Oriana Fallaci

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Oriana Fallaci (Firenze, 29 giugno 1929 – Firenze, 15 settembre 2006) è stata una scrittrice e giornalista italiana. Fu la prima donna in Italia ad andare al fronte in qualità di inviata speciale. Come scrittrice, con i suoi dodici libri ha venduto venti milioni di copie in tutto il mondo.

Biografia

L'apporto alla Resistenza italiana


Oriana Fallaci è la prima di quattro sorelle: Neera e Paola, anch'esse giornaliste e scrittrici, ed Elisabetta, figlia adottata dalla famiglia Fallaci. Il padre Edoardo fu un attivo antifascista che coinvolse la figlia, giovanissima, nella resistenza con compiti di vedetta.
La giovane Oriana si unì così al movimento clandestino della Resistenza Giustizia e Libertà, vivendo in prima persona i drammi della guerra: nel corso dell'occupazione di Firenze da parte dei nazisti, il padre fu catturato e torturato a villa Triste, ed in seguito rilasciato mentre la Fallaci fu impegnata come staffetta per trasportare munizioni da una parte all'altra dell'Arno attraversando il fiume nel punto di secca dal momento che i ponti erano stati distrutti dai tedeschi. Per il suo attivismo durante la guerra ricevette a 14 anni, nel 1943, un riconoscimento d'onore dall'Esercito Italiano.

L'esordio nel giornalismo

Dopo aver frequentato il liceo classico "Galileo" la Fallaci si iscrisse alla facoltà di medicina che lasciò ben presto per dedicarsi al giornalismo esortata dallo zio Bruno Fallaci, egli stesso giornalista e direttore di settimanali.
Esordì al Mattino dell'Italia centrale, quotidiano di ispirazione democristiana, dove si occupò di svariati argomenti dalla cronaca nera e giudiziaria al costume. Fu licenziata dal quotidiano perché si rifiutò di scrivere un articolo a favore di Togliatti come le aveva ingiunto il direttore, democristiano.[senza fonte] Così la Fallaci si trasferì a Milano per lavorare al settimanale Epoca di Mondadori allora diretto da suo zio Bruno Fallaci che per non favorirla le affidava degli "incarichi infami".
Nel 1951 venne invece pubblicato il suo primo articolo per L'Europeo, per il quale si occupava di modernità, mondanità, ma anche di cronaca nera. Nel luglio 1956 Oriana Fallaci giunse per la prima volta a New York per scrivere di divi e mondanità. Da quest'esperienza venne tratto il suo primo libro, I sette peccati di Hollywood, dove racconta i retroscena della vita mondana di Hollywood. La prefazione del libro è scritta da Orson Welles.

Gli anni sessanta

Nel 1961 realizzò un reportage sulla condizione della donna in Oriente che poi diventa il primo vero successo editoriale della Fallaci scrittrice, Il sesso inutile. Nel 1962 esce Penelope alla guerra, la prima opera narrativa in cui racconta la storia di Giò, una ragazza italiana che si reca a New York per il suo lavoro di soggettista, dove incontrerà persone del suo passato.
Alla vigilia dello sbarco americano sulla Luna la Fallaci partì per gli USA per andare ad intervistare astronauti e tecnici della NASA. Nel 1965 pubblicò il libro Se il sole muore, diario di quest'esperienza che la scrittrice dedica a suo padre. Per scrivere il libro incontrò il capo progetto della missione, lo scienziato tedesco Wernher von Braun, colui che durante la seconda guerra mondiale aveva progettato per la Germania nazista i missili V2, poi lanciati su Londra e su diversi altri obiettivi europei.
Nel 1967 si recò in qualità di corrispondente di guerra per L'Europeo in Vietnam. Ritornerà nel paese dell'Indocina dodici volte in sette anni raccontando la guerra criticando sia i Vietcong e i comunisti sia gli statunitensi e i Sudvietnamiti, documentando menzogne e atrocità ma anche gli eroismi e l'umanità di un conflitto che la Fallaci definì una sanguinosa follia. Le esperienze di un anno di guerra vissute in prima persona vennero raccolte nel libro Niente e così sia pubblicato nel 1969.
A metà del 1968 la giornalista lasciò provvisoriamente il fronte per tornare negli USA a seguito della morte di Martin Luther King e di Bob Kennedy e delle rivolte studentesche di quegli anni. In un passaggio di Niente e così sia irride «i vandalismi degli studenti borghesi che osano invocare Che Guevara e poi vivono in case con l'aria condizionata, che a scuola ci vanno col fuoristrada di papà e che al night club vanno con la camicia di seta».
Il 2 ottobre 1968, alla vigilia dei Giochi olimpici, durante una manifestazione di protesta degli studenti universitari messicani contro l'occupazione militare del campus dell'UNAM, oggi ricordata come il massacro di Tlatelolco, la Fallaci rimase ferita in piazza delle Tre Culture a Città del Messico da una raffica di mitra. Morirono centinaia di giovani (il numero preciso è sconosciuto) e anche la giornalista fu creduta morta e portata in obitorio: solo in quel momento un prete si accorse che era ancora viva. La Fallaci definì la strage come «un massacro peggiore di quelli che ho visto alla guerra».
Come corrispondente di guerra seguì anche i conflitti tra India e Pakistan, in Sud America e in Medio Oriente.
Nel 1969 tornò negli USA per assistere al lancio della missione Apollo 11: il resoconto di quell'esperienza è raccolto nel libro Quel giorno sulla luna pubblicato nel 1970. Il comandante dell'Apollo 12, Charles Conrad, alla vigilia del lancio, si recò a New York per incontrare la Fallaci e chiederle un consiglio riguardo alla frase da usare al momento di mettere piede sulla Luna. Poiché Neil Armstrong aveva detto: «Un piccolo passo per un uomo, un gigantesco balzo per l'umanità», la fiorentina consigliò, dato la bassa statura di Conrad, la frase: «Sarà stato un piccolo passo per Neil, ma per me è stato proprio lungo». Il comandante, che portò con sé sulla Luna una foto di Oriana bambina con la madre, disse proprio questa frase una volta giunto sul satellite.

Gli anni settanta e l'incontro con Panagulis

Il 21 agosto 1973 la giornalista fiorentina conobbe Alekos Panagulis, leader della Resistenza greca contro il regime dei Colonnelli. Si incontrarono il giorno in cui lui uscì dal carcere: ne diventerà la compagna di vita fino alla morte di lui, avvenuta in un misterioso incidente stradale il 1 maggio 1976. La storia di Panagulis verrà raccontata dalla scrittrice nel romanzo Un uomo, pubblicato nel 1979.
All'attività di reporter hanno fatto seguito le interviste a importanti personalità della politica, le analisi dei fatti principali della cronaca e dei temi contemporanei più rilevanti. Tra i personaggi intervistati dalla Fallaci: re Husayn di Giordania, Vo Nguyen Giap, Pietro Nenni, Giulio Andreotti, Giorgio Amendola, l'arcivescovo Makarios, Alekos Panagulis, Nguyen Cao Ky, Yasser Arafat, Mohammad Reza Pahlavi, Haile Selassie, Henry Kissinger, Walter Cronkite, Federico Fellini, Indira Gandhi, Golda Meir, Nguyen Van Thieu, Zulfikar Ali Bhutto, Deng Xiaoping, Willy Brandt, Sean Connery, Mu'ammar Gheddafi e l'ayatollah Khomeini (durante l'intervista la Fallaci lo apostrofò come «tiranno» e si tolse il chador che era stata costretta ad indossare per essere ammessa alla sua presenza). Alcune di queste interviste sono raccolte nel libro Intervista con la Storia uscito nel 1974.
Nel 1975 la Fallaci e Panagulis collaborarono alle indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini, amico della coppia. La Fallaci sarà la prima a denunciare il movente politico dell'omicidio del poeta.
Lo stesso anno uscì il primo libro di Oriana Fallaci diverso dall'inchiesta giornalistica, Lettera a un bambino mai nato. Fu un grande successo editoriale della scrittrice e vendette 4 milioni e mezzo di copie in tutto il mondo.
Nel 1976 sostenne le liste del Partito Radicale, anche per le loro campagne femministe.
Consegnandole la laurea honoris causa in letteratura, il rettore del Columbia College di Chicago la definì uno degli autori più letti ed amati del mondo. Ha scritto e collaborato per numerosi giornali e periodici, tra cui: New Republic, New York Times Magazine, Life, Le Nouvel Observateur, The Washington Post, Look, Stern, e Corriere della sera.

Insciallah e il trasferimento a New York

Nel 1990 uscì il romanzo Insciallah in cui la scrittrice coniuga la ribalta internazionale con il racconto. Il libro è ambientato tra le truppe italiane inviate dall'ONU nel 1983 a Beirut. La Fallaci ottenne dall'allora ministro della Difesa Spadolini di essere accreditata presso il contingente italiano. Il libro si apre con il racconto del primo duplice attentato suicida dei kamikaze islamici contro le caserme americane e francesi che causò 450 morti tra i soldati.
È l'ultima volta della Fallaci come inviato di guerra. Dopo l'uscita di Insciallah la scrittrice si isolò andando a vivere a New York, in un villino a due piani nell'Upper East Side di Manhattan. Qui iniziò a scrivere un romanzo la cui lavorazione, durata per tutti gli anni novanta, venne interrotta dai fatti dell'11 settembre 2001.
In questo periodo scoprì di avere un cancro ai polmoni che lei più tardi definirà «L'Alieno».



Oriana_Fallaci

Dopo l'11 settembre

I suoi libri e articoli sulle tematiche dell'11 settembre hanno suscitato sia elogi sia contestazioni nel mondo politico e nell'opinione pubblica. Attraverso essi la scrittrice denuncia la decadenza della civiltà occidentale che, minacciata dal fondamentalismo islamico, ritiene incapace di difendersi.
La Fallaci riteneva che la crescente pressione esercitata negli ultimi anni dall'immigrazione islamica verso l'Europa, e l'Italia in particolare, unita a scelte politiche, a suo parere discutibili, e all'aumentare di atteggiamenti di reciproca intolleranza, fosse la dimostrazione della veridicità delle sue tesi. Secondo la sua opinione, staremmo assistendo ad un pianificato tentativo del mondo musulmano di islamizzazione dell'Occidente, basato su quelle che a suo parere erano le strutture portanti del Corano, testimoniato da oltre un millennio di conflitti e ostilità tra musulmani e cristiani, tentativo che dovrebbe inevitabilmente portare ad uno scontro di civiltà.
Nel 2004 la Fallaci si schierò contro l'eutanasia relativamente al caso di Terri Schiavo, presentando le sue posizioni con un articolo apparso su Il Foglio, e contro il referendum abrogativo della legge sulla procreazione medicalmente assistita, con un articolo pubblicato dal Corriere della sera.
Pur continuando ad esprimere opinioni anticlericali e dichiarandosi ne La forza della ragione "atea-cristiana", dichiarò pubblicamente la sua ammirazione verso papa Benedetto XVI, che l'ha ricevuta a Castel Gandolfo in udienza privata il 27 agosto 2005. L'incontro doveva rimanere segreto, ma la notizia è stata resa pubblica tre giorni dopo l'incontro, mentre i contenuti del colloquio non sono mai stati resi noti.
Nel marzo 2005 il quotidiano Libero lanciò una raccolta di firme affinché il Presidente della Repubblica conferisse alla Fallaci il titolo di senatore a vita. Vennero raccolte oltre 75.000 firme.

La morte

La Fallaci è deceduta il 15 settembre 2006 a 77 anni, dopo un peggioramento delle sue condizioni di salute dovuto al tumore che da anni l'aveva colpita. Aveva deciso di tornare a Firenze, con grande riserbo, per passarvi i suoi ultimi giorni.
È stata sepolta nel cimitero degli Allori, di rito evangelico, ma che ospita anche tombe di atei, musulmani e ebrei, a Firenze nel quartiere del Galluzzo, nella tomba di famiglia accanto ad un cippo commemorativo di Alekos Panagulis, suo compagno di vita. Con la bara sono stati sepolti una copia del Corriere della Sera, tre rose gialle e un Fiorino d'Oro (premio che la città di Firenze, con grandi polemiche, non aveva voluto conferirle), donatole da Franco Zeffirelli.
Per sua espressa volontà, larga parte del suo grande patrimonio librario è stato donato, insieme ad altri cimeli come lo zaino usato dalla scrittrice in Vietnam, alla Pontificia Università Lateranense di Roma, il cui rettore era allora monsignor Rino Fisichella, amico personale della scrittrice, che stette vicino in punto di morte alla giornalista fiorentina. Nell'annunciare la donazione Fisichella ha definito questo come l'ultimo regalo a papa Benedetto XVI per il quale la scrittrice nutriva «una autentica venerazione».
Il romanzo che la Fallaci aveva smesso di scrivere dopo gli attentati dell'11 settembre è stato pubblicato il 30 luglio 2008. Il libro, intitolato Un cappello pieno di ciliege, è una saga familiare che attraversa la storia italiana dal 1773 al 1889.

Polemiche e controversie

Nel periodo 2002-2006 le sue forti prese di posizione provocarono diverse polemiche e reazioni in Italia ma non solo.
Nel novembre 2002 la scrittrice volò in Italia per opporsi alla autorizzazione della manifestazione organizzata dai no-global a Firenze per il timore che si potessero ripetere i fatti del G8 di Genova del 2001. Incontrò l'allora ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, l'allora segretario DS Piero Fassino e l'allora prefetto di Firenze Achille Serra. La Fallaci pubblicò una lettera aperta sul Corriere della Sera, nella quale chiese ai fiorentini di listare la città a lutto al passare dei manifestanti. Il corteo dei no global non passò per le vie del centro storico (solo la manifestazione inaugurale si tenne in piazza Santa Croce) e si risolse senza incidenti di rilievo. Secondo la Fallaci, la manifestazione si è svolta senza incidenti grazie al servizio d'ordine della CGIL che è riuscito a "narcotizzare i gruppi facinorosi del caotico movimento detto no-global". Durante il corteo vennero anche esposti cartelli di insulti rivolti alla scrittrice. Dal palco Franca Rame la definì una terrorista:

« Aver seminato tutto il terrore che ha seminato con quell'articolo è un'azione di terrorismo e come si chiamano coloro che fanno terrorismo? Terroristi! La signora Fallaci quindi è una terrorista »
Inoltre Sabina Guzzanti ne fece un'imitazione caricaturale:
« Voi non conoscete la fatica di vivere a Manhattan al 38esimo piano, mentre, voi smidollati non avete avuto neppure il coraggio di sfasciare un bancomat. Amo la pace e l'amo tanto che sarei disposta a radere al suolo una città e a non fare prigionieri. Amo la guerra perché mi fa sentire viva »
(Sabina Guzzanti - imitazione di Oriana Fallaci)
Dal pubblico arrivò la frase: «Ti venisse un cancro». E la Guzzanti rispose: «Ce l'ho già e ti venisse anche a te e alla tu' mamma».
La Fallaci rispose alla Guzzanti dichiarando:
« Giovanotta, essendo una persona civile io le auguro che il cancro non le venga mai. Così non ha bisogno di quell'esperienza per capire che sul cancro non si può scherzare. Quanto alla guerra che lei ha visto soltanto al cinematografo, per odiarla non ho certo bisogno del suo presunto pacifismo. Infatti la conosco fin da ragazzina quando insieme ai miei genitori combattevo per dare a lei e ai suoi compari la libertà di cui vi approfittate»


E sul libro La forza della ragione la definì «un'imitatrice senza intelligenza e senza civiltà» e un'«oca crudele che mi impersona con l'elmetto in testa e deride la mia malattia».
In merito a ciò è bene ricordare che alcune dichiarazioni presenti sul forum ufficiale di Sabina Guzzanti hanno scatenato l'ira delle associazioni ispirate alla memoria della scrittrice fiorentina. Sullo stesso forum, infatti si leggono insulti e pensanti offese alla memoria, spesso avallate dagli stessi amministratori, e riconducibili, secondo le associazioni, direttamente alla stessa Guzzanti.
Sempre nel 2002 la scrittrice fiorentina venne citata in Svizzera dal Centro Islamico e dall'Associazione Somali di Ginevra, dalla sede di Losanna di SOS Racisme e da un cittadino privato per il contenuto ritenuto razzista di La rabbia e l'orgoglio. Nel novembre 2002 un giudice svizzero emise un mandato d'arresto per la violazione degli articoli 261 e 261bis del Codice Penale Svizzero e ne richiese l'estradizione o, in alternativa, il processo da parte della magistratura italiana. L'allora ministro della Giustizia Roberto Castelli respinse la richiesta ricordando loro che la Costituzione Italiana protegge la libertà di espressione. L'episodio è menzionato nel suo libro La forza della ragione.
Nell'aprile 2005, in un articolo su Il Foglio di Giuliano Ferrara, ha accusato la magistratura di avere uno "strapotere" "impunibile" e di "manipolare la Legge con interpretazioni di parte cioè dettate dalla loro militanza politica e dalle loro antipatie personali". Ha ricondotto, inoltre, molte colpe alla Sinistra Italiana che, secondo la scrittrice, "se ne serve senza pudore", e non ha escluso il rischio di un colpo di stato: "oggi, il rischio della dittatura non viene dal potere esecutivo: viene dal potere giudiziario" Nel libro "Oriana Fallaci intervista sé stessa: l'apocalisse", la scrittrice fiorentina ha continuato a criticare i magistrati definendoli "diessini o simpatizzanti diessini, insomma persone allattate col latte dell'egemonia culturale" e la magistratura etichettandola come "un feudo di Carl Marx".Nello stesso libro ha inoltre scritto: "Quei magistrati hanno perso il senno".

Il 19 giugno 2004 viene pubblicato sulla Gazzetta dello Sport un breve commento della Fallaci all'episodio avvenuto durante il Campionato europeo di calcio 2004 in cui il calciatore italiano Francesco Totti sputa in direzione del danese Christian Poulsen. Nell'articolo la giornalista-scrittrice si rivolge a Totti dicendo: «capisco le necessità professionali, ma io non avrei chiesto scusa a nessuno. Erano tre ore che quel danese la prendeva a gomitate, pedate, stincate.»
In un'intervista pubblicata sul The New Yorker nel maggio 2006, la Fallaci si dichiarò indignata contro la costruzione di una moschea a Colle Val d'Elsa dichiarando: «Se sarò ancora viva andrò dai miei amici di Carrara, la città dei marmi. Lì sono tutti anarchici; con loro prendo gli esplosivi e lo faccio saltare per aria. Non voglio vedere un minareto di 24 metri nel paesaggio di Giotto, quando io nei loro paesi non posso neppure indossare una croce o portare una Bibbia. Quindi, lo faccio saltare per aria!». La Federazione Anarchica Italiana si dissociò dalle parole della Fallaci dichiarando come fosse opportuno «non millantare amicizie o comunanza d'intenti con gli anarchici di Carrara o di qualunque altro posto nel mondo» e definendo la Fallaci «guerrafondaia». Nell'articolo la Fallaci espone la sua personale contrarietà all'aborto, («... a meno di non essere violentata e messa incinta da un Osāma bin Lāden o da un al-Zarqāwī») e ai matrimoni gay («... come i mussulmani vorrebbero che tutti diventassimo mussulmani, loro vorrebbero che tutti diventassimo omosessuali»).
La Fallaci nell'intervento dichiarò inoltre di non amare i messicani, ricordando il modo orribile con cui venne trattata dalla polizia messicana del 1968, quando, ferita durante la manifestazione di protesta contro le Olimpiadi, venne spedita in obitorio ancora viva. A tal proposito dichiarò: «Se mi puntassero una pistola e mi dicessero di scegliere chi è peggio tra i mussulmani e i messicani avrei un attimo di esitazione; poi sceglierei i mussulmani perché mi hanno rotto le palle».[23][27] L'articolo poi riporta l'ammirazione ed interviste ad Anna Magnani, Greta Garbo e Federico Fellini e molte altre.
Tratta anche della visione e opinione della politica italiana. Affermò di non aver votato per le Elezioni politiche 2006 né in Italia, né per posta da New York. Dopo aver definito Romano Prodi e Silvio Berlusconi «due fottuti idioti», riguardo al voto ha detto: «Perché la gente si umilia votando? Io non ho votato. No! Perché ho una dignità. Se a un certo punto mi fossi turata il naso e avessi votato per uno di loro mi sarei sputata in faccia».
Nel 2004 scrisse una lettera da New York, indirizzata a Gianfranco Fini. Con dure parole lo paragonò a Palmiro Togliatti a suo dire "Il comunista più odioso che abbia mai conosciuto", anticipando i futuri rapporti, e le analogie intellettuali con la Sinistra: "Signor Fini, ma perché come capolista dell’Ulivo non si presenta Lei?". Nella stessa lettera inoltre definì con le parole "velenoso livore" il trattamento che la Sinistra dedica a Silvio Berlusconi.
Alcuni giorni prima delle elezioni politiche del 2006 era circolata in rete una dichiarazione di voto firmata con il nome Oriana Fallaci in cui l'autore dichiarava il proprio sostegno a Silvio Berlusconi. La giornalista ha smentito di esserne l'autore che ha invece "vigliaccamente usato il suo nome".
Nell'ultimo libro della trilogia "Intervista a sé stessa", la scrittrice fiorentina ha ripercorso i suoi rapporti con la politica. Dalla richiesta fattagli da Pietro Nenni (di cui non condivideva le idee), di entrare nel mondo della politica, alla profonda avversione verso lo schieramento di centro-sinistra. Non sono state risparmiate pagine a Silvio Berlusconi, dove la scrittrice ha ripercorso con rimorso i giudizi affrontati nei libri precedenti. "Nella rabbia e l'orgoglio gli ho dedicato un capitoletto impietoso, quasi villano". Nonostante ciò i suoi giudizi si alternano tra elogi: "Nasce dal merito, figlio dell'intelligenza"; e condanne "quell'uomo è troppo presuntuoso". Tuttavia ha più volte ribadito di non voler essere associata al "cannibalismo degli avversari (centro-sinistra ndr.) che cianciano di democrazia ma in fondo al cuore sono democratici quanto io son mussulmana".
In una lettera scritta nel 2000 a Chicco Testa e resa nota dal Riformista, Oriana Fallaci, nonostante si fosse sempre autodefinita una partigiana non risparmia critiche sull'assassinio di Gentile fatto dalla Resistenza, e seppur indirettamente definisce gli stessi antifascisti dei 'cacasotto'. Scrive infatti "l’assassinio di Gentile fu una carognata ingiusta e vigliacca. Gentile non era fascista. Che gli antifascisti furono dei «cacasotto» perché uccisero un grande e inerme filosofo mentre non ebbero il coraggio di sminare i ponti di Firenze che i tedeschi avevano minato."
Ne La rabbia e l'orgoglio non ha risparmiato critiche nemmeno per le femministe Italiane, colpevoli di averla insultata anziché ringraziata: "d'avervi spianato la strada di aver dimostrato che una donna può fare qualsiasi lavoro". Le ha inoltre criticate per i recenti comportamenti:"Com'è che non organizzate mai una abbaiatina dinanzi all'ambasciata dell'Afganistan o dell'Arabia Saudita o di qualche altro paese mussulmano?"


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La tomba di Oriana Fallaci al Cimitero Evangelico agli Allori di Firenze.



Riconoscimenti

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Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte
— Roma 28 novembre 2005



Ha vinto il Premiolino nel 1961 per l'articolo "La sirena dei vent'anni" profilo della cantante Mina.
Il 30 novembre 2005 Oriana Fallaci ha ricevuto a New York il premio Annie Taylor per il coraggio del Center for the Study of Popular Culture ("Centro Studi di Cultura Popolare"). La scrittrice è stata onorata per "l'eroismo e il valore" che hanno fatto di lei «un simbolo nella resistenza contro il fascismo islamico e una combattente nella causa dell'umana libertà.» L'Annie Taylor Award (istituito in ricordo della prima persona che era riuscita a sopravvivere in un viaggio all'interno di una botte dalle cascate del Niagara) viene assegnato a individui che hanno mostrato e mostrano eccezionale coraggio in circostanze pesantemente avverse e di fronte a grave pericolo. David Horowitz, il fondatore del centro, motivando la premiazione, ha definito la Fallaci «un generale nella guerra per la libertà».
L'8 dicembre 2005 Oriana Fallaci fu insignita dell'Ambrogino d'oro, il più prestigioso riconoscimento conferito dalla città di Milano.
Su proposta del Ministro dell'istruzione Letizia Moratti il 14 dicembre 2005 il Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi ha insignito Oriana Fallaci con una medaglia d'oro quale "benemerita della cultura". Le sue condizioni di salute le hanno impedito di prendere parte alla cerimonia di consegna, in occasione della quale ha scritto: «La medaglia d'oro mi commuove perché gratifica la mia fatica di scrittore e di giornalista, il mio impegno a difesa della nostra cultura, il mio amore per il mio Paese e per la Libertà. Le attuali e ormai note ragioni di salute mi impediscono di viaggiare e ritirare direttamente un omaggio che per me, donna poco abituata alle medaglie e poco incline ai trofei, ha un intenso significato etico e morale».
Il 22 febbraio 2006 il presidente del Consiglio Regionale della Toscana Riccardo Nencini ha insignito la Fallaci della medaglia d'oro del consiglio stesso. Nencini ha motivato la sua scelta dicendo che la Fallaci è una delle bandiere della cultura toscana nel mondo.
Durante la premiazione, avvenuta a New York, la scrittrice ha raccontato del suo tentativo di creare una vignetta su Maometto, in risposta alla montante polemica sulle vignette apparse sui giornali francesi e olandesi, che raffiguravano Maometto. A proposito ha dichiarato: «Disegnerò Maometto con le sue nove mogli, fra cui la bambina che sposò a 70 anni, le sedici concubine e una cammella col burqa. La matita, per ora, si è infranta sulla figura della cammella, ma il prossimo tentativo probabilmente andrà meglio».
Nel 2010 le è stato attribuito il «Premio America» alla memoria da parte della Fondazione Italia USA.



OrianaFallaci


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Edited by marisa56 - 19/5/2014, 11:18
 
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Sono troppo convinta che la vita sia bella anche quando è brutta. Che nascere sia il miracolo dei miracoli, vivere: il regalo dei regali. Anche se si tratta d’un regalo molto complicato, molto faticoso, a volte doloroso.

(Oriana Fallaci)

 
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...Se nascerai uomo non dovrai temere d’essere violentato nel buio di una strada.
Non dovrai servirti di un bel viso per essere accettato al primo sguardo, di un bel corpo per nascondere la tua intelligenza.
Non subirai giudizi malvagi quando dormirai con chi ti piace.
Potrai disubbidire senza venir deriso, amare senza svegliarti una notte con la sensazione di precipitare in un pozzo, difenderti senza finire insultato...
Se nascerai uomo, spero tu diventi un uomo come io l’ho sempre sognato: dolce coi deboli, feroce coi prepotenti, generoso con chi ti vuol bene, spietato con chi ti comanda.

(Oriana Fallaci, "Lettera ad un bambino mai nato")

 
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Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti senti ingannato, beffato, umiliato. La vittima d’una ingiustizia che non t’aspettavi, d’un fallimento che non meritavi. Ti senti anche offeso, ridicolo, sicché a volte cerchi la vendetta. Scelta che può dare un po’ di sollievo, ammettiamolo, ma che di rado s’accompagna alla gioia e che spesso costa più del perdono.

Oriana Fallaci

 
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Oggi ci lasciava Oriana Fallaci

 
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Perché è stupido intitolare qualcosa a Oriana Fallaci

Dario Nardella ha deciso di intitolare a Oriana Fallaci non solo il giardino della Fortezza, ma tutto il piazzale e anche la nuova fermata della tramvia. Una scelta sbagliata, anzi stupida.


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Oggi è arrivata la comunicazione del sindaco di Firenze Dario Nardella, detto Dario: "La Giunta (cioè lui, cattiveria mia) ha deciso di intitolare a Oriana Fallaci non solo il giardino della Fortezza, ma tutto il piazzale e anche la nuova fermata della tramvia".

Facciamo un passo indietro. Era l'11 settembre del 2008, erano sette anni dall'attentato alle Torri Gemelle e mancavano diciotto giorni dall'annuncio dell'uomo di Rignano, Renzi Matteo, alla candidatura alle primarie a sindaco di Firenze. Renzi Matteo, per chi non lo ricorda, è quello a cui l'attore Massimo Ceccherini ha raccontato di aver frustato da piccolo il culo con l'ortica, un atto di bullismo di cui noi oggi stiamo vivendo le conseguenze, ma questa è un'altra storia.
Torniamo all'11 settembre del 2008. Quel giorno un comunicato stampa del Comune di Firenze recitò: "Una strada per Oriana Fallaci entro la fine dell'anno" (cioè il 2008); raccontando che la nuova strada sarebbe stata quella vicino al nuovo palazzo di Giustizia. Poi giustizia volle che la strada non fosse mai costruita e l'intitolazione saltò per mancanza di cemento. Fino all'annuncio di oggi: "Una fermata della tramvia per Oriana Fallaci". E ora esulta, popolo!
(Tra l'altro immagino che Oriana Fallaci abbia sempre sognato di diventare una fermata della tramvia).

Io penso che la decisione di ricordare Oriana Fallaci come un'eroina sia una stronzata gigantesca. Un atto masturbatorio di chi si eccita pensando alle mine antiuomo che l'Italia ha regolarmente venduto fino al 1997, e che ancora oggi fanno parte di quelle 110 milioni di mine disseminate in 67 paesi del mondo, e che tanto ci stanno aiutando a sconfiggere il terrorismo (sono ironico, ovviamente).

Mi spiego meglio. Intitolare una fermata della tramvia ad Oriana Fallaci è come se in Arabia Saudita intitolassero una fermata del bus a un apologeta dello scontro di religione che propone di far saltare in aria le Chiese. Perché Oriana Fallaci è questo che propose, fra i suoi ultimi deliri, molto chiaramente: "Se costruiscono una Moschea a Colle Val d’Elsa (Siena) prima della mia morte, vado a prendere l’esplosivo e la faccio saltare in aria io personalmente”. E l'esplosivo se lo sarebbe procurato, disse lei, dai suoi amici anarchici di Carrara. Che però, appena la lessero, dissero che non erano suoi amici e la mandarono a quel paese. La storia, poi, va avanti: dopo una grigliata di salsicce organizzata da Mario Borghezio nel cantiere della moschea, e una testa di maiale sul terreno fatta ritrovare da anonimi (anonimissimi proprio), la moschea venne inaugurata nel 2013, e l'Imam è oggi uno di quelli più incazzati (ovviamente) contro il terrorismo.

Ora, una prece. Se volete parlare bene di Oriana Fallaci, ci mancherebbe, fatelo. C'è chi gode a leccarsi i calzini o elogia Benito Mussolini. Voi, dunque, potete parlare bene di Oriana. Però Benito Mussolini e i vostri calzini non scrivono libri, invece Oriana Fallaci ha scritto diverse cose. Dunque, se ne volete parlare bene, ognuno ha le sue perversioni, che almeno abbiate letto un suo libro. Vi prego. Uno dei primi, possibilmente, uno di quelli belli davvero, perché non c'è niente di più offensivo, verso la memoria di una povera scrittrice, che parlarne bene solo per le frasi razziste dei suoi ultimi scritti, lasciando nel fosso della memoria le cose belle davvero. Io penso che anche lei preferirebbe dibattere con gente incazzata come me, e che però ha letto alcuni dei libri belli che ha scritto, rispetto a un lecchino con il pistolino dritto di fronte ai "nigger", che però non ha letto niente. Cioè la maggioranza, oggi, dei suoi difensori.

"Davvero mai come ora, pur vivendo sullo stesso pianeta, ho l'impressione di stare in un mondo assolutamente diverso dal tuo". Tiziano Terzani in Lettere contro la guerra, guardando la fermata della tramvia.

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15 settembre 2006 - Muore Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice, prima donna italiana inviata di guerra #AccaddeOggi

 
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Oriana Fallaci, il rigore giornalistico e il cuore tenero

Dieci anni senza Oriana Fallaci, moriva il 15 settembre del 2006 lasciando intuizioni su quanto sta accadendo oggi. Conosciuta come scrittrice combattiva e intransigente, oggi le sue lettere d'amore inedite ne dipingono un ritratto differente.


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in foto: Un ritratto di Oriana Fallaci nella sua Firenze nel giugno del '79

Il 15 settembre del 2006 moriva Oriana Fallaci, cittadina della sua Firenze, con cui non aveva mai tagliato il cordone ombelicale, e del mondo intero. Quello abitato dalla giornalista è un mondo grande ed eterogeneo che lei conosceva bene, dal Vietnam ad Hollywood, dall'India all'America ai tempi dei Kennedy. Il suo talento di scrittura ha viaggiato per questi luoghi, l'amore per la penna è nato spontaneamente. Oriana ha sempre avuto consapevolezza di quale sarebbe stato il suo destino: “Mi sono sempre sentita scrittore, ho sempre saputo d’essere uno scrittore”, e accanto alla sua naturale ispirazione i suoi ideali libertari, che maturò grazie all'educazione della sua famiglia e che divennero presto le solide fondamenta della sua attività di giornalista.

“La libertà è un dovere prima di essere un diritto”

In questo suo principio che maturò sin da ragazzina c'è l'essenza del rigore giornalistico che l'ha sempre caratterizzata. La sua serietà nel lavoro si poteva notare già quando giovanissima per il Mattino di Firenze scriveva di cronaca nera e giudiziaria. Una professionalità che non transige, quella della Fallaci che, piena di indignazione, dinanzi al khomeini si spogliò del chador, un rigore che la portò a intervistare le personalità più influenti e scomode del pianeta, da Gheddafi e Arafat a Kissinger, da Indira Gandhi a Golda Meir.

Riflessioni e reportage indimenticabili

in foto: Un ritratto di Oriana Fallaci con la sua macchina da scrivere
Memorabile il suo reportage sulla condizione della donna in Medio Oriente, lavoro che ebbe spontanea evoluzione ne "Il sesso inutile" e poi "Penelope alla guerra". Negli anni '70, la Fallaci era già conosciuta in tutto il mondo. Erano gli anni di "Lettera a un bambino mai nato", libro in cui affrontò il tema dell'aborto nella maniera più lucida e introspettiva possibile. Negli anni '90, Oriana Fallaci si trasferì a New York. Questo era il luogo che aveva scelto per completare quella che aveva immaginato come la sua più grande opera, il “Bambino”, una saga sulla sua famiglia dal ‘600 fino alla sua epoca.

La realtà, come il cancro, va guardata in faccia

Ci dedicò ben quindici anni a questo progetto letterario ma a fermarla fu il cancro, dramma che voleva vivere senza pudore e guardandolo in faccia. Era abituata a guardare l'esistenza anche attraverso le sfumature del più cieco cinismo. Lo aveva già fatto con l'11 settembre, occasione in cui senza mezzi termini aveva individuato e descritto la più grande minaccia dell'Occidente, l'integralismo del mondo islamico. Negli ultimi anni Oriana Fallaci si dedicò alla trilogia, ‘La rabbia e L’orgoglio‘, ‘La Forza della Ragione' e ‘L’Apocalisse': così cercava di difendere il suo mondo con tutte le contraddizioni che lo caratterizzavano, imperfetto ma a cui lei sentiva di appartenere con orgoglio. Per questo oggi le sue parole appaiono quasi come profetiche, è considerata una ‘Cassandra' e chissà cosa avrebbe scritto sul terrore seminato dall'Isis. Quello che proprio non poteva tollerare era il ricatto e la minaccia verso il suo mondo libero in nome dei principi obsoleti e paradossali del fondamentalismo islamico. Eppure quelle torri simbolo sono crollate. Questa è la ‘rabbia' per il pericolo che avanza e questo l"orgoglio' di appartenere ad un mondo giusto, democratico, costruito a fatica attraverso i prolissi secoli di storia. Una storia che non può cedere dinanzi alla follia e alla pretesa di potere da parte di un mondo troppo distante.

Il lato più puro, più fragile e indifeso

Oriana era rigida e intransigente come giornalista e come scrittrice eppure aveva un cuore tenero, quasi indifeso. Difficile crederlo ma di recente grazie alla pubblicazione delle sue lettere, la cui corrispondenza è in mano alla nipote Wanda Pieroni Maccani, è emerso il lato più fragile di Oriana, ed questo a renderla ancora più bella, la complessità e la dicotomia della sua persona. Sorprendente è riflettere su come la sua personalità forte come una roccia si sgretolasse dinanzi i suoi sentimenti. Il suo grande amore, anche se a differenza dei suoi romanzi non ebbe buona fortuna, fu Alfredo Pieroni, corrispondente da Londra della Settimana Incom illustrata, negli anni Cinquanta. Nel 1958 Pieroni, più grande di qualche anno di lei e molto meno famoso, la fa innamorare e lei è disposta ad annullarsi per lui, perde la testa letteralmente. Lui non vuole legami fissi. Lei resterà anche incinta ma avrà un aborto spontaneo a cui seguì un'orribile depressione.

Può una donna come Oriana Fallaci disperarsi per amore?

Ad emergere dalle sue lettere è proprio la disperazione. Un'Oriana Fallaci languida, piena di dedizione, tremendamente innamorata emerge da queste lettere in qualche modo struggenti e bellissime, se vogliamo andare oltre il dolore di un amore non corrisposto ma al tempo stesso emozionante. Vale la pena riportarne alcuni tratti senza troppi commenti, dal momento che sono state concesse dalla famiglia, forse proprio per far conoscere il suo lato più autentico:

Sto attraversando un brutto periodo, tutti mi danno dispiaceri (…) sono depressa e delusa e tu sei il solo, lo giuro, che mi aiuti a respirare. Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa, se posso fare qualcosa per te, dammi buone notizie. Darei vent'anni (ammesso che me ne restino tanti) per mandare al diavolo il mondo ed essere ora in Princes Gate a pulirti le scarpe. (…)

L'idea di perderti mi sconvolge al punto di togliermi ogni forza, come se fossi già morta. (…) Non ho paura di sentirmi male: il dolore fisico non è importante e io non lo temo. Ho paura che, dopo, tu non mi voglia nemmeno un poco di bene perché non è sapendoti legato a una qualsiasi responsabilità che io ti voglio. A quel modo anzi mai. In questi giorni è come se fossi completamente sola, capisci, come se non avessi nessun altro al mondo all'infuori di te e questo non significa farti partecipare ad una qualsiasi responsabilità, ammesso che esista, ma chiederti di essere buono con me, e di «perdonarmi».

Vivo nella più assoluta, squallida abulia. Non mi importa più di nulla, non voglio più nulla, non spero più nulla: e questa amarezza rassegnata è peggio, in certo senso, della disperazione che mi sconvolgeva dopo quel terribile weekend a Londra, esploso nei tuoi rimproveri e poi in quella spiegazione utile e onesta, lo sappiamo, ma che nel fondo non desideravo.

L'equivoco mi dava speranza e un senso alla vita. La verità mi mette solo un gran sonno, una placida voglia di morire, mi toglie insomma ogni gusto alla vita. No, non temere: non prenderò pillole come Cesare Pavese. Ho troppo buonsenso, malgrado tutto, e troppo senso del ridicolo. Però è come se le avessi già prese.

Caro Alfredo sarò lunedì mattina a Londra. Ci resterò per ventiquattr'ore prima di andare a Bruxelles. Scenderò al Normandia. Aspetterò una tua telefonata, o un messaggio. Io non posso e non devo chiamarti. Ma spero che tu lo faccia. Lunedì è il mio compleanno. Vorrei, anche se tutto è finito, passare almeno la sera con te. Perché io ti amo sempre, malgrado tutto. Non c'è proprio nulla da fare. Ti amo, Oriana.

L'amore senza scampo

Questa è la Fallaci inedita emersa nell'ultimo anno. Un regalo queste lettere, che fa riflettere su quanto l'amore non risparmi nessuno e riesca a domare anche personalità di ferro, come Oriana lo è stata. Non si piegava nemmeno davanti al cancro, era piena di dignità, schiva, di poche parole, solitaria ma come ogni donna al mondo ha amato senza pudore e in maniera sfrenata.

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view post Posted on 6/11/2016, 05:22
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