubblica su un tema tanto attuale ma spesso sottovalutato. Secondo le stime, le rappresentanti di sesso femminile che subiscono un abuso sono ancora moltissime, tanto che addirittura una su tre potrebbe denunciare dei casi di violenza o di disparità di trattamento. E' proprio per combattere un problema simile che l'azienda Kering con la sua Fondazione dal 2012 sta lanciando la campagna White Ribbon For Women, che quest'anno ha visto la creazione di un progetto molto particolare chiamato "I Could Have Been".

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Il mondo della moda contro la violenza sulle donne

I Could Have Been è la campagna lanciata quest’anno dalla Fondazione Kering per combattere i casi di violenza sulle donne e la sua particolarità sta nel fatto che ha coinvolto alcuni grandi nomi del mondo della moda, nonché ambasciatori dell'azienda. Alessandro Michele, Stella McCartney, Christopher Kane, Joseph Altuzarra, Dennis Chan, Salma Hayek Pinault, sono quelli che hanno prestato il loro volto per dare vita a un movimento digitale che vuole sensibilizzare l'opinione pubblica al motto di #ICouldHaveBeen. Agli uomini è stato chiesto di immaginare come sarebbe stata la loro vita se fossero nati donna, scegliendo anche un presunto nome, mentre le donne si sono dovute immedesimare in una vittima di violenza, così da cercare di capire quali sono stati i sentimenti provati in quei terribili momenti.

L'obiettivo di I Could Have Been
L'obiettivo della campagna I Could Have Been è far capire a tutti che le ragazze corrono maggiori rischi rispetto agli uomini nella loro vita quotidiana per il semplice fatto che appartengono al sesso femminile. “Nascere donna non dovrebbe equivalere a un più alto rischio di violenza. Eppure, purtroppo, è il caso nel nostro mondo di oggi. Avremmo tutti potuto nascere donna, tutti noi dobbiamo affrontare questa lotta. Una battaglia che sono orgoglioso di fronteggiare con la Kering Foundation” ha dichiarato François-Henri Pinault, presidente e CEO di Kering e presidente della Fondazione Kering. I Could Have Been si propone dunque di stimolare un cambiamento profondo nel modo di pensare e di comportarsi, così che le barriere di genere riescano ad aprirsi al 100%. L’iniziativa andrà avanti fino al 25 novembre e potrà essere seguita sul sito ufficiale della campagna ICouldHaveBeen.org ma anche su Instagram, Facebook, Twitter, LinkedIn e WeChat attraverso gli hashtag appositi.

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Non solo con le percosse, ci sono tanti modi con cui si può fare violenza sulle donne

Abbiamo sempre creduto che solo le percosse, gli schiaffi, gli attacchi aggressivi contro le donne potessero essere considerate delle forme di violenza ma la verità è ben diversa. Fare un fischio a una bella ragazza mentre cammina, essere troppo insistenti nei tentativi di conquista, chiamarla “mestruata”: anche queste sono piccole violenze nei confronti del sesso femminile.

di Valeria Paglionico


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Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. La ricorrenza è stata creata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l'opinione pubblica su un tema scottante ma spesso sottovalutato. A oggi ben una donna su 3 sarebbe vittima di violenze, abusi, disparità di trattamento, ma il più delle volte la cosa non viene denunciata per paura che possa avere ripercussioni ancora più gravi sulla propria vita privata. Non bisogna credere però che solo le percosse e le violenze fisiche, che lasciano dei segni sul corpo, devono essere considerate le uniche forme di violenza esistenti verso il genere femminile, la verità è che molte donne, purtroppo, sono costrette a subire molestie e a vivere in un continuo stato d'ansia sempre, in casa, in strada, sul posto di lavoro. La loro "colpa"? Semplicemente quella di essere donne. Fare un fischio a una ragazza che cammina in strada, essere troppo insistenti nei tentativi di conquista, chiamarla "mestruata", anche queste sono piccole forme di violenza nei confronti delle donne. Ecco 10 "violenze" a cui molte devono sottostare nella vita quotidiana.

1. "Sei isterica hai le tue cose?"– A quale donna non è mai capitato di essere chiamata "troia", "isterica", "mestruata", anche senza motivo? Spesso le rappresentanti del sesso femminile sono costrette ad ascoltare offese e a subire abusi linguistici semplicemente perché hanno indossato una gonna, perché si sono arrabbiate o perché hanno cambiato idea all'ultimo momento. Spesso le parole riescono a creare veri e propri traumi tanto quanto i gesti.

2. Fischi e apprezzamenti fisici – Non c'è nulla di più umiliante per una donna del ricevere un fischio in strada mentre cammina da sola. E' la dimostrazione del fatto che quell'uomo l'ha guardata dalla testa ai piedi, considerandola come un oggetto da apprezzare o disprezzare a piacimento. E' inaccettabile che una donna non sia libera di passeggiare sola senza essere costretta a ricevere apprezzamenti non richiesti quando indossa un tacco più alto o una gonna corta.

3. Credere che i meriti professionali siano dovuti a prestazioni sessuali – E' inutile negarlo, quando una donna di bell'aspetto riesce a raggiungere un importante traguardo lavorativo, si pensa subito a delle presunte prestazioni sessuali rivolte al suo capo che le hanno permesso di ottenere quella posizione. Per quale motivo risulta così tanto assurdo credere che una rappresentante del sesso femminile possa essere brillante e talentuosa? Sentire delle accuse simili per una donna è davvero umiliante e frustrante.

4. Battute e apprezzamenti sul lavoro – Andare in ufficio per una donna può diventare un vero e proprio incubo, soprattutto quando è costretta a subire apprezzamenti da parte di colleghi particolarmente avvezzi a commenti e battutine. Anche se non arrivano a vere e proprie molestie, quelle battute spesso sono sufficienti per rendere l'atmosfera tesa.

5. Se indossi una gonna troppo corta te la sei cercata – Una delle cose che i rappresentanti del sesso maschile non riescono proprio a capire è che spesso le donne amano vestirsi sexy e provocanti semplicemente per vanità e non perché hanno voglia di essere lascive con la prima "preda" che gli capita davanti. Nonostante ciò, quando mettono le gambe o il décolleté in mostra, ci sono elevate probabilità che vengano additate come delle poco di buono, anche se non hanno fatto nulla per essere considerate tali.

6. Una donna attraente non può essere intelligente – Per quale motivo una donna attraente non può essere anche intelligente? Si tratta di un luogo comune così radicato nella società odierna che si guarda sempre con sospetto a una rappresentante del sesso femminile di bell'aspetto, convinti del fatto che non sia particolarmente dotata mentalmente. Dover dimostrare a tutti i costi le proprie qualità, però, a lungo andare può diventare davvero frustrante.

7. Essere eccessivamente gelosi – La gelosia è una delle forme di violenza peggiori che una donna possa subire. Controllo eccessivo, accuse di infedeltà infondate, comportamenti ossessivi, non solo rovinano la relazione ma finiscono per rendere la vita della vittima impossibile, visto che si ritrova a vivere in un continuo stato d'ansia per qualcosa che non ha fatto.

8. Seguirla mentre torna da sola a casa di notte – Essere donna significa anche provare una paura immensa quando si torna a casa da sole durante la notte. Alcuni uomini lo sanno bene ma non per questo evitano di inseguirle nella speranza di conoscerle o conquistarle. Anche se il più delle volte non succede nulla, la semplice preoccupazione che possa accadere qualcosa di brutto è una forma di violenza poiché preclude alcune scelte e impedisce di essere indipendenti.

Combattere i casi di violenza sulle donne è possibile

Negli ultimi anni sono stati fatti dei passi da gigante quando si parla di parità tra i due sessi. Le donne sono sempre più emancipate, indipendenti e hanno dimostrato che non hanno nulla da invidiare agli uomini. Hanno raggiunto questi grandi traguardi solo grazie alla loro forza e alla loro determinazione ma, nonostante ciò, i numeri parlano chiaro: sono ancora troppi i casi di abusi e femminicidio e, se si contano anche quelli non denunciati, la cifra sale in modo esorbitante. E' chiaro dunque che c'è ancora tanta strada da fare per mettere fine a una simile piaga sociale ma per riuscirci è fondamentale partire dalle piccole cose. Stare attenti alle parole che si usano, evitare di giudicare una donna dall'aspetto, non sostenere delle idee antiquate e sessiste, sono solo alcune dei cambiamenti che ognuno di noi può fare nella quotidianità. La donna non è un oggetto che l'uomo può usare a suo piacimento ed è arrivato il momento di affermarlo con forza in una società ancora troppo patriarcale.

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Giornata contro la violenza, le storie delle donne uccise in Italia nel 2017.

I NUMERI DEL FEMMINICIDIO


Nei primi 10 mesi del 2017 sono state 114 le donne uccise. I dati sono nel quarto rapporto di Eures sul femminicidio in Italia, diffuso in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra il 25 novembre. Nel 2016 i femminicidi sono stati 150, nel 2015 erano stati 142. Un aumento del 5,6% con più di 20 vittime in Lombardia e 17 in Veneto. Dal 2000 a oggi le donne vittime di omicidio volontario in Italia sono state 3000, il 37,1% di tutte le persone uccise.


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Anche colpevolizzare continuamente le vittime è violenza sulle donne

Che cos’è la violenza sulle donne? Un pugno? Uno schiaffo? Un omicidio? No, non solo. Anche irridere le vittime di molestie e abusi sessuali che dopo anni riescono a trovare il coraggio di denunciare e provano ad abbattere un sistema fondato sull’abuso di potere e sulla prevaricazione è violenza sulle donne, forse anche peggiore, sicuramente la più subdola.

di Charlotte Matteini


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Che cos'è la violenza sulle donne? La domanda può risultare banale, ma la risposta in realtà non lo è affatto. La violenza sulle donne non è solo lo stupro, non è solo lo schiaffo, non è solo il pugno e non è solo il femminicidio. Migliaia sono le sfaccettature e le sfumature, migliaia sono i comportamenti misogini messi in atto tutti i giorni contro le donne. La violenza contro le donne è anche e soprattutto una questione di mentalità, una mentalità trasversale che porta le persone a pensare che certi comportamenti e certe prevaricazioni siano tutto sommato giustificate e giustificabili. Sebbene in caso di stupro spesso, ma non sempre, la condanna sia pressoché unanime, accade invece molto frequentemente che in caso di molestie e abusi sessuali questa condanna sociale non sia poi così corale, ma anzi la vittima di solito viene vivisezionata e analizzata, nonché infine scambiata per carnefice. Si è visto molto bene negli ultimi mesi, complice il caso Weinstein.

Grazie a un'inchiesta del New Yorker, un bel giorno Hollywood si è risvegliata scoprendo il "segreto di Pulcinella": l'allora terzo produttore più importante del sistema cinematografico statunitense per anni ha abusato di giovani attrici alle prime armi sfruttando il suo potere. Tutti sapevano, si è scoperto, ma nessuno aveva mai voluto parlarne apertamente perché l'uomo era troppo potente per essere combattuto, sia dai media che, soprattutto, dalle attrici novizie. Violenza e abuso sessuale reiterato si intrecciavano in quell'inchiesta che ha avuto il merito di scoperchiare il cosiddetto "vaso di Pandora". Da lì in poi, in tutto il mondo tantissime ragazze hanno trovato il coraggio, supportandosi l'una con l'altra, di denunciare le violenze, gli abusi e le molestie subite. Tante, in molti Paesi, hanno trovato ad accogliere quelle denunce una trasversale solidarietà. In Italia, complice il caso Weinstein denunciato da Asia Argento, e un'approfondita inchiesta condotta da Dino Giarrusso delle Iene, allo stesso modo anche in Italia si è cominciato a parlare molto delle molestie sessuali che da tempo regnano incontrastate in casa nostra, nel Belpaese.

Le reazioni, però, a differenze di quelle scaturite in Usa o nei Paesi Scandinavi, non sono state affatto le medesime: le ragazze che hanno osato denunciare le molestie e gli abusi subiti sono state sbeffeggiate, vilipese, ridicolizzate e maltrattate da media e commentatori. Le testimonianze rese da quelle ragazze sono state vivisezionate e bollate come poco credibili da moltissimi lettori e opinionisti, che hanno preso anche a insultare le vittime. Come al solito, la vittima è stata trasformata in carnefice, carnefice perché ha trovato il coraggio di parlare apertamente di quello che tutti sapevano ma di cui nessuno aveva voglia di parlare.

Le vittime sono immediatamente diventate colpevoli, senza appello. Il sacrosanto garantismo tanto sbandierato dai difensori di Fausto Brizzi – il regista accusato da 15 ragazze intervistate da Le Iene – a quelle quindici donne non è stato concesso. "Hanno denunciato troppo tardi", dicono molti. "Colpa loro che hanno accettato di fare un provino in casa", hanno chiosato altri. "E che sarà mai, al massimo ci avrà provato. Potevano rifiutare", uno degli altri gettonatissimi refrain. Giusto che Brizzi sia considerato innocente fino a sentenza definitiva e abbia diritto a difendersi per via giudiziaria, cosí come prevede la nostra Costituzione, ma il problema nel caso Brizzi, stando ai commenti degli utenti, sembra invece un altro: insomma, la molestia viene addirittura difesa da molti uomini e moltissime donne, tutti concordi nel sostenere che a un abuso di potere si può sempre dire di no. Il che è verissimo, purtroppo non tutte le ragazze e le donne hanno la forza di farlo, molte di loro provano un senso di vergogna, di sporco, ci mettono anche mesi a razionalizzare ciò che è successo.

Poche e sporadiche le difese per queste ragazze, pochissimi hanno rilevato il fatto che non è la donna a dover rifiutare una molestia o un abuso di potere, ma è l'uomo che deve finalmente imparare che non tutto gli è concesso e che il volerci provare con una donna che piace non permette a chicchessia di schiaffarle la lingua in bocca a sorpresa, di palpeggiarla contro la sua volontà o di farle la mano morta. Il problema è proprio a monte, è una questione di mentalità trasversale e radicata che sarà molto difficile abbattere. Il problema delle molestie di Fausto Brizzi non è Fausto Brizzi in quanto persona accusata di, ma è una questione che attiene a una forma mentis.

In Italia l'inchiesta sulle molestie sessuali ha continuato ad alimentare il solito clima di tifo che si scatena in ogni momento e per qualsiasi argomento: il popolo si è diviso tra sostenitori di Brizzi e sostenitori delle molestie, dimenticandosi però di discutere del tema focale, del tema principale, ovvero di come abbattere quella mentalità che fa credere che una molestia non sia poi nulla di così grave e che alla fin fine, si sa, il mondo funziona così da sempre, e dunque perché cambiarlo? E invece no, la molestia non è affatto normale, non può essere considerata un nulla di che da nessun essere umano che voglia definirsi civile, ma anzi quel continuo tiro al piccione contro le vittime, sempre e costantemente colpevolizzate da quella larga fetta di opinione pubblica che vorrebbe apparire di mentalità aperta e anticonformista, è violenza contro le donne al pari di un abuso sessuale.

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Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne: gli eventi organizzati in Italia

Il 25 novembre verrà celebrata in tutto il mondo la Giornata contro la violenza sulle donne, che intende sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema tanto attuale ma spesso sottovalutato. Ecco quali sono gli eventi promossi per l’occasione nelle principali città italiane.

di Valeria Paglionico


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Il 25 novembre si celebrerà in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l'opinione pubblica su un tema spesso sottovalutato. Secondo i dati raccolti nell'ultimo anno, ben una donna su 3 ha subito abusi, violenze e disparità di trattamento almeno una volta nella vita e questi numeri sono ormai diventati inaccettabili. Le città italiane intendono sensibilizzare l'opinione pubblica in occasione di una giornata tanto importante ed è per questo che hanno organizzato eventi, seminari, manifestazioni che vogliono dire basta a ogni forma di violenza contro il sesso femminile. Ecco quali sono le iniziative promosse a Milano, Roma e Napoli.

Gli eventi a Milano
Il 25 novembre, durante la Giornata dedicata alla lotta dei casi di violenza sulle donne, verranno organizzati diversi eventi e manifestazioni nella città di Milano. Innanzitutto, Palazzo Marino verrà illuminato di arancione, il colore scelto dall'Onu per l'iniziativa, nella speranza che ci sarà presto un futuro senza abusi. Si terranno inoltre in diversi luoghi della città alcuni spettacoli teatrali che vogliono sensibilizzare il pubblico su un tema tanto scottante ma spesso sottovalutato e verranno aperti degli sportelli che offrono consulti psicologici gratuiti alle vittime di violenza. Come se non bastasse, verranno inaugurate in diverse zone delle "panchine rosse", simbolo di denuncia e un invito a riflettere sul valore della vita.


E' possibile consultare il calendario completo degli eventi sul sito del Comune di Milano.

Gli eventi a Roma
Anche a Roma sono state organizzate diverse iniziative per celebrare la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne. L’Associazione Promozione Persona, ad esempio, terrà un seminario di sensibilizzazione intitolato "No alla violenza" lunedì 27 novembre dalle 17,00 alle 18,30 presso la parrocchia San Leonardo Murialdo in via Pincherle 144 Roma. Verranno inoltre fornite delle consulenze legali gratuite dalle 18,30 alle 20,15, mentre nella mattina del giorno successivo verrà offerto un consulto psicologico a tutte le vittime di violenza. L'associazione Il Boschetto di Pan ha invece promosso la prima edizione del mese dell’Educazione Emozionale: dal 20 novembre al 20 dicembre sarà possibile prenotare una consulenza psicologica individuale o di coppia, così da lavorare sulle emozioni, sull'empatia, sul rispetto e sulla costruzione di una cultura della non violenza a partire dai rapporti familiari e affettivi.

E' possibile consultare il calendario completo degli eventi sul sito del Comune di Roma.

Gli eventi a Napoli
In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne del 25 novembre a Napoli è stata presentata la rassegna "#Svergognati – Un atto d'amore". Dal 19 al 27 novembre verranno organizzate mostre, spettacoli musicali, proiezioni di film, corti, manifestazioni teatrali e saranno inoltre aperti anche degli sportelli di consulenza psicologica per le vittime in giro per la città. Il tutto culminerà con il convegno "Strategie di prevenzione e contrasto alla Violenza contro le Donne", previsto per il 25 novembre dalle ore 09.00 alle ore 14.00 presso il Complesso Monumentale S. Maria La Nova, al quale parteciperà anche il sindaco Luigi De Magistris. L'obiettivo è invitare alla riflessione sulla violenza contro le donne, partendo da una contro-narrazione della figura femminile negli ambiti sociali, civili, culturali, economici, lavorativi e sanitari del vivere comune e arrivando a comprendere quali sono le cause che spingono un uomo ad abusare dell'altro sesso.

E' possibile consultare il calendario completo degli eventi sul sito del Comune di Napoli.

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25 Novembre . Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne

Non è facile avvicinarsi alle donne violate e incomprese,
vittime di amori malati, di amori che fanno male.
Donne sole, ignorate, perdute
che non hanno ferite sul corpo,
ma lo sguardo triste e lividi indelebili nell’anima.
Sono le donne invisibili,
prigioniere nelle loro stanze
e forse anche di se stesse.
Donne che turbano e sono turbate.
Anime fragili che non sanno amarsi,
donne che non sanno aiutarsi, né chiedere aiuto.
Alla mercé di un uomo che dovrebbe amarle
e invece le annienta lentamente,
le fa morire dentro, ruba la loro dignità.
Vittime di chi non cambierà mai,
che alterna disprezzo e disinteresse
a punizioni d’amore.
Donne smarrite che finiscono
per convincersi di non valere nulla,
persino di meritare quelle violenze che subiscono.
Donne sole, terribilmente sole,
che non trovano la forza di dire «Basta!»,
di uscire da se stesse per ritrovarsi.

(Agostino Degas) Dal mio libro “Gli infiniti adesso dell’anima. Ritratti di donna” Edizioni Spazio Interiore . Roma


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L’Architettura contro la violenza sulle donne

Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e noi le rendiamo omaggio presentando alcuni progetti architettonici vicini alle vittime di maltrattamenti.

di Clara Salzano


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La denuncia contro la violenza sulle donne spesso può arrivare anche da un contesto, apparentemente lontano, come quello dell'architettura. Vincitore alla scorsa edizione del WAF 2013 (World Architecture Festival), il Women’s Opportunity Center di Sharon Davis Design, è un rifugio di protezione per le donne di Kayonza, in Rwanda. Realizzato in collaborazione con Women for Women International, un'organizzazione umanitaria che aiuta le donne sopravvissute alla guerra nel ricostruire le proprie vite, il progetto nasce dalla considerazione che la ricostruzione di un paese che ha sofferto per il genocidio è raggiunta soprattutto attraverso l'educazione e l'auto-inserimento nel mondo del lavoro.

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Il Centro per le Donne, completato nel giugno 2013, è un mini-villaggio trasformato in agglomerato urbano e centro di sussistenza agricola, con un ordine del giorno architettonico per creare opportunità economiche, ricostruire le infrastrutture sociali e ripristinare l'eredità africana. Il design riprende le tecniche costruttive della tradizione del Rwanda, ormai perdute: 450.000 mattoni di argilla per forme circolari che irradiano verso l'esterno, dalle aule interne, raffreddate da tetti verdi, al centro dell'edificio per realizzare uno spazio comunitario e un mercato contadino.

In questo ambiente semi-rurale, le donne dedicano le loro giornate alle piccole aziende di sussistenza, alla raccolta di acqua fresca, e all'utilizzo di legno come combustibile. Abbiamo collaborato con le imprese locali per creare un sistema di depurazione delle acque, biogas, e altri sistemi sostenibili che possono essere prodotti e mantenuti dagli abitanti stessi. Al posto delle latrine inquinanti, tipicamente presenti in Rwanda, abbiamo progettato semplici servizi igienici di compostaggio che riducono l'uso dell'acqua durante la cattura e generano rifiuti solidi e liquidi ricchi di azoto. Il sistema produce naturalmente fertilizzante per nutrire l'azienda o essere venduto come parte delle strategie di realizzazione di entrate del villaggio. (Sharon Davis)

Il progetto comprende una fattoria per aiutare le donne a produrre e commercializzare i propri prodotti. Al mercato sulla strada, le donne vendono prodotti alimentari, tessuti, cesti, e altri prodotti fabbricati in loco, così come l'acqua potabile, raccolta dai tetti del centro. Spazi di mercato possono essere affittati per generare reddito supplementare, la costruzione di una rete di comunità autosufficiente in Kayonza. Le donne imparano le tecniche di allevamento del bestiame e i metodi di trasformazione degli alimenti che possono essere utilizzati per le proprie cooperative alimentari. Le pareti di mattoni forati consentono il raffreddamento passivo e la schermatura solare, pur mantenendo un senso di privacy.

Il Women’s Opportunity Center permette a 300 donne ogni anno di liberarsi dalle conseguenze tragiche del conflitto. "Il ruolo dell'architetto dovrebbe essere proprio creare un'etica globale di collaborazione che sappia rapidamente rimodellare la nostra pratica. Nella vita e nelle storie di queste donne, abbiamo trovato i motivi di ispirazione locale per un'architettura globale di risonanza e di ottimismo".

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Un altro progetto degno di segnalazione è il CBF (Centre pour le Bien-être des Femmes et la prévention des mutilations génitales féminines) proprio di uno studio italiano: FAREstudio dell'architetto Riccardo Vannucci. Il Centro nasce nel 2005 su iniziativa dell’ONG AIDOS (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo) ed è rivolto alle donne di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Finanziato dai Democratici di Sinistra, con un contributo della Commissione Europea, il CBF fornisce quasi gratuitamente prestazioni sanitarie, assistenza psicologica e consulenze legali. Il progetto si basa sulla separazione delle attività primarie svolte dalla CBF in due distinti edifici, anche se strettamente correlati: un Centro di Formazione dedicato alle attività di sensibilizzazione, l'amministrazione e la gestione del CBF, e un centro di consulenza, utilizzato per visite mediche, assistenza legale e consulenza psicologica. I due edifici principali sono impostati su un'unica piattaforma rialzata che crea un vero e proprio piano artificiale per i vari edifici.

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Le pareti sono costruite in BTC [briques en terre comprimée], mattoni crudi impastati con terra, cemento e acqua prodotti in situ da maestranze locali, asciugati al sole e montati a secco. La scelta di utilizzarli rappresenta la volontà di introdurre una tecnologia sostenibile alternativa, in un contesto edilizio legato a soluzioni costruttive standardizzate, non sempre ottimali, e all’importazione di materiali dall’estero. Lo spazio esterno, simile a l'interno, è concepito come uno spazio aperto per essere utilizzati da tutta la comunità. Si tratta di uno spazio di condivisione e di informazione, utilizzato per organizzare con la comunità sessioni di formazione, informazione e sensibilizzazione riguardanti la salute sessuale e riproduttiva, i diritti delle donne e delle famiglie, i comportamenti a rischio di malattie sessualmente trasmissibili, la prevenzione di ogni tipo di violenza fatta sulle donne e di pratiche tradizionali nefaste come le mutilazioni genitali femminili. Lo slogan della ONG locale, tradotto in 5 lingue, completa la decorazione delle pareti esterne. Ogni parete diventa una tela, presentando il messaggio sociale in modo informale: "Io ho dei diritti".

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Per tutte le violenze consumate su di Lei,
per tutte le umiliazioni che ha subìto,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le ali che le avete tagliato..
Per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna !

W. Shakespeare


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Leggete.
Queste sono le donne uccise nel 2018.
Gran parte di loro sono state uccise dal marito o dall'uomo con cui avevano una relazione.


Paola Ronco
27 ottobre alle ore 17:07
Sono andata a cercare le vittime di femminicidio del 2018 a oggi. Grazie a un post dei Sentinelli di Milano avevo i nomi. Volevo vedere le storie. Alcune le conoscevo. Altre non le avevo mai sentite.
È un elenco atroce e lunghissimo.

Mi balzano agli occhi alcuni dati. Il primo, che una consistente parte delle donne è stata uccisa dai mariti o dagli uomini con cui avevano una relazione. Spesso questi uomini si sono suicidati subito dopo. Il motivo prevalente era la fine della relazione e l'incapacità di affrontarla.
Un'altra parte consistente è costituita da donne anziane, di solito malate, con mariti coetanei stanchi e/o depressi. Qui si vedono molti scenari di solitudine e mancata assistenza.
I delitti nati in ambienti violenti, con scenari di prostituzione e/o droga, seguono a ruota.

Per chi vuole, ecco l'elenco che sono riuscita a ricostruire.
Ho omesso volontariamente la nazionalità di vittime e carnefici, perché qui cercavo le motivazioni. Mi piacerebbe parlare di questo.

Lin Suqing (4 gennaio). Trovata legata al letto, con il volto coperto da nastro adesivo, un colpo alla testa. Forse era una prostituta, forse no. L'assassino è ignoto.

Esther Eghianruwa (20 gennaio). Prostituta, uccisa con un colpo di pistola alla nuca da un cliente abituale. Lui sostiene che lei voleva una relazione, mentre lui voleva lasciarla.

Arietta Mata (21 gennaio). Prostituta. Rapinata e strangolata, poi buttata sui binari per simulare un suicidio.

Anna Carusone (22 gennaio). Uccisa a colpi di fucile dal marito davanti alla figlia quindicenne. Lui sostiene che lei voleva lasciarlo.

Nunzia Maiorano (22 gennaio). Uccisa con 47 coltellate dal marito. Lui sostiene di avere avuto un raptus dopo aver provato a 'farle una carezza' e aver visto la sua reazione infastidita.

Chen Aizhu (24 gennaio). Massacrata a colpi di mannaia dal marito, che uccide anche il bambino di tre anni cui lei faceva la baby sitter. Il movente pare legato a un disagio mentale dell'omicida.

Pamela Mastropietro (31 gennaio). Lasciata morire di overdose da uno o più spacciatori. Il suo corpo viene smembrato e occultato.

Jessica Valentina Faoro (7 febbraio). Uccisa con 85 coltellate e poi bruciata da un uomo che si era infatuato di lei e si è visto respinto nelle sue avances sessuali.

Francesca Citi (13 febbraio). Uccisa a coltellate dall'ex marito, che non si rassegnava alla separazione, dopo anni di angherie e persecuzioni.

Federica Ventura (16 febbraio). Uccisa a coltellate dal marito. Lui dice che lei voleva lasciarlo.

Alessia e Martina (28 febbraio). Uccise a colpi di pistola dal padre, che ferisce anche la moglie e si suicida. Lui, pare, non sopportava la separazione.

Claudia Priami (4 marzo). Uccisa a colpi di cacciavite dal marito, che poi si suicida. Lei era anziana e malata.

Laura Petrolito (18 marzo). Uccisa a coltellate e buttata in un pozzo dal marito. Lui dice che era troppo geloso.

Immacolata Villani (19 marzo). Uccisa con un colpo di pistola davanti alla scuola di sua figlia dal marito, che poi si suicida. Lui, pare, non accettava che lei lo avesse lasciato, stanca delle sue violenze.

Leila Gakhirovan (2 aprile). Soffocata dal marito, che poi si suicida. Lui, pare, soffriva da tempo di depressione.

Roberta Felici (4 aprile). Uccisa a coltellate dal marito. Lui dice che non sopportava più la sua gelosia.

Fulvia Maria Baroni (6 aprile). Soffocata dal marito, che poi si suicida. Lei era malata da anni di Alzheimer.

Angela Jenny Reyes Coello (7 aprile). Uccisa a coltellate dal marito. Lui dice che è stato un raptus di gelosia.

Valeria Bufo (19 aprile). Uccisa a colpi di pistola dal marito. Lui, pare, aveva perso molti soldi al gioco e lei voleva lasciarlo.

Monika Gruber (20 aprile). Uccisa a coltellate dal marito.

Antonietta Ciancio (28 aprile). Uccisa a colpi di pistola dal marito. Lui ha nascosto il cadavere per giorni. Dice che il colpo sarebbe partito inavvertitamente.

Maria Clara Cornelli (7 maggio). Uccisa con un colpo di pistola dal marito, che poi si suicida. Lui, pare, non accettava che il loro matrimonio fosse finito.

Maryna Novozhylova (8 maggio). Uccisa con due colpi di pistola dal marito, che poi si suicida. Lui, forse, aveva scoperto un tradimento.

Marina Angrilli (20 maggio). Buttata giù dal balcone dal marito, che poi prende la figlia di dieci anni, Ludovica, la porta via e la butta dal cavalcavia dell'autostrada, per poi suicidarsi.

Silvana Marchionni (21 maggio). Uccisa a colpi di fucile dal marito. Sconosciuti i motivi.

Elisa Amato (26 maggio). Uccisa a colpi di pistola dall'ex fidanzato, che da mesi la perseguitava dopo la fine della loro relazione.

Elca Tereziu (27 maggio). Uccisa a coltellate dal marito. Lui dice che litigavano sempre. Dice che si vergogna per quello che ha fatto.

Fjoralba Nonaj (30 maggio). Uccisa a coltellate dal marito davanti al figlio di cinque anni, dopo anni di maltrattamenti.

Allou Suad (3 giugno). Uccisa dal marito. Il corpo non si è ancora ritrovato. Sconosciuti i motivi.

Sorina Monea (4 giugno). Uccisa con cinque coltellate dal marito, che poi si suicida. Lui, pare, soffriva di depressione.

Fernanda Paoletti (4 giugno). Strangolata dall'uomo sposato con cui aveva una relazione. L'uomo prova a far passare il delitto come un suicidio, poi confessa.

Sara Luciani (8 giugno). Trovata morta in un canale, presumibilmente uccisa dal fidanzato, che viene trovato impiccato.

Mora Alvarez Alexandra del Rocio (10 giugno). Accoltellata a morte dal fidanzato. Lui dice che è stato un raptus di gelosia.

Donatella Briosi (13 giugno). Uccisa a colpi di pistola dal marito, che poi si suicida. I due si erano separati ma avevano molte dispute, soprattutto economiche.

Nicoleta Loredana Grigoras (22 giugno). Accoltellata dal marito. Forse per gelosia.

Roberta Perosino (26 giugno). Soffocata dal marito dopo un litigio a causa di debiti di gioco di lui.

Ines Sandra Augusta Sanchez (5 luglio). Soffocata con un cuscino dal marito, che poi si suicida. Sconosciuti i motivi.

Maria Carmela Isgrò (6 luglio). Strangolata dall'ex marito, che poi si suicida. Lui, pare, non accettava la loro separazione.

Paola Sechi (6 luglio). Strangolata dal marito, che poi si suicida. I due litigavano da anni. Lei si voleva separare.

Adele Crosetto (12 luglio). Uccisa a martellate dal genero.

Sabrina Malipiero (14 luglio). Uccisa a coltellate. C'è un indagato, un conoscente, ma le indagini sono ancora in corso.

Teresa Russo (16 luglio). Uccisa a coltellate dal marito. I due si stavano separando.

Zeneb Badid (22 luglio). Picchiata per ore e massacrata da due uomini dopo un 'festino' di cocaina e alcool, per motivi ancora ignoti.

Immacolata Stabile (22 luglio). Strangolata dal marito, che poi si suicida. Lei lo aveva denunciato per maltrattamenti.

Giustina Diomede (24 luglio). Uccisa con un colpo di pistola dal marito, che poi si suicida. Lui, pare, soffriva di depressione per una grave malattia.

Manuela Bailo (29 luglio). Uccisa dall'uomo sposato con cui aveva una relazione.

Maria Dolores Della Bella (5 agosto). Strangolata dal marito, che poi si suicida, dopo anni di maltrattamenti. Lei, ora, era malata.

Elena Panetta (6 agosto). Uccisa a colpi di piccozza da un amico con cui divideva la casa. Lui, pare, le aveva chiesto dei soldi in prestito. Lei aveva rifiutato.

Maila Beccarello (8 agosto). Uccisa a calci e pugni dal marito, dopo anni di maltrattamenti.

Rita Pissarotti (14 agosto). Uccisa con 19 coltellate dal marito.

Rosa Maria Schiaffino (27 agosto). Uccisa con un colpo di pistola dal marito, che poi si suicida. I motivi sono ancora misteriosi.

Tanja Dugalic (7 settembre). Uccisa a colpi di pistola dal marito, che poi si suicida.

Paola Bosa (7 settembre). Sedata, imbavagliata e impiccata dal marito, che poi si suicida. Lui, pare, soffriva di depressione.

Angela Ferrara (15 settembre). Uccisa a colpi di pistola dal marito, che poi si suicida. Lei, pare, voleva lasciarlo.

Alexandra Riffeser (24 settembre). Uccisa con 43 coltellate dal marito. Lui, pare, era geloso.

ragazza rumena non ancora identificata (26 settembre)

Loredana Lopiano (27 settembre). Uccisa con cinque coltellate dall'ex fidanzato di sua figlia.

Dina Mapelli (1 ottobre). Uccisa a coltellate dal marito.

Maria Tanina Momilia (7 ottobre). Trovata in un canale, uccisa dall'uomo con cui aveva una relazione. Lui dice che lei voleva una relazione seria, e non se la sentiva.

Maria Zarba (11 ottobre). Trovata morta in casa con il cranio fracassato. Il marito è pesantemente indiziato per l'omicidio.

Desirée Mariottini (19 ottobre). Violentata e uccisa da un gruppo di spacciatori.


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