Favole per Bambini

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marisa56
view post Posted on 5/5/2013, 05:59 by: marisa56
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L'Usignolo dell'Imperatore

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C'era una volta e una volta non c'era...l'imperatore della Cina da un po' di tempo si annoiava.
Conosceva a menadito tutti i saloni del suo palazzo di porcellana, tutti i fiori che sbocciavano nei suoi giardini, tutti i cavalli che scalpitavano nelle sue scuderie. Un giorno, per caso, leggendo un libro straniero, scoprì che c'era qualcosa, nel suo regno, che non conosceva: un usignolo dalla voce dolcissima, nascosto nel folto di un bosco non lontano dalla reggia, il cui canto, si diceva, era la cosa più bella del mondo.
L'imperatore andò in collera. Come! Nel suo impero viveva una simile meraviglia e nessuno gliene aveva mai parlato! Possibile? Fece subito chiamare le guardie di palazzo.
"Cercate l'usignolo dalla voce d'oro che vive nel bosco vicino alla reggia e guai a voi se non lo trovate: finirete tutti in prigione! Avete tempo fino a stasera. Al tramonto l'usignolo dovrà essere qui e canterà per me".
Le guardie partirono, frugarono ovunque, ma invano.
Allora tornarono a palazzo e cominciarono a chiedere a tutti notizie del misterioso usignolo. Finalmente, il capo delle guardie ebbe la fortuna di imbattersi in una servetta che sapeva qualcosa.
"Certo che conosco l'usignolo! Ogni sera quando ho finito il servizio nelle cucine reali, vado a casa per portare qualche avanzo alla mia mamma e, attraverso il bosco, sento sempre l'usignolo cantare!"
" Ha una voce davvero tanto bella!" chiese il capo delle guardie.
" Tanto bella che, quando la sento, mi viene da piangere".
Il capo delle guardie le promise un posto di capo-cuoca se lo avesse guidato là dove l'usignolo aveva il nido. La servetta accettò. Poco dopo i due erano davanti ad un grande albero frondoso. Un trillo argentino risuonò nell'aria.
"Ecco l'usignolo, là, su quel ramo! " esclamò la servetta, indicando il minuscolo uccellino grigio.
Il capo delle guardie era piuttosto deluso: " E' piccino" disse l'uomo"ma canta bene"
Poi gentilmente si rivolse all'usignolo: "Uccellino, l'imperatore vuole che tu canti per lui al palazzo reale."
"Il mio posto è qui nel bosco, in libertà" rispose l'usignolo, " ma se l'imperatore me lo ordina, verrò a cantare con lui".
Si appollaiò sulla spalla del capo delle guardie e si lasciò condurre al galoppo fino alla reggia.
Poco dopo, davanti alla corte al gran completo, l'usignolo dava inizio al concerto. E cantò così bene che l'imperatore piangeva di gioia.
"Caro uccellino" disse, quando l'usignolo ebbe finito di cantare, "devi restare sempre con me. Ti tratterò con tutti i riguardi, farò costruire per te un trespolo d'oro, vivrai nella mia camera".
L'usignolo chinò tristemente il capino: "I tuoi desideri sono ordini, maestà."
Perchè l'usignolo non si annoiasse, sempre chiuso nel palazzo, l'imperatore gli permetteva di uscire due volte al giorno, ma accompagnato da dodici servitori che lo tenevano legato per la zampina con dodici cordicelle di seta. Non erano passeggiate divertenti, ma l'usignolo si accontentava.
Passarono i mesi. Un giorno, l'ambasciatore di un lontano paese portò in dono all'imperatore una scatola di legno smaltato. Dentro c'era un meraviglioso usignolo meccanico, tutto tempestato d'oro e di pietre preziose. Sotto le piume di madreperla c'era una chiavetta: bastava girarla e l'uccellino cominciava a cantare una bella melodia, la stessa che gorgheggiava l'usignolo vero. L'imperatore gradì molto il dono.
"I due usignoli canteranno insieme davanti alla corte" disse.
Purtroppo, il concerto non andò molto bene. L'usignolo vero cantava come gli dettava il cuore, quello meccanico ripeteva le stesse note senza mai cambiare.
L'imperatore si entusiasmò tanto di quella precisione da ordinare che l'usignolo vero tacesse per far cantare, da solo, quello finto.
Gira e rigira la chiavetta, il giocattolo cantò fino a che l'imperatore non volle sentire di nuovo l'usignolo del bosco. Ma l'usignolo era introvabile. Aveva approfittato della distrazione dei cortigiani per tornare, libero ma triste, nel suo nido tra gli alberi.
I cortigiani dissero che era una bestia ingrata e pregarono l'imperatore di far cantare ancora il docile usignolo meccanico. Il giorno seguente anche il popolo poté sentirlo. Molti si entusiasmarono, ma chi conosceva la voce dell'usignolo vero affermò che non c'era confronto tra i due, che le canzoni dell'uccellino dei boschi nascevano dal sentimento, quelle dell'altro da una molla. E la differenza si sentiva, eccome!
Il piccolo usignolo, nascosto tra i rami degli alberi, per qualche giorno non cantò. Poi, riprese a gorgheggiare; se non c'era più l'imperatore ad ascoltarlo, poteva sempre rallegrare contadini e boscaioli.
Intanto l'imperatore aveva dimenticato il suo piccolo amico, preso com'era dall'usignolo meccanico. Lo teneva su un cuscino di seta, lo caricava di continuo. Un giorno, ahimè, mentre l'usignolo cantava la sua solita canzone, si udì un cigolio e poi uno schianto: una delle molle del delicato meccanismo si era rotta. Il più bravo orologiaio della capitale, chiamato in gran fretta, smontò l'usignolo, cambiò la molla rotta, poi scosse la testa:
"Maestà, ho fatto del mio meglio, ma ormai il meccanismo è consunto. Se volete che l'usignolo duri ancora, fatelo cantare solo di tanto in tanto."
" Una volta l'anno". promise l'imperatore.
"Si, Maestà, una volta l'anno penso che vada bene". assicurò l'orologiaio.
Trascorsero cinque anni, poi, un brutto giorno, l'imperatore si ammalò tanto gravemente da far temere per la sua vita. Nessun medico riuscì a trovare un rimedio e allora i vili cortigiani, convinti che per il loro signore non ci fosse più niente da fare, uno ad uno lo abbandonarono alla sua sorte.
Una sera, mentre l'imperatore giaceva nel suo letto, ecco giungere la Morte con una spada in pugno:
"Devi venire con me, Maestà: è arrivata la tua ultima ora."
" Così presto? " sussurrò l'imperatore. "Mi restano ancora tante cose da fare! Pazienza...potrei almeno ascoltare un po' di musica?"
" E sia" concesse la Morte.
L'usignolo meccanico era adagiato sul cuscino di seta accanto al letto, ma non abbastanza vicino perchè l'imperatore riuscisse a prenderlo ed a caricare la molla. Il bel giocattolo restava muto, mentre l'imperatore sentiva le forze abbandonarlo sempre più. D'improvviso, dal giardino si alzò un canto dolcissimo, inconfondibile. Era l'usignolo vero. Aveva saputo della malattia del suo signore e, dimenticando i torti subiti, veniva a consolarlo con le sue melodie. Trilli, gorgheggi, note limpide come l'acqua di fonte sgorgavano dalla minuscola gola dell'usignolo e tutto sembrava più bello: la luce del giorno, la trasparenza del cielo, i colori dei fiori. L'imperatore si alzò a fatica dal letto e si affacciò alla finestra, la Morte lo seguì, come stregata. L'imperatore ascoltava e si sentiva rinascere; la Morte ascoltava e provava nostalgia del suo buio regno. Quando l'usignolo tacque, la nera signora era scomparsa silenziosamente nel nulla.
L'imperatore tornò a letto e cadde in un sonno profondo, quando si svegliò era perfettamente guarito. Accarezzò teneramente il piccolo usignolo che si era appollaiato sulla sua mano e gli sorrise.
"Usignolo mio, sono stato un ingrato, perdonami. Che cosa posso fare per dimostrarti la mia infinita riconoscenza?"
"Sono felice della tua guarigione e questo mi basta", rispose l'usignolo. "Una cosa sola vorrei: non essere costretto a tornare qui palazzo, prigioniero, ma vivere nel bosco e venire a trovarti ogni volta che lo desideri, mio signore. Canterò per te, ti racconterò tutto ciò che accade nel tuo regno in modo che tu possa governare sempre meglio. "
"Sarà fatto" sussurrò, commosso l'imperatore.
Con un trillo gioioso l'usignolo volò via; ma tornò ogni giorno, fedele alla promessa ed ogni giorno sparse ovunque gioia e saggezza intorno a sè.

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di Hans Christian Andersen



Il pesciolino d'oro

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Sul mare-oceano, sull'isola di Bujan, c'era una volta una piccola casetta, un' izba decrepita. In questa izba vivevano un vecchio con la sua vecchietta. Vivevano in grande povertà: il vecchio fabbricava le reti e andava al mare per prendere i pesci. Ne prendeva solo quanto ne bastava per il vitto quotidiano.
Una volta, chissà come, il vecchio gettò la sua rete, cominciò a tirare e si accorse che era molto pesante, come mai gli era capitato.
Tira e tira, riuscì a tirar fuori la rete. Guardò: la rete era vuota; c’era in tutto un pesciolino, ma non un semplice pesciolino: era un pesciolino tutto d’oro.
Il pesciolino pregò il vecchio con voce umana: “Non prendermi, vecchietto! E’ meglio se mi lasci andare nel mare azzurro; io ti sarò riconoscente: farò quello che vorrai”.
Il vecchio pensò e ripensò, poi disse: « Che bisogno ho di te? Va’ pure a passeggio nel tuo mare!».
Gettò il pesciolino d’oro nel mare e tornò a casa.
La vecchia gli chiese: “ Hai preso molti pesci, vecchio?”
“In tutto ho preso solo un pesciolino d’oro, ma l'ho ributtato in mare. Mi pregò con insistenza. Lasciami andare, mi disse, nell’azzurro mare ed io ti ricompenserò, farò tutto quello che vorrai! Ho avuto compassione del pesce, non ho voluto da lui un riscatto ma l’ho lasciato libero a sua volontà”
“ Vecchio demonio! Ti era capitata tra le mani una vera fortuna e tu non hai saputo prenderla.”
La vecchia si incattivì, insultò il vecchio da mattina a sera, non lo lasciò in pace:
“Dovevi chiedergli almeno un po’ di pane. Qui abbiamo solo delle croste secche: che mangerai?”.
Il vecchio non si trattenne, andò dal pesciolino d'oro per chiedergli del pane.
Arrivò alla riva, e gridò con voce forte:
“Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me”.
Il pesciolino nuotò a riva: “Di che cosa hai bisogno, vecchio?” .
“La vecchia si è arrabbiata, mi ha mandato a chiedere del pane.”
“Torna a casa: ci sarà del pane fin che ne vuoi”.
Il vecchio tornò a casa: “E allora, vecchia, c'e il pane?”.
“Di pane ce n'e finchè vuoi. Ma ecco il guaio. Il mastello si è rotto, e non so dove lavare la biancheria. Va' dal pesciolino e chiedigli un nuovo mastello.”
Il vecchio andò al mare: “Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me”.
Il pesciolino arrivò: “Che vuoi vecchio?” .
“La vecchia mi ha mandato per chiedere un nuovo mastello.”
“Bene, avrai il mastello”.
Il vecchio tornò a casa, stava ancora sulla porta, che la vecchia di nuovo si gettò contro di lui, lo investì gridando “Va dal pesce d'oro, chiedigli di costruirci una nuova izba, non si può più vivere nella nostra, appena la guardi va in pezzi!”
E il vecchio tornò sul mare: “Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me!”.
Il pesciolino arrivò nuotando, si mise con la testa verso di lui e la coda in mare. “Che cosa vuoi, vecchio?”.
“Costruisci per noi una nuova izba; la vecchia si lamenta e grida, non mi lascia in pace; non voglio, dice, vivere più in questa izba vecchia, appena la guardi, va in pezzi!”
“Non rattristarti, vecchio! Va' a casa, e prega Dio. Tutto sarà fatto.”
Tornò il vecchio. Nel suo cortile c’è una izba nuova, di legno di quercia, tutta con trafori e ornamenti.
Gli corre incontro la vecchia, arrabbiata più di prima, impreca e litiga più di prima:
“Ah tu, vecchio cane, imbecille! Non sei capace di servirti della fortuna. Ti ho chiesto un'izba, e tu, ecco, sarà fatto! No, invece! Va' di nuovo dal pesce d'oro e digli che io non voglio più essere contadina, ma moglie del governatore, in modo che la gente mi obbedisca, e quando le persone mi incontrano mi facciano l’inchino fino alla cintola!”.
Andò il vecchio al mare e gridò con grossa voce: “Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me.”
Nuotò a riva il pesciolino, si mise con la coda in mare e la testa verso il vecchio: “Che cosa vuoi, vecchio?” .
Rispose il vecchio: “La vecchia non mi dà pace, è del tutto impazzita. Non vuole essere più contadina, ma moglie del governatore!”.
“Bene, non affliggerti! Torna a casa, prega Dio, tutto sarà fatto!”
Tornò a casa il vecchio, e invece dell'izba adesso c'è una casa di pietra, una casa di tre piani.Nel cortile i servitori corrono di qua e di là, in cucina i cuochi battono e lavorano, la vecchia in un prezioso abito di broccato sta seduta su un'alta poltrona e dà ordini.
“Salute, moglie!”, disse il vecchio.
“Ah tu, rozzo ignorante ! Come osi chiamar me tua moglie, me, la moglie del governatore? Ehi, gente, portate questo contadinaccio nella scuderia e frustatelo quanto più potete.”
Subito i servitori accorsero, presero il vecchio per la collottola e lo trascinarono nella scuderia. Cominciarono gli scudieri a frustarlo, e lo frustarono a tal punto che egli a mala pena poteva reggersi sulle gambe.
Dopo di che la vecchia gli diede l' incarico di portinaio, ordinò che gli fosse data una scopa, e che pulisse il cortile. Ordinò anche che gli fosse dato da mangiare a da bere in cucina.
Mala vita per il vecchietto! Per tutto il giorno deve scopare il cortile, e non appena trovano che c’è qualche punto non pulito bene, subito nella scuderia, e giù frustate!
“Che strega!” pensa il Vecchio. "Ha avuto una fortuna, e adesso si mette a grufolare come un porco, e non mi considera più neppure suo marito!"
Passò molto tempo, poco tempo, la vecchia si annoiò di essere moglie del governatore e, fece chiamare il vecchio, e gli ordinò:
“Va', vecchio demonio, dal pesciolino d'oro, e digli che non voglio più essere moglie di governatore, ma zarina!”
Andò il vecchio al mare: “Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me”.
Arrivò il pesciolino d'oro nuotando: “Di che cosa hai bisogno, vecchio?”
“Ecco, mia moglie è del tutto impazzita, più di prima. Non si contenta più di essere la moglie del governatore, adesso vuole essere zarina.”
“Non affliggerti, vecchio! Va' a casa, e prega Dio. Tutto sarà fatto.”
Il vecchio tornò a casa e invece del palazzo di prima trovò un alto palazzo dal tetto d' oro, con intorno le sentinelle che fanno il presentat'arm. Davanti al palazzo c'è un verde prato. Nel prato ci sono i soldati, in fila. La vecchia è vestita da zarina, viene fuori sul balcone con i generali e i boiari, e fa la rassegna delle truppe, sta attenta al cambio delle sentinelle. Rullano i tamburi, suona la musica, i soldati gridano “Hurrà”.
Passò molto tempo, poco tempo, la vecchia si annoiò di essere zarina e ordinò di chiamare il vecchio, che si presentasse davanti ai suoi occhi luminosi.
Ci fu una grande confusione, i generali si danno da fare, i boiari corrono, non sanno dove sbattere la testa: “Quale vecchio?”.
A gran fatica riuscirono a trovarlo nel cortile delle immondizie, e lo portarono dalla regina.
“Ascolta, vecchio demonio!” gli dice la vecchia. “Va' dal pesciolino d'oro a digli: non voglio più essere zarina, ma voglio essere la signora dei mari, in modo che tutti i mari e tutti i pesci mi ubbidiscano.”
Il vecchio tentò di rifiutarsi, ma che vuoi farci? La zarina ti fa staccar la testa! Con il cuore stretto, andò al mare, e disse:
«Pesciolino, pesciolino, mettiti con la coda in mare e la testa verso di me”.
Ma il pesciolino d'oro non si vede, proprio non si vede! Il vecchio lo chiama una seconda volta. Di nuovo, niente! Lo chiama una terza volta, e a un tratto il mare si gonfia e muggisce; prima era tutto sereno, pulito, e ora tutto nero.
I1 pesciolino nuotò a riva: “Che vuoi, vecchio?” .
”La vecchia è diventata ancora più pazza; non vuole più essere zarina, vuole essere la signora del mare, dominare su tutte le acque, comandare a tutti i pesci.”
Il pesciolino d'oro non disse nulla al vecchio, si voltò e sprofondò nel mare.
Il vecchio tornò a casa, guardò e non credette ai suoi occhi: il palazzo era come se non ci fosse mai stato, al suo posto stava la vecchia izba decrepita, e nell'izba stava seduta la vecchia, con il suo vecchio sarafan' stracciato e la testa tra le mani.
Ritornarono a vivere come prima, il vecchio ritornò alla sua pesca in mare; solo che, per quante volte gettasse le reti in acqua, non riuscì più a prendere il pesciolino d'oro.

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Aleksandr Puskin

 
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