Marco Pantani - Il Pirata

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view post Posted on 17/8/2011, 19:23
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« Marco, perché vai così forte in salita?» «Per abbreviare la mia agonia. »
(Marco Pantani a Gianni Mura)


Marco Pantani (Cesena, 13 gennaio 1970 – Rimini, 14 febbraio 2004) è stato un ciclista su strada italiano, con caratteristiche di scalatore puro. Professionista dal 1992 al 2003, vinse un Giro d'Italia e un Tour de France; fu anche medaglia di bronzo ai mondiali in linea del 1995.
Soprannominato "il pirata", ottenne i suoi migliori risultati nelle corse a tappe: è a tutt'oggi l'ultimo italiano ad avere vinto il Tour de France, nel 1998 (33 anni dopo Felice Gimondi) e l'ultimo ciclista in assoluto dopo Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain ad aver vinto il Giro e il Tour nello stesso anno.
Escluso dal Giro del 1999 a seguito di un valore ematocrito al di sopra del consentito, Pantani risentì del clamore mediatico suscitato dalla vicenda e, pur tornato alle gare non molto tempo dopo, raggiunse solo sporadicamente i livelli cui era abituato. Caduto in depressione, morì il 14 febbraio 2004 a Rimini, per arresto cardiaco dovuto ad eccesso di sostanze stupefacenti. In carriera ottenne 46 vittorie.
Pantani è considerato, assieme a Gino Bartali, Charly Gaul e Federico Bahamontes, uno dei più grandi scalatori di ogni epoca. Dopo la sua morte Lance Armstrong, sette volte vincitore del Tour de France, affermò che Pantani era stato il più grande scalatore di sempre; lo stesso Charly Gaul dichiarò che probabilmente Pantani era stato più forte anche di lui.



Carriera

Gli esordi e i primi anni nel professionismo

Dopo essersi cimentato da giovanissimo nel mondo del calcio, ricevette in regalo una bicicletta dal nonno Sotero. Decise di tesserarsi nel G.C. Fausto Coppi di Cesenatico e mostrò subito indubbie doti di grande scalatore, vincendo molte gare. Nel 1990 fu terzo al Giro d'Italia dilettanti, nel 1991 secondo e nel 1992 vinse davanti a Vincenzo Galati e Andrea Noè. Nel 1993 partecipò al primo Giro d'Italia per professionisti, ritirandosi dopo poche tappe per una tendinite.
Nel 1994 passò alla Carrera del ds Davide Boifava. La sua esplosione come ciclista professionista avvenne al Giro d'Italia di quell'anno, con le vittorie di tappa a Merano, all'Aprica e con il secondo posto nella classifica generale finale, alle spalle di Evgenij Berzin. Nella frazione dell'Aprica scattò sul Mortirolo, lasciando dietro il russo Evgenij Berzin e lo spagnolo Miguel Indurain: dopo aver preso fiato ed essersi fatto riprendere da Indurain, sul valico di Santa Cristina riattaccò andando a vincere la tappa. Al suo debutto al Tour de France chiuse terzo in classifica generale, dietro a Miguel Indurain e al lettone Pëtr Ugrumov, aggiudicandosi pure la maglia bianca di miglior giovane. Nella tappa di Val Thorens, malgrado una brutta caduta, riuscì a staccare tutti i più forti e a giungere terzo al traguardo.



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1995: il primo grave incidente

Mentre era in piena preparazione al Giro d'Italia 1995, un incidente con un'automobile lo costrinse a puntare sul Tour de France. Nella corsa francese si ritrovò presto, anche a causa delle condizioni del ginocchio, ad avere un grosso ritardo dalla vetta della corsa. Il 12 luglio, sull'Alpe d'Huez, andò comunque all'attacco a 13 km dal traguardo, staccò i principali avversari, raggiunse e superò il gruppetto di testa riuscendo ad ottenere la vittoria di tappa. Alcuni giorni dopo, nella tappa pirenaica di Guzet Neige, trovò il secondo successo, questa volta dopo una lunga fuga di 42 km. Concluderà la Grande Boucle in tredicesima posizione della generale, vincendo nuovamente la maglia bianca.
Nel Campionato mondiale disputatosi in Colombia quell'anno, si classificò terzo dietro Abraham Olano e Miguel Indurain. Proprio quando sembrava agli inizi di una grande carriera, il 18 ottobre, sulla discesa di Pino Torinese, fu investito da un fuoristrada che viaggiava in senso contrario sulla sede di gara durante la Milano-Torino. Venne ricoverato al CTO di Torino dove gli venne riscontrata una frattura di tibia e perone e il rischio di una prematura interruzione dell'attività agonistica. Tuttavia dopo 5 mesi e 5 giorni dall'incidente ritornò in bici.

1996-1997: il ritorno e il terzo posto al Tour

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Marco Pantani sull'Alpe d'Huez, Tour de France 1997

Fra luglio e settembre del 1996 Pantani corse in una decina di competizioni ufficiali in preparazione alla stagione successiva. Per il 1997 si trasferì alla nuova Mercatone Uno, squadra patrocinata da Romano Cenni e costruita intorno al romagnolo per puntare ai grandi giri. Ma la sfortuna era ancora dietro l'angolo: al Giro d'Italia Pantani subì un nuovo incidente, in una tappa interlocutoria della corsa, nella discesa del valico di Chiunzi, al km 182, a causa di un gatto che aveva attraversato la strada al passaggio del gruppo. Riuscì a concludere la tappa grazie ai compagni di squadra ma all'ospedale scoprì di aver subito la lacerazione di un centimetro nelle fibre muscolari della coscia sinistra. Abbandonò la corsa.

« Avrei voluto essere battuto dagli avversari, invece ancora una volta mi ha sconfitto la sfortuna »
(Pantani, il 25 maggio 1997
)

Questa volta recuperò velocemente e ritornò in sella al Tour dello stesso anno, dove lottò a lungo per la maglia gialla, riportando altre due vittorie di tappa, ancora all'Alpe d'Huez, staccando Ullrich e Virenque,e a Morzine. In particolare all'Alpe d'Huez percorse l'ascesa in 37 minuti e 35 secondi, un record storico. Pur prevalendo sulle salite delle Alpi e dei Pirenei, venne superato in classifica da Ullrich, che riuscì a recuperare il tempo perso grazie alle tappe a cronometro, nelle quali era più forte, portando la maglia gialla fino a Parigi; Pantani si piazzò al terzo posto della classifica finale dietro anche a Richard Virenque.

1998: la doppietta Giro-Tour

Nel 1998 partecipò e, per la prima volta, si impose al Giro d'Italia. Rivaleggiando con gli specialisti della cronometro come Alex Zülle, attaccò ripetutamente sulle salite e fu in tal modo, nonostante il percorso non lo facilitasse per le poche montagne,[senza fonte] in grado di guadagnarsi un margine tale da poter compensare la propria debolezza nelle prove contro il tempo. Pantani prese la maglia rosa – gliela cedette Zülle – il 2 giugno, al termine della frazione di Selva di Val Gardena, e l'indomani controllò il più diretto rivale, Pavel Tonkov, nella tappa dell'Alpe di Pampeago. Decisiva fu la frazione di Plan di Montecampione, il 4 giugno: nell'occasione Pantani, con Zülle ormai alla deriva (quel giorno perse più di mezz'ora), attaccò ripetutamente Tonkov. Il russo, dopo un duello accanito, dovette cedere subendo un passivo di circa un minuto negli ultimi due chilometri, mentre il romagnolo andò a vincere la tappa e ad ipotecare il successo finale. Quell'anno al Giro Pantani fece sua anche la classifica scalatori battendo José Jaime González.
Dopo aver affrontato un'adeguata preparazione, si presentò al Tour de France dello stesso anno con ambizioni di vittoria. La gara francese se l'aggiudicò proprio lui, batté finalmente Jan Ullrich e divenne il primo italiano a trionfare al Tour dai tempi di Felice Gimondi, vincitore nel 1965. Dopo le prime dieci tappe Pantani aveva quasi 5 minuti da recuperare al tedesco (aveva perso 4'21" nella cronometro di Corrèze): andò dunque all'attacco durante la quindicesima frazione, sul colle del Galibier a quasi 50 chilometri dal traguardo, e giunse a Les Deux Alpes in solitaria con quasi nove minuti di vantaggio sul rivale. Quel giorno prese anche la maglia gialla, definitivamente: il distacco nella generale, dopo quella storica impresa, non venne più colmato, e a Pantani andò l'edizione numero 85 della Grande Boucle. Era dai tempi di Lucien Van Impe che uno scalatore "puro" non vinceva la classifica finale della corsa francese.[senza fonte]



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Marco Pantani indossa la maglia della Mercatone Uno

1999: l'episodio di Madonna di Campiglio

Per la stagione 1999 Pantani punta al Giro. Infatti dimostra subito di essere in una buona condizione ottenendo la frazione sul Gran Sasso, primo arrivo in salita. Sulla salita di Oropa, dopo un salto di catena a pochi km dal traguardo, riprende gli avversari, li supera e conquista la tappa. Dopo le frazioni dell'Alpe di Pampeago e di Madonna di Campiglio sembra che nessuno ormai riesca a togliergli il Giro, ma il giorno dopo la tappa di Madonna di Campiglio, e precisamente il 5 giugno del 1999 vengono riscontrati livelli troppo alti di ematocrito nel sangue del Pirata, che viene di conseguenza allonatanato dalla corsa rosa.
Pantani fu sospeso per 15 giorni, il che comportava l'esclusione dalla corsa rosa. In pratica la carriera di Pantani si conclude con questo episodio. Dopo aver spaccato per l'ira un vetro nell'albergo, accerchiato dai giornalisti e accompagnato dai carabinieri mentre stava per lasciare la corsa, disse:
« Sono ripartito dopo dei grossi incidenti ma moralmente questa volta credo che abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile. »
(Marco Pantani)
Le cose cambiarono per Pantani al Giro del 1999 nella mattina del 5 giugno del 1999 a Madonna di Campiglio quando vennero resi pubblici i risultati dei controlli della tappa del giorno precedente, dai quali risultava nel sangue di Pantani un livello di globuli rossi superiore al consentito. Il valore di ematocrito riscontrato a Pantani fu infatti del 52%, oltre il margine di tolleranza dell'1% rispetto al valore massimo consentito dai regolamenti contro il 50%.
Per Pantani quella tappa sarebbe potuta essere un'ulteriore consacrazione, vista la planimetria a lui favorevole: partenza da Madonna di Campiglio, arrivo all'Aprica, dopo la scalata del Mortirolo e oltre 50 km di salita. Il romagnolo, fra l'altro, era già primo in classifica con più di cinque minuti sul secondo. La tappa fu poi vinta dall'iberico Roberto Heras. Paolo Savoldelli, nonostante fosse subentrato al primo posto in classifica del Giro, rifiutò di mettere la maglia rosa, simbolo del primato, rischiando una squalifica. La squadra del Pirata, la Mercatone Uno-Bianchi, si ritirò dal Giro.
Pantani rinunciò a partecipare al successivo Tour de France, pur se la sospensione di 15 giorni comminatagli glielo avrebbe consentito.
Pantani non risultò mai positivo a un controllo antidoping sebbene sia stato legittimamente escluso dalla corsa in base ai regolamenti sportivi. Le uniche associazioni del Pirata con le pratiche di doping sono relative alle dichiarazioni di Jesus Manzano, reo confesso, che cita Pantani in un contesto in cui si accusano vari ciclisti di alto livello degli anni novanta, organizzatori, tecnici e sponsor, e a quelle di Christina Jonsson, fidanzata di Pantani per 7 anni, che in un'intervista al periodico svizzero L'Hebdò riferisce che il Pirata ne facesse uso regolare.
Vengono alimentati in seguito dei dubbi su un eventuale "complotto" ai danni di Pantani. Celebre la lettera di Renato Vallanzasca alla madre del ciclista, Tonina, dell'8 novembre 2007. In breve Vallanzasca sostiene che un suo amico, habitué delle scommesse clandestine, lo abbia avvicinato cinque giorni prima del "fatto" di Madonna di Campiglio consigliandogli di scommettere sulla sconfitta di Pantani per la classifica finale, e assicurandogli che «il giro non lo vincerà sicuramente lui».
Pantani non partecipò di sua volontà al Tour del '99 per la faccenda di Madonna di Campiglio.
In quel periodo la bicicletta non fece più parte della sua vita. Braccato dai media ed in preda ad una forte depressione, Marco restò chiuso in casa. Si allontanò dal ciclismo e, le poche volte che tornò in sella, fu vittima degli insulti dei passanti che lo etichettavano come un dopato. L'inverno, momento più duro per un ciclista, fu per Pantani un periodo difficile. Già allora emersero gli effetti della cocaina.



2000: il secondo ritorno



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Pantani nel 2000

Pantani torna a correre nel 2000 ma nonostante la condizione di forma, la difficoltà maggiore era psicologica.
Marco faticò a ingranare e la preparazione per il Giro si fece sempre più frammentata fino a diventare inesistente. Il problema della cocaina in seguito fu superato ma, in vista del Giro, la preparazione fisica non era adatta ad una corsa così dura. Ormai nella Mercatone Uno si pensò ad un Giro senza Marco, con Garzelli capitano; però, a sorpresa, Marco partecipò al Giro, mettendosi a disposizione per Garzelli, giovane promettente. Infatti i 9 posti della Mercatone Uno per la corsa rosa erano per Garzelli, De Paoli, Velo, Zaina, Brignoli, Borgheresi, Forconi, Fontanelli e Podenzana il quale è sacrificato per far posto a Pantani. La sua prova fu incolore per la sua forma non ottimale. Era spento e nelle salite non brillava più come ai suoi tempi d'oro. Risorse invece sull'Izoard dove fece da gregario al capitano Garzelli, poi vincitore della classifica generale, e andò ad agguantare un secondo posto in una tappa che fece ben sperare per una sua rinascita.
Punta tutto al Tour, dove incontra Lance Armstrong, futuro vincitore incontrastato delle seguenti edizioni. Già dalle prime frazioni e sui Pirenei il Pirata accumula un ritardo notevole. Si riscatta sulle Alpi: il 13 luglio nella tappa del Mont Ventoux batte in volata l'americano ottenendo la vittoria di tappa. Successivamente, Armstrong, durante un'intervista dichiarò apertamente d'aver lasciato la vittoria al Pirata e questo scatenerà la rabbia di Pantani. Il 17 luglio nella tappa di Courchevel Pantani scatta: rispondono Richard Virenque e Armstrong. Dopo alcuni km si stacca Virenque e rimangono solo Pantani ed Armstrong. Dopo che Roberto Heras e Javier Otxoa raggiungono i due, Pantani attacca lasciando sul posto gli avversari a 5 km dal traguardo. Raggiunge e stacca José María Jiménez e andò a vincere in solitaria, staccando lo stesso Armstrong di ben 51 secondi, ma la sua esultanza, così contenuta, pare nascondere una triste verità: quella sarà la sua ultima vittoria da professionista. Il giorno dopo, nella tappa di Morzine con il duro Col de Joux-Plane poco prima del traguardo, Pantani attaccò alla prima salita, tentando di recuperare il distacco in classifica. La scarsa collaborazione con i compagni di fuga, il caldo e problemi intestinali (dissenteria) lo costrinsero però al ritiro dalla "Grand Boucle". «Ho provato a far saltare il Tour, sono saltato io» disse dopo essere arrivato al traguardo con 13'44" di ritardo dal vincitore di tappa Richard Virenque. Nel 2001 e nel 2002 partecipò al Giro d'Italia ottenendo però scarsi risultati.
Pantani decide di ritirarsi provocando le maledicenze dei media, che credono che Pantani abbia trovato un modo per saltare il controllo anti-doping del giorno successivo.
Ottiene altre due vittorie nei critérium, fra cui l'Acht van Chaam.

2001-2003: la depressione

Ormai sempre più prostrato nel morale, anche a causa del processo in corso per frode sportiva, intentato nei suoi confronti per fatti risalenti al 1995,[senza fonte] partecipa al Giro d'Italia 2001 ma si ritira prima della 19ª tappa. Al Tour de France invece la sua squadra non viene invitata. Comincia intanto ad essere lontano dall'immagine del corridore professionista e tra sospetti e processi della giustizia sportiva, dove lo condannano e poi lo assolvono, Pantani non riesce più a trovare la serenità necessaria per tornare a correre.
Nel 2003 torna a prepararsi sia per il Giro che per il Tour. Al Giro d'Italia lottò testa a testa con i migliori giungendo quattordicesimo nella classifica generale (tredicesimo dopo la squalifica di Raimondas Rumsas, 6º). Durante la tappa del Monte Zoncolan reagì allo scatto di Gilberto Simoni, che aveva staccato tutti; si mise all'inseguimento e l'unico a reggere il suo ritmo fu Stefano Garzelli, ma per le energie spese calò nel finale e arrivò quinto. Nella tappa di Cascata del Toce fece il suo ultimo scatto a 3 km dall'arrivo venendo ripreso da Simoni e finendo ottavo.
Il 21 giugno 2003 Pantani entrò nella clinica "Parco dei Tigli" di Teolo in Veneto, specializzata nella cura della depressione e della dipendenza da alcol, uscendone ai primi di luglio per continuare le cure con i medici personali.



Morte

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Monumento commemorativo di Marco Pantani a Cesenatico

Il 14 febbraio 2004, Marco Pantani fu trovato morto nella stanza D5 del residence "Le Rose" di Rimini. L'autopsia rivelò che la morte era stata causata da un edema polmonare e cerebrale, conseguente a un'overdose di cocaina.
L'autopsia sul corpo del campione dopo la tragica morte e in particolare l'analisi del midollo osseo ha escluso che Pantani avesse fatto uso frequente e in quantità elevata di Epo durante la sua carriera.
La morte di Pantani lasciò sgomenti tutti gli appassionati delle due ruote, per la perdita di un grande corridore; uno degli sportivi italiani più popolari del dopo guerra, protagonista nel bene e nel male di tante imprese.
Le spoglie di Marco Pantani sono sepolte nel cimitero di Cesenatico.
Per ricordare le sue doti di scalatore, dal 2004 il Giro d'Italia assegna ogni anno ad una salita (la più "rappresentativa") il titolo "Montagna Pantani", onore concesso fino allora solo al Campionissimo Fausto Coppi, con la "Cima Coppi" (il passo più alto percorso dal Giro). Nel 2004 la salita è stata il Mortirolo, nel 2005 il Passo delle Erbe, nel 2006 di nuovo il Mortirolo, nel 2007 la salita che giunge al Santuario di Oropa, dove Pantani vinse al Giro del 1999. Nel 2008 ancora una volta il Mortirolo, nella tappa del 31 maggio, e il Col d'Izoard nel 2009.
Nel mese di novembre del 2010 viene esposta al Museo del Ghisallo la maglia gialla di Pantani ottenuta al Tour del 1998; in seguito la maglia viene rubata e non viene più ritrovata. Sembra che i ladri siano i due custodi del Salone del Ciclo della Fiera di Rho, che hanno poi rivenduto la maglia del pirata, il 7 novembre.
Nel giugno del 2011 viene inaugurata una stele sul Col du Galibier in memoria dello scatto che gli valse la vittoria di tappa nel 1998.


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Le inchieste giudiziarie

La madre di Marco Pantani (così come la sorella, il padre e tutta la famiglia), Tonina, afferma che il modo che Marco avrebbe scelto per assumere la droga o per suicidarsi, ossia l'ingestione di cocaina, non è verosimile, in quanto sarebbe morto prima di assumere tutta quella quantità, sei volte la dose letale. La signora Pantani sostiene da sempre che il figlio sia stato assassinato simulando un'overdose, probabilmente per farlo tacere riguardo a qualche scomodo segreto, forse legato al doping nel ciclismo e alla sua squalifica, al mondo delle scommesse truccate o a quello della droga, di cui sarebbe stato a conoscenza.
Tonina Pantani ha richiesto più volte la riapertura dell'indagine archiviata, sostenendo che le firme per il prelievo dei soldi, che Pantani avrebbe usato per comprare la droga, sarebbero falsificate, e che non c'era traccia di droga nella camera del residence, come ci si aspetterebbe dalla stanza di un tossicodipendente che ne fa uso abituale e che il ciclista, a suo parere, non era dipendente dalla cocaina, né voleva suicidarsi. Afferma che la stanza era stata messa apposta in disordine (in particolare che il disordine causato fosse inverosimile per una persona sola in preda ad un'overdose, come fu sostenuto dalla procura), c'erano residui di cibo cinese, che Pantani non mangiava mai, nessuna bottiglietta d'acqua per ingerire la dose di cocaina (in realtà era presente una bottiglia semivuota, ma venne ignorata e non analizzata a sufficienza), e alcuni lividi sospetti sul corpo del ciclista, tali da far supporre un'aggressione di più persone, per forzarlo a bere l'acqua con la cocaina. Ha lamentato inoltre l'asportazione del cuore di Pantani da parte del medico legale, il quale ha sempre sostenuto la tesi dell'overdose, citando anche alcuni appunti del Pirata, che denotavano uno stato mentale alterato. Il 2 agosto 2014 viene reso noto che la Procura della Repubblica di Rimini, a seguito di un esposto presentato dai familiari di Pantani, ha riaperto le indagini sulla morte del ciclista con l'ipotesi di reato di "omicidio volontario".


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La stele dedicata a Pantani sul Col du Galibier


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Edited by marisa56 - 17/11/2014, 13:24
 
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TANTI AUGURI MARCO

Il 13 gennaio è una data particolare per tutti gli sportivi e appassionati di ciclismo. Nel 1970 a Cesenatico nasceva Marco Pantani.

La storia del "Pirata", che oggi avrebbe compiuto 43 anni, è stata ricca di trionfi ed emozioni, ma anche di cadute e risalite. Forse troppo velocemente, Marco Pantani fu accusato e altrettanto velocemente fu incolpato. Questo lo distrusse nell'animo, facendolo cadere nell'oblio prima di autodistruggersi.

Di Marco Pantani ricorderemo per sempre il suo sguardo deciso, la bandana, ma soprattutto la determinazione e la forza, quando si alzava sui pedali e staccava tutti.

TANTI AUGURI PIRATA


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Pantani, il pirata su due ruote

"L'uomo solo al comando" del ciclismo italiano nacque a Cesena nel '70. Le sue imprese esaltarono sportivi e appassionati fino al '99, con l'esclusione dal Giro d'Italia. Allora cominciò la sua parabola discendente. Morì a Rimini nel 2004.


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Marco Pantani sale alla ribalta nel 1994. Ha 24 anni, da due è professionista, e si presenta alla partenza del Giro d’Italia come un perfetto sconosciuto che sulle Dolomiti s’è già tolto lo sfizio di mettere in riga Casagrande e Belli. E’ un gregario della Carrera Tassoni, la scuderia capitanata dal diablo Claudio Chiappucci, l’unico corridore italiano degli ultimi anni, insieme al re leone Mario Cipollini, a essere riuscito a calzare la maglia gialla al Tour. Alla fine di quell’edizione il pirata s’inerpica sul podio, osannato dal pubblico in tripudio per la forza, la tenacia e il talento d’un campione d’altri tempi. Quelli virati seppia, capaci d’imprese epiche quando la strada s’impenna. Un figlio della pianura Padana che ha nelle gambe la potenza dello scalatore e dà filo da torcere a un mostro sacro come Indurain. In quell’estate avara di successi, contrassegnata dalla sconfitta ai rigori dell’Italia di Sacchi al Mondiale americano, l’adrenalina di Pantani scuote l’immaginario collettivo con i suoi scatti in salita che si fanno beffe di bici affusolate e pedalate calcolate al computer.

L'uomo solo al comando. Non passa lo straniero: il ciclismo tricolore ha finalmente ritrovato il suo uomo solo al comando che spernacchia la grandeur dei francesi sui Campi Elisi, oscura la fama di Argentin, Bugno e Chiappucci, trasforma Chioccioli in una parentesi, Berzin e Rominger in uno scherzo del destino. Nemmeno per il possente Miguel è la vuelta buona. Il pirata è già un mito, la bandana e il cappellino diventano un must per i suoi tifosi. Il luccichio del sudore che imperla la pelata è il segnale della vittoria che spunta all’orizzonte e taglia il traguardo tra la folla. Il dio Mercurio sembra avergli messo le ali ai piedi. Pantani appare indistruttibile. La sua vita, quasi una leggenda. A 16 anni, durante una gara, finisce contro un camion in sosta e resta in coma per un giorno. Poco dopo, in allenamento, sbatte il muso su una macchina ma il ricovero in ospedale e le fratture non lo fermano.

Polvere di stelle. Un periodo esaltante per lo sport e il ciclismo nazionale, che si conclude amaramente e in breve tempo con l’esclusione del pirata dal Giro d’Italia del 1999 per valori ematici sballati e sospetti. La polvere, l’oblio, poi di nuovo le luci dei riflettori: il campione dà il colpo di coda, concede lampi di classe ancora una volta al Tour. E siccome ogni uomo ha un vizio che lo farà cadere, due anni dopo la leggenda si perde nel tunnel: la perquisizione dei Nas cala il sipario, impietoso, su un grande sogno nato nella provincia laboriosa e dissoltosi a Rimini nel 2004.



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Nove anni senza il Pirata: "Marco ci manchi"

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A Marco Pantani potrebbe essere revocato il titolo vinto al Tour de France nel '98

Marco Pantani nel 1998 vinse il Tour de France precedendo il tedesco Ulrich e l'americano Julich.

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Il nome e la vittoria di Marco Pantani potrebbero essere cancellati dall'Albo d'oro del Tour de France. La memoria delle impresa epiche del ‘pirata' verrebbe cassata in un attimo e Pat McQuaid, presidente dell'Unione ciclistica internazionale (Uci), è pronto a farlo. Lo ha rivelato in un’intervista concessa a l’Equipe: “Il 18 luglio una Commissione del Senato francese pubblicherà un elenco sulla base di un’analisi fatta a posteriori sui campioni di sangue prelevati nel 1998. Se in quella lista dei ciclisti dell’edizione del 1998 comparirà anche il nome di Pantani, anche il suo titolo potrebbe essere revocato”. Il ciclista italiano vinse da grande campione quell’edizione del Tour de France trionfando alle Deux Alpes e prevalendo con più di 3′ di vantaggio sul tedesco Ulrich e quattro sull’americano Julich.



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Paolo Pantani al carissimo figlio Marco: “Con l’aiuto di Dio riavrai la dignità”

La lettera accorata del genitore a dieci anni dalla scomparsa del campione del ciclismo: "Te ne sei andato con il tuo dolore, invocando quella innocenza che ti è sempre stata negata. Per cinque anni ti hanno torturato. Eri un uomo buono, giusto, sensibile, onesto e generoso. L’abisso si era impadronito del tuo cuore".


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Lettera accorata di un padre a un figlio morto. Paolo Pantani l’ha scritta a Marco, deceduto il 14 febbraio del 2004 a Rimini. Marco il ‘pirata’, “l’uomo solo al comando” che spernacchiò la grandeur dei francesi sui Campi Elisi, oscurò la fama di Argentin, Bugno e Chiappucci, trasformò Chioccioli in una parentesi, Berzin e Rominger in uno scherzo del destino. Nemmeno per Miguel Indurain fu più la Vuelta buona. Pantani oggi avrebbe 44 anni, il suo ricordo continua a pedalare nelle curve della memoria.

“Carissimo Marco, penso ogni istante a quel dolore che ti ha devastato. E non posso accettare che ci sia qualcuno che dubiti di te. Carissimo immenso Marco, mi manchi da morire. Mai avrei pensato che qualcuno potesse mancarmi così tanto. Sono passati dieci anni e non riesco ancora a darmi pace in tutto questo tempo non ho mai smesso di tormentarmi pensando ogni istante a quel dolore così devastante che ti ha fatto patire quell’inferno, da quel giorno a Madonna di Campiglio. La tua dolcissima anima ha cominciato quel lungo viaggio senza ritorno. Che purtroppo ti ha tolto la tua dignità e portato lontano da noi. Hai dedicato tutta la tua vita al ciclismo dando sempre tutto te stesso e ti sei ritrovato in un incubo senza fine. Ti sei sempre dovuto difendere senza avere alcuna colpa, hai sempre lottato fino alla fine. Non ti sei mai arreso, hai sempre gridato la tua innocenza, chiesto giustizia e verità, ti hanno portato via tutto colpendoti profondamente nel tuo cuore, hanno infangato ogni tuo sacrificio buttandoti giù ogni volta che hai cercato di rialzarti, per cinque anni ti hanno torturato”.


“Sette procure, giudici, giornali, televisioni, enti sportivi compreso la federazione ciclistica. Non riesco a darmi pace, non potrò mai rassegnarmi e accettare che un uomo buono, giusto, onesto, sensibile e generoso come te abbia dovuto soffrire tutto quell’inferno, dolore, tormento. In questi dieci anni non ho mai smesso di pensarti e di vederti così solo e disperato. Il tuo dolore ti ha fatto precipitare in quell’abisso che si era impadronito del tuo dolcissimo cuore. Ma io so che hai dovuto soffrire un così atroce dolore perché tutti i tuoi sogni, i tuoi progetti, le tue speranze ti sono stati negati. E perché la tua vita piena di gioia ti è stata portata via. Tutte quelle assurde menzogne e falsità ancora oggi purtroppo continuano a farti del male. Non riesco ancora ad accettare che ci sia qualcuno che dubiti di te. Che tante persone ti abbiano potuto usare e poi tradire voltandoti le spalle, ferendoti così profondamente, tradendo quella amicizia che tu credevi sincera da parte loro, tutto il fango, le accuse, l’infamia che ti hanno buttato addosso non potevi sopportarli. Tu sei nato e hai sempre vissuto per la bici. L’amavi così tanto da portarla anche a letto con te”.

“Hai sopportato con tanti sacrifici tutti gli ostacoli che la vita purtroppo ti ha riservato troppe volte. E che tu con la forza della tua infinita passione hai sempre superato ripartendo più forte di prima. Te ne sei andato con il tuo dolore, invocando quella innocenza che ti è sempre stata negata. Carissimo Marco, il mio unico desiderio è che ti sia restituita la tua dignità con l’aiuto di Dio e di quelle persone che si devono mettere una mano sul cuore per tirare fuori la verità tanto sanno che tu le hai già perdonate, solo così la vita sarà migliore per tutti. Ti hanno torturato per cinque anni, hanno infangato ogni tuo sacrificio buttandoti giù ogni volta che hai cercato di rialzarti. Per cinque anni ti hanno torturato. Eri un uomo buono, giusto, sensibile, onesto e generoso. L’abisso si era impadronito del tuo cuore”.


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Vi racconto chi era il mio amico Marco Pantani

Parla Enzo Vicennati, l'amico giornalista, lo scrittore che da dieci anni cerca la verità sulla morte di uno dei più grandi sportivi del secolo scorso.

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Il 14 febbraio del 2004 era sabato. A Rimini coppie di fidanzati passeggiavano mano nella mano per il giorno di San Valentino, i negozi vicini al Porto Canale ammiccavano con cuori e peluches, sul bagnasciuga stavano abbracciati un ragazzo e una ragazza, nei ristoranti fioccavano prenotazioni, i pachistani venditori di rose facevano affari d’oro. In un residence Marco Pantani moriva. Da solo. Nel giorno che celebra l’amore, uno degli sportivi più amati di sempre tagliava l’ultimo traguardo. Da solo, come da solo era arrivato sull’Alpe D’Huez o a Les Deux Alpes. Il referto dell’autopsia parlerà di edema polmonare e cerebrale conseguente a overdose di cocaina, ma in molti dissero che in verità il Pirata aveva iniziato a morire il 5 giugno 1999, dopo il controllo di Madonna Di Campiglio e l’allontanamento da un Giro d’Italia praticamente già vinto. La notizia fece il giro del mondo in pochi istanti. A Enzo Vicennati, amico di Marco Pantani e giornalista capo redattore della rivista leader del settore Bicisport, lo disse un amico fotografo. I giorni e gli anni che seguirono furono votati alla ricerca della verità. Perché Marco era morto? Quando, davvero, aveva iniziato ad andarsene? Vicennati scriverà un libro (Era mio figlio, editore Mondadori, con Tonina Pantani, madre del Pirata), poi proseguirà le ricerche per anni. “Se avessi saputo che stava morendo sarei corso da lui, l’avrei tirato fuori con la forza dal residence Le Rose”. Ma ormai era tardi. Questa è l’intervista all’amico, al giornalista più vicino, all’uomo che da 10 anni cerca di far emergere tutte le verità su Marco Pantani.

Per un triste Re Cattolico – disse -ho inventato un legno e lui lo ha macellato su una croce di legno.

Rimini, Fabrizio De André


Enzo, come hai conosciuto Pantani? Chi era?
Al Giro d’Italia dilettanti del 1992, lui aveva 22 anni, io avevo iniziato da poco a lavorare come giornalista a Bicisport. Lo vidi la prima volta alla partenza della tappa che arrivava a Cavalese. Non ci avevo mai parlato prima, ma in giro si diceva che avrebbe attaccato sulle Dolomiti. Gli chiesi se l’avrebbe fatto, lui arricciò il labbro e rispose: “vediamo”. Finì che attaccò all’inizio del passo San Lugano e arrivò da solo. Il giorno dopo su un altro tappone dolomitico prese la maglia rosa e ipotecò il Giro d’Italia.

Come è nata la vostra amicizia?
La sera di quel tappone, da Cavalese a Pian di Pezzé, gli feci una lunga intervista. Mi accorsi con una certa sorpresa che non aveva nessuna difficoltà a raccontarmi aspetti della sua vita privata, era perfettamente a suo agio. Facevamo le stesse cose, avevamo gli stessi gusti in tema di vacanze, ad esempio. Lui però aveva già la macchina, una grossa Bmw, io prendevo ancora in prestito quella dei miei. Da lì la nostra frequentazione si fece più assidua: ci vedevamo tutti i mesi a Cesenatico o alle corse. Nacque così un rapporto di fiducia reciproca.

Dove eri il 5 giugno 1999? Eri a Madonna di Campiglio?
Ero ad Ascoli Piceno. Mi telefonò Ilario Biondi, fotografo di Bicisport, avvisandomi che Pantani era stato allontanato dal Giro. Ero tornato in redazione dopo la tappa di Oropa, Marco mi era sembrato nervoso, incupito. Era un Giro di tante tensioni, si era messa anche a girare la voce che Marco neppure lo avrebbe finito, anche se poi leggendo le parole di Vallanzasca sull’ipotesi di scommesse clandestine, tutto prese una luce diversa. Comunque, tornando alla telefonata del collega, lì per lì pensai a uno scherzo. Ironia della sorte, fu sempre Ilario a chiamarmi il 14 febbraio del 2004 per avvisarmi che Pantani era morto.

Cosa è successo da quel giorno in poi?
E’ accaduto qualcosa che ancora non riesco a spiegarmi. Nessun organo mediatico decise di prendere le difese del più importante ciclista del mondo, nessuno mise in dubbio il risultato di quelle analisi e tutti i quotidiani iniziarono ad attaccare Pantani con una violenza inaudita. Marco però non accettò mai il risultato di quel controllo che non era antidoping, ma a tutela della sua stessa salute, la qual cosa continua a sembrarmi paradossale, vista la fine della storia, anche perché la sera prima era perfettamente in regola con i valori del sangue (Pantani venne allontanato dal Giro d’Italia per ematocrito alto, ndr). Da quel momento iniziò a chiedersi chi avesse voluto “farlo fuori”, i suoi avvocati arrivarono a parlare di “complotto”: da quel momento sette procure penali e una sportiva aprirono inchieste su Pantani.

Marco sapeva che l’avrebbero controllato: era la penultima tappa del Giro d’Italia. Gli ispettori arrivarono nel suo hotel più tardi del solito: se Marco avesse voluto invalidare il controllo gli sarebbe bastato fare colazione; invece aveva la coscienza pulita e si sottopose al prelievo (che, per regola, va fatto a stomaco vuoto, ndr). Chi era presente nella stanza dove venne effettuato il controllo racconta che un ispettore era particolarmente nervoso e si affrettò a far riconoscere a Marco solo una delle due provette. Inoltre pare che venne esaminato solo il sangue di una provetta (l’altra, venne detto, era rotta): ciò rappresentava una violazione del regolamento, che prevede che venga analizzato il sangue di due provette. Altra cosa abbastanza curiosa che finora non è mai stata detta: finora i familiari di Marco hanno sempre negato che da giovane, in seguito a una brutta caduta, la sua milza fosse uscita spappolata. In realtà recentemente è emerso ed è stato scritto che effettivamente la milza di Pantani aveva subito un grosso trauma per una caduta quando era junior. E’ abbastanza noto, in letteratura medica, che un atleta senza la milza ha degli sbalzi di ematocrito notevoli. Perché nessuno l’ha approfondito? Con l’avvocato Salerno si stava lavorando anche su questo… Spero che con il nuovo legale si trovi la forza per approfondire e andare avanti.

I rapporti tra te e lui sono cambiati dopo Madonna Di Campiglio?
No, i rapporti tra me e Marco sono rimasti ancora buoni per almeno un anno: ci sentivamo regolarmente al telefono. Le cose sono cambiate quando è subentrata una nuova manager, Manuela Ronchi, che l’ha isolato dall’ambiente circostante. Da quel momento i nostri rapporti si sono diradati fino quasi a dissolversi, ma rimanendo comunque ottimi nelle poche occasioni nelle quali ci si vedeva. Ricordo al Giro del 2003, dopo la bellissima giornata dello Zoncolan, ci ritrovammo nella hall dell’hotel in Friuli e sembrò che tutto quel tempo non fosse mai passato, che quelle brutte cose non fossero accadute…

Ti fidavi di Pantani? Lui si fidava di te?
Immagino di sì. Quando ci incontravamo mi raccontava le sue cose. Ricordo, ad esempio, che mi chiamò quando morì mio padre per farmi le condoglianze. Ma parlavamo di tutto. Di caccia, di montagne, delle nostre famiglie…

Hai mai avuto la sensazione che potesse finire in quel modo?
Non ho mai avuto la sensazione che potesse finire in quel modo. Se avessi avuto il minimo sentore sarei corso da lui, l’avrei tirato fuori da quella camera. Oggi, tuttavia, mi rimane il senso di colpa. Se ho un rimpianto è quello di non aver fatto con lui un’ultima intervista a casa sua, proprio dopo quel Giro d’Italia del 2003, malgrado ci avesse dato tutta la disponibilità: Marco cercava molto il confronto al di fuori del suo ambiente. Forse non sarebbe cambiato molto, ma se avessi fatto quell’intervista gli avrei detto tutto quello che pensavo e mi piace pensare che avrei provato a tirarlo fuori dal baratro. Marco era un bravo ragazzo, era anche una persona “di destra”: di una destra fiera, per intenderci. Era una persona con la schiena dritta che a un certo punto ha iniziato a fidarsi di personaggi con i quali, a un tempo, non avrebbe neppure bevuto insieme una birra.

Eri a conoscenza dei suoi problemi con la droga?
Sì, mi accorsi che qualcosa non andava al Tour de France del 2000, quando malgrado tutto riuscì a staccare Lance Armstrong in salita. Parlando con il fisioterapista di Pantani era venuto fuori che aveva questo grande problema, dal quale era momentaneamente uscito ma nel quale sarebbe potuto ricadere. Tuttavia, avendolo visto rialzarsi dopo la frattura alla gamba, credetti che ne sarebbe uscito abbastanza facilmente. Invece non accadde: alla fine del 2003 arrivò a Bicisport una soffiata da ambienti romagnoli: ci misero in guardia, avvisandoci che Pantani era in pericolo di vita. Ricordo che ci mettemmo in contatto con Don Gelmini, ipotizzammo una via d’uscita per Marco: sarebbe dovuto andare in Colombia, in un villaggio di orfani, e lì avrebbe fatto “ambasciatore del ciclismo” tra i bambini più sfortunati. Pare che questo progetto fosse stato riferito a Marco, e che gli fosse anche piaciuto: ma ormai era troppo tardi.

Chi sono stati i suoi nemici e chi i suoi amici. Chi odiava Pantani? Era scomodo per qualcuno nel mondo dello sport italiano?
Sicuramente qualcosa c’è stato. Mi rifiuto di pensare che dietro l’accanimento di tutti i giornali non ci fosse qualcosa di più potente.

Ma perché avrebbero dovuto farlo? Pantani era il personaggio che faceva vendere più copie…
Questo è un interrogativo al quale non so rispondere. Perché uccidere la gallina dalle uova d’oro? Di sicuro una parte del gruppo (come, in gergo, vengono chiamati i ciclisti) era invidiosa di Pantani. Di certo ci fu uno scontro nel 1999 con la Mapei di Giorgio Squinzi (attuale presidente di Confindustria, ndr). Sicuramente c’è una parte della Federazione ciclistica italiana che si è schierata contro Pantani quando Marco si oppose ai controlli del Coni “Io non rischio la salute”: un’opposizione, va spiegato, non ai controlli antidoping, ma al fatto che contemporaneamente venissero effettuati da tre enti diversi. Bisogna ricordare che pochi mesi prima era stato chiuso il laboratorio del Coni dell’Acqua Acetosa a Roma perché era stato scoperto che non effettuava regolarmente i controlli sui campioni del campionato di calcio. Per quello il segretario Pescante si era dimesso. Il Coni, dopo quello scandalo, doveva dimostrare il contrario: ovvero che l’antidoping funzionava.

Per anni dopo la sua morte hai continuato a seguire la sua storia. A che punto sei arrivato?
A una grande frustrazione personale dalla quale ho cercato di uscire, di recente, riprendendo dei filoni del lavoro avviato con la famiglia di Pantani. Tutto però si è fermato davanti a personaggi interessati solo al denaro. Per anni ho tentato – insieme a Tonina, la madre di Marco – di ricostruire ciò che è accaduto dalla morte del Pirata a Madonna di Campiglio e quando credevamo di essere arrivati a un svolta importante ci siamo dovuti fermare per difficoltà spesso così futili, almeno dal mio punto di vista, da accrescere il disagio.

Credi che le indagini sulla sua morte siano state svolte nel modo più corretto?
Lavorando a stretto contatto con l’avvocato Salerno, il legale nominato per un paio di anni dalla famiglia Pantani, credo che ci siano state mancanze raccapriccianti. Credo che la polizia scientifica – entrata nella stanza dopo la morte – abbia commesso delle irregolarità pazzesche: erano gli agenti stessi a rovesciare tutto per terra, salvo poi scrivere nel referto che la stanza era completamente a soqquadro. In realtà, inoltre, quando i medici del 118 entrarono nella stanza tentarono di rianimare Marco. Allora mi domando: era davvero morto? Insomma, io non credo che le indagini siano state svolte nel migliore dei modi. Perché? Forse perché, trovato un drogato morto, qualcuno ha creduto di liquidare così il caso. Oppure, a pensarla male, si potrebbe credere che l’inchiesta andava chiusa in fretta, a tempo di record…

La figura di Pantani, dell’eroe romantico, del mito che crolla, è assimilabile a qualche personaggio del cinema o della letteratura? Se sì, a quale?
Pantani in bicicletta per me è Billy Elliot, il ballerino. In una scena del film il bambino, davanti alla commissione che avrebbe dovuto approvare la sua iscrizione alla scuola di danza, dice: “Quando ballo sono elettricità”. Pantani in bicicletta era elettricità, era qualcosa di entusiasmante per l’energia, la vita, il guizzo che aveva negli occhi. Se devo dirti la verità io penso a Marco come a “elettricità”, non come a un eroe tragico. Secondo me nella tragedia di Pantani ci sono tante colpe non attribuibili a lui. Cercare di farlo sembra l’ultimo scherzo tragico del destino. E francamente, se posso permettermi, credo che le celebrazioni del decennale della morte siano per tanti motivi fuori luogo. Se tanta gente che oggi scrive libri e articoli avesse avuto un pizzico di pietà e di carità cristiana dal 1999 in poi forse oggi non celebreremmo la morte di Marco. E poi, se c’è qualcosa da celebrare davvero, semmai è la sua nascita. Campioni come lui non nascono tanto spesso e non possono bastare queste risposte alle vostre domande per raccontarlo e spiegare che cosa abbia rappresentato per me quel ballerino della bici, con gli occhi elettrici e insieme lucidi, come se in fondo da qualche parte avesse la consapevolezza del suo destino.



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Marco Pantani, la Procura riapre il caso e indaga per omicidio volontario

Dieci anni dopo la scomparsa del ciclista romagnolo, la Procura di Rimini accoglie le richieste della famiglia che si è sempre rifiutata di credere al suicidio. Dopo le ultime perizie, il pm ora crede ad un possibile omicidio.

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I dubbi verranno chiariti. Almeno questo è quello che si augura Tonina Belletti: già ribattezzata, dal popolo sportivo e dai tifosi del leggendario “Pirata”, “Madre coraggio”. Le sue istanze, supportate da ulteriori perizie di parte, hanno infatti convinto la Procura di Rimini ad avviare un’indagine bis per tentare di fare chiarezza sulle cause della scomparsa di Marco Pantani, avvenuta in quel maledetto residence di Rimini nel febbraio 2004. “Abbiamo appena ricevuto le carte presentate dai familiari e aperto un’indagine. E’ un atto dovuto quando arriva un esposto-denuncia per omicidio volontario. Leggeremo le carte, se ci sarà l’esigenza di indagini chiederemo al Gip”. A dare un po’ di conforto e speranza alla famiglia Pantani, è quindi arrivata la decisione del Procuratore Paolo Giovagnoli che, dopo aver analizzato le nuove perizie presentate dai legali, ha deciso di riaprire il caso ed indagare non più su una “morte accidentale per overdose“, ma bensì su un “omicidio con alterazione del cadavere e dei luoghi“. Le prove portate in Tribunale dal professore Avato, medico legale coinvolto dalla famiglia del ciclista, dimostrerebbero infatti come la grande quantità di cocaina rilevata nel corpo di Marco Pantani potesse essere ingerita soltanto se diluita con acqua. Una prova che, insieme alla perizia relativa alle ferite trovate sul corpo di Pantani, potrebbe davvero aprire scenari inquietanti e convincere la Procura che Pantani, in quel lontano 2004, fu ammazzato perchè costretto, con la forza, a bere cocaina.

Il messaggio su Facebook della madre - Mamma Tonina, che si è sempre opposta alla teoria del suicidio, avanzando il sospetto che Marco non fosse solo in quella camera d’albergo, ha dato la notizia a tutti i tifosi di Marco attraverso un post pubblicato su Facebook: “Sedici anni fa, il 2 agosto, Marco vinceva il Tour e quest’anno, a 10 anni della sua morte, mentre Cesenatico festeggiava la sua notte gialla non più dedicata a lui, vi do una notizia. A tutti i tifosi e a quelli che hanno creduto e voluto bene al mio Marco, il caso è aperto per omicidio“. Il fascicolo, ovviamente secretato, è ora in mano del pm Elisa Milocco. Dopo l’assoluzione di tre anni fa, del presunto pusher del ciclista di Cesenatico, al momento non ci sono persone indagate. Mamma Tonina e gli amici di Marco Pantani, attendono importanti novità nei prossimi giorni. Il momento della verità, potrebbe essere finalmente vicino!

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Tonina Pantani
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16 anni fa 2 agosto marco vinceva il tuor e quest anno ai 10 anni della sua morte mentre cesenatico festeggiava la sua notte gialla non piu dedicata a lui vi do ina notizia a tutti i tifosi e quelli che hanno creduto e voluto bene al mio marco il caso e aperto pet omicidio
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Morte Pantani, la nuova indagine

Pantani è stato ucciso? Tutti gli elementi del dossier che ha fatto riaprire il caso. La perizia medica del professor Avato che parla di assunzione forzata di cocaina. I tanti indizi che Pantani non fosse solo nella stanza. Le strane telefonate prima e dopo la scoperta del cadavere.

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“Io non mi sono più sentito sereno e ho finito per farmi del male”. Per dieci anni le indagini hanno spiegato così la morte di Pantani, con le parole del Pirata che ora campeggiano su una parete del museo a lui dedicato. Hanno concluso che si è lasciato morire di overdose di cocaina a San Valentino del 2004, hanno tralasciato incongruenze e lacune. Fino alla rilettura dell’avvocato Antonio De Rensis, ultimo tentativo di mamma Tonina di arrivare alla verità. De Rensis ha presentato al procuratore capo di Rimini Paolo Giovagnoli, che da pm a Bologna ha legato il suo nome alle indagini sul delitto di Marco Biagi, un corposo dossier corredato dalla perizia medico legale del professor Francesco Maria Avato, che nel 1990 ha svolto l’autopsia sul cadavere di Denis Bergamini. Giovagnoli ha riaperto il fascicolo per omicidio volontario contro ignoti e affidato l’indagine a Elisa Milocco, 33 anni, al primo incarico da pm, un magistrato giovane e lontano dalle possibili pressioni locali: una scelta che non sembra casuale. “Le carte parlano molto” ha detto De Rensis in un’intervista a Sky Sport. “Leggendole bene, la strada si illuminerà da sola”.

Gli ultimi giorni di Marco – Pantani arriva al residence Le Rose di Rimini il 9 febbraio 2004 dal Jolly Touring di Milano (curiosa coincidenza: era in hotel della stessa catena anche a Madonna di Campiglio il 5 giugno 1999, quando ha un po’ iniziato a morire). Si fa portare in taxi, paga 680 euro in contanti. Con lui ha 12 mila euro, che non verranno trovati nella stanza, e una “sportina” con il necessaire e dieci confezioni di psicofarmaci (tra cui l’ansiolitico Control, l’antidepressivo Surmontil e l’ipnotico sedativo Flunox). Vive praticamente da recluso quegli ultimi giorni. La sera del 13 febbraio Oliver Laghi, titolare del ristorante Rimini Key convenzionato con il residence Le Rose, gli porta in camera quello che sarà il suo ultimo pasto, un pasto da atleta: omelette al prosciutto e funghi e succo d’arancia. Secondo il racconto dell’addetto alla reception, alle 22 di quella sera incontra un uomo tra i 28 e i 30 anni, mal rasato e con una particolare inflessione dialettale: è Ciro Veneruso, il suo pusher, mandato da Fabio Miradossa, che aveva già fornito coca a Pantani almeno due volte nell’ultimo mese. Miradossa e Veneruso hanno patteggiato condanne rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e 3 anni e 10 mesi nel processo che li ha visti imputati insieme a Fabio Carlino, titolare della Angel’s Agency, agenzia di modelle e hostess di ogni genere dove lavoravano le ultime due compagne di Pantani, Cristina Jonsson e Elena Korovina.

Il giorno della morte – La mattina del 14 febbraio chiama prima la receptionist Lucia Dionigi, poi Laryssa, la donna delle pulizie, tra le 10.30 e le 10.50 chiedendo che telefonassero ai carabinieri. Ma non lo faranno. Perché? E Perché Pantani, che può telefonare all’esterno dalla sua camera non fa direttamente il 112? La camera D5 viene aperta solo alle 20.30, dal portiere Pietro Buccellato, allora uno studente di 25 anni che lavorava part-time nei weekend e a tempo pieno l’estate. Deve forzarla, perché è ostruita dall’interno. Da cosa? Buccellato parla di un cassettone, poi al processo contro Miradossa e Veneruso cambia versione e descrive un mobile per appendere gli abiti. Il proprietario del residence Sandro De Luigi racconta di un televisore e di un forno a microonde, la donna delle pulizie di un tavolo messo di traverso. Tre testimoni chiave si contraddicono su un dettaglio che è solo in apparenza marginale.

Le perizie mediche – A che ora è morto Marco Pantani? La dottoressa Marisa Nicolini del 118, che firma il certificato di decesso, la colloca tra le 14 e le 17. Giuseppe Fortuni, il medico che dieci anni prima ha esaminato il cadavere di Ayrton Senna, esegue l’autopsia e la anticipa tra le 11.30 e le 12.30. Ricalca le teorie formulate a caldo, descrive un’overdose: Pantani è morto per arresto cardiocircolatorio, con emorragia annessa, causata dalla cocaina. Non si sofferma molto sulle ferite (alla testa in tre diversi punti, sulla fronte, sul sopracciglio sinistro, sulla nuca, sul polso, sulle gambe), sostiene che Pantani se le sia procurate da solo mentre mette a soqquadro la stanza. Eppure, sottolinea Avato, rispetta scrupolosamente le prescrizioni e le dosi sui farmaci e ha le mani curatissime. Avato fissa il decesso tra le 10.45 e le 11.45, proprio a ridosso delle telefonate di aiuto, spiega che nel corpo di Pantani c’erano diverse decine di grammi di coca, che escludono l’assunzione volontaria. Ipotizza che sia stato costretto a berla disciolta nell’acqua, magari proprio nella bottiglia mai repertata sulla scena. Una parte potrebbe essere stata ingoiata mangiando palline simili a quelle, rigurgitate, trovate vicino al corpo. Avato analizza anche la consistenza dei polmoni e conclude che il cadavere è stato spostato. La perizia evidenzia anche nello stomaco di Pantani tracce di un modesto pasto non del tutto digerito ma quella mattina non risulta che abbia fatto colazione al residence: chi gliel’ha portato? Forse la stessa persona che ha lasciato nel cestino del bagno la carta di un noto gelato, peraltro mai esaminato? Tutti indizi che suggeriscono un’unica conclusione: qualcuno è entrato nella stanza prima delle 20.30 quando viene scoperto il cadavere di Pantani, in quel buco di 10 ore che i 55 giorni dell’indagine di 10 anni fa e le 700 ore di intercettazioni telefoniche non hanno illuminato.

Il video tagliato – Agli atti del processo contro i due spacciatori Fabio Miradossa e Ciro Veneruso c’è il video della Scientifica che comincia alle 22,45 del 14 febbraio e si conclude all’1,01 del 15 febbraio. Il “girato” però è di soli 51 minuti e termina prima dalla fine dell’ispezione. Chi ha effettuato i tagli e perché? Prima che l’operatore entri, cinque persone scendono dal soppalco: sono in borghese, senza camice né guanti. Nessuno esegue rilievi o prende le impronte digitali. Secondo quanto scrive Philip Brunel nel suo libro “Gli ultimi giorni di Marco Pantani”, è il coroner Toni che consiglia al giudice Gengarelli di non farle rilevare.

Disordine troppo ordinato – Le immagini mostrano una stanza devastata. Le sedie rivoltate, i materassi gettati a terra (uno è addirittura sventrato), oggetti sparpagliati ovunque. La tv è sul pavimento, lo specchio del bagno è staccato dal muro e i rivestimenti di legno sono divelti, il tubo del condizionatore è stato svitato con un cacciavite. C’è un lenzuolo bianco appeso a un montante del soppalco e il cavo della tv che penzola annodato in una posizione innaturale. Gli elettrodomestici e lo specchio, però, sono tutti dalla parte giusta, non hanno nemmeno un graffio. C’è cocaina sparsa ovunque: secondo la versione ufficiale, Pantani avrebbe speso così i 12 mila euro che aveva con sé. Gli investigatori raccolgono un sacchetto con sostanze brunastre, i conti del Bar Don Giovanni, dove Pantani non risulta sia mai entrato, e due contenitori unti di cibo cinese che Pantani non ha mai ordinato. Ma non daranno peso a questi elementi. Nella stanza, poi, si vedono tre giubbotti pesanti, compreso uno tecnico da sci che Pantani si era fatto recapitare a Milano ma non aveva con sé quando è arrivato al Le Rose. Come è finito nella stanza? Chi l’ha portato? A nessuno sembra interessare perché da subito, per tutti, quella è solo la morte solitaria di un campione annegato nell’abisso della droga. Non è un omicidio, non è un suicidio: è un’overdose accidentale.

La porta sul retro – L’ipotesi della colluttazione viene scartata perché, si sostiene, nessuno avrebbe potuto entrare nella stanza senza passare dalla reception, senza essere visto. In realtà dall’ingresso sul retro, sempre aperto, noto agli inquirenti dai primi giorni dell’indagine, si arrivava all’ascensore che serve il garage e tutti i piani del residence. Peccato che ora non si possano più fare i rilievi, perché l’hotel è stato completamente ricostruito e della vecchia struttura, di quella stanza, non resta più nulla.

Misteriose telefonate – La nuova indagine ripartirà anche dai tabulati telefonici del pomeriggio del 14 febbraio, da una triangolazione fittissima tra Fabio Miradossa, Ciro Veneruso e altri soggetti ancora da identificare. In quel febbrile giro di telefonate ce n’è anche una che parte dopo la scoperta del cadavere di Pantani, alle 20.52 di sabato 14 febbraio. Qualcuno dal residence Le Rose chiama per 41 secondi un imprenditore che in quel momento è in compagnia di Elena Korovina, proprio l’ultima compagna di Pantani, e conosce Miradossa e Veneruso. L’imprenditore racconta di uno scambio breve, quasi surreale. Ma 41 secondi sono tanti. Da qui l’inchiesta riparte, per provare finalmente a rispondere alle domande che da 10 anni non trovano soluzione: chi e perché ha ucciso Pantani? Chi e perché ha coperto l’assassino?



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Pantani, altro giallo: un fax cambia l'ora della morte

Il medico legale refertò il decesso tra le 11 e 12.30. Ma al pm disse anche le 17


Ancora mistero e sempre più fitto intorno alla morte di Marco Pantani il cui caso è stato riaperto dalla Procura di Rimini lo scorso agosto. La novità raccontata dal Corriere della Sera riguarda l'orario del decesso del ciclista. Il medico legale chiamato per il referto indicò l'ora della morte del campione azzurro tra le 11 e le 12:30 (orario confermato di recente). Al pm, però, lo stesso spiegò, tramite fax, che erano le 17.


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Ruota, quindi, tutto intorno a questo fax spedito 48 ore dopo la morte del "Pirata" e recante la dicitura "riversato e urgente". Già, perché su questo documento dimenticato tra le carte e indirizzato al magistrato Gengarelli, viene riportato: "Al termine dell'esame autoptico sulla salma, la informo che il decesso può datare attorno alle ore 17 del 14 febbraio 2004. Allo stato attuale delle indagini medico-legali, la causa può essere indicata in un collasso cardiocircolatorio terminale".
Nelle 240 pagine del rapporto finale si parla, però, delle 11,30-12-30. Insomma, una incongruenza che avvolge la vicenda intera di una nebbia fittissima. Altro "mistero" è quello del Rolex Daytona, indossato da Pantani e al quale lo stesso ciclista era molto legato. L'orologio era fermo alla cinque meno cinque. Gli esperti, però dicono che un modello così sofisticato, a carica automatica, si ferma solo dopo 50 ore o dopo un forte colpo.


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Caso-Pantani: un video inquietante e nuove verità
Davide Dezan: "Sono immagini sconvolgenti. La conferma che le prove sono state inquinate".


Sono trascorsi dieci anni e otto mesi dalla morte del Pirata. Ma il caso-Pantani è l'infinita ricerca di una verità troppo nascosta, per troppo tempo. Ora è il tempo di un video inedito che conferma la tesi dell'inquinamento delle prove. Così dice Davide Dezan, a corredo delle immagini "che sono inquietanti e aprono nuovi scenari". In onda a SportMediaset delle 13, ecco il resoconto di questa ennesima tappa di una morte che (forse) non è stata suicidio e nemmeno casuale: mamma e papà Pantani, non si sono mai arresi.


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Ed ecco le parole di Dezan e del generale Garofalo, capo dei Ris di Parma dal 1995 al 2009.
Dezan: "Entriamo nella stanza di Pantani, il 14 febbraio 2004. Ci sono persone che camminano dove è morto il Pirata: senza guanti, senza nessuna protezione e toccano un po' di tutto. Entriamo nella camera da letto, c'è la bottiglia che non è mai stata presa in esame e che potrebbe essere servita per far ingerire a Marco -come si suppone- la quantità letale di cocaina. Il medico legale chiede di prenderla in esame, gli dicono di non toccarla. Poi un rumore di posate, che cadono a terra".
Gen. Garofalo: "Sono immagini che dimostrano purtroppo come ci sia stata poca attenzione nell'entrare sulla scena".
Dezan: "Il medico legale chiede di poter toccare la bottiglia. Non gli viene permesso".
Gen. Garofalo: "Il medico che vuole toccare un oggetto senza guanti, mi preoccupa, significa avere poca attenzione a non contaminare la scena. Non gli è stato consentito. Ma ancor di più è sconvolgente che quella bottiglia non sia mai stata presa in esame per eventuali impronte o per esaminare tracce di Dna".
Dezan: "Il filmato dura 51 minuti su 3 ore di perlustrazione. Cosa si può pensare?".
Gen. Garofalo: "Purtroppo il fatto prevelente e che le vostre immagini documentano, è che gli investigatori istituzionali sono entrati senza nela stanza dove è morto Pantani senza alcun tipo di protezione, senza precauzioni, e la scena del crimine risulta a quel punto compromessa".


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Pantani, il mistero del lavandino
Un testimone: "Era divelto nel soggiorno". Ma nei filmati è tornato al suo posto...

di DAVIDE DEZAN


Come in un film giallo il mistero sulla morte di Pantani continua. L'ultimo colpo di scena riguarda una testimonianza, già resa durante le indagini difensive condotte dall'avvocato De Rensis, e ribadita pochi giorni fa alla polizia giudiziaria. Un testimone racconta di essere entrato nell'appartamento di Pantani, la sera della sua morte, verso le ore 21 o poco prima, e di essere rimasto colpito dalla presenza di un lavandino divelto e buttato in mezzo alla stanza.


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Un'immagine particolare, sotto ogni punto di vista, che rimane impressa a fuoco nella mente di quel testimone anche a distanza di anni. Un lavandino in mezzo al soggiorno!

I misteri però non finiscono qui, perché dalle immagini che vediamo - estratte dal video ufficiale della Polizia - quel lavandino, poco più tardi, ritorna miracolosamente al suo posto. Per la rubrica: "I particolari assurdi di quella notte non finiscono mai".

Chi ha rimesso dunque quel lavandino di nuovo nel bagno, contaminando la scena del crimine? E' quello che cercheranno di scoprire i protagonisti della nuova indagine aperta ad agosto. L'altro particolare curioso, emerso da questo episodio, riguarda invece gli investigatori della prima inchiesta giudiziaria. Come mai in quegli interrogatori non è mai emerso il particolare del lavandino misterioso? La risposta è semplice: "Nessuno me l'ha mai chiesto", ha riferito il testimone.

Una risposta che aggiunge un elemento in più sul modo nel quale quegli interrogari all'epoca si sono svolti. Tra tanti dubbi, l'unica certezza è che, in quella scena del crimine, nulla è ciò che sembra.


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view post Posted on 17/10/2014, 10:50
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Pantani, nuova inchiesta. Le scommesse della camorra dietro lo stop al Giro 1999
Il procuratore di Forlì Sergio Sottani ha aperto una nuova inchiesta per fare luce su quanto accadde il 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio, quando Marco Pantani venne sospeso mentre stava vincendo il Giro d'Italia per valori ematici fuori regola.


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Ci sono dettagli sulla morte di Marco Pantani, scomparso il 14 febbraio del 2004 in un residence di Rimini, che per 10 anni sono stati praticamente ignorati dagli inquirenti. Ma ce ne sono anche molti altri di quando il Pirata era vivo che a lungo non sono stati presi in considerazione e che, invece, potrebbero rivelarsi determinanti ai fini della risoluzione di un “giallo” che ha attraversato la storia dello sport e commosso gli italiani. Il Procuratore di Forlì Sergio Sottani ha infatti deciso di aprire un nuovo fascicolo di inchiesta sulla scomparsa del campione romagnolo, partendo però da molto lontano: da una data – quella del 5 giugno del 1999 – dagli appassionati di ciclismo considerata l’inizio della fine di Pantani. Quel giorno il Pirata, in maglia rosa, venne sottoposto a un controllo di routine nella penultima tappa del Giro d’Italia, a Madonna di Campiglio. Malgrado la sera prima – e tutte le altre precedenti – i suoi valori ematici fossero regolari quella mattina gli venne riscontrata un’anomalia: ematocrito alto, sangue troppo denso. Nessuna prova dell’uso di sostanze dopanti, ma il Pirata venne ugualmente sospeso in via cautelare. Quel giorno iniziò lentamente a morire. Ma quel giorno, secondo il procuratore Sottani – qualcuno avrebbe potuto manipolare il risultato del controllo.

Il racconto di Vallanzasca: “Un detenuto mi suggerì di scommettere che Pantani non avrebbe vinto il Giro d’Italia”

Nei prossimi giorni verrà interrogato sulla vicenda persino Renato Vallanzasca. Cosa c’entra il rapinatore con Marco Pantani? In realtà le cronache ne hanno sempre scritto. Pochi giorni prima della fine del Giro d’Italia il criminale venne avvicinato da un detenuto in carcere. Vallanzasca racconterà in una lettera a Tonina Pantani:

Non sapevo e neppure ora so cosa sia successo di preciso: quel che è certo è che quattro o cinque giorni prima che fermassero Marco a Madonna di Campiglio, mi avvicinò un amico, anche se forse lo dovrei definire solo un conoscente, che mi disse: “Renato, so che sei un bravo ragazzo e che sei in galera da un sacco di tempo… per questo mi sento di farti un favore”. Ero in vero un po’ sconcertato ma lo lasciai parlare… “Hai qualche milione da buttare?… Se si, puntalo sul vincitore del Giro!… Non so chi vincerà… ma sicuramente non sarà Pantani!…”… Da un lato ero certo che nessuno avrebbe mai pensato di potermi fare uno spiacevole scherzo… ma dall’altro vedevo Marco che viaggiava troppo forte!
Glielo feci presente dicendogli testualmente “Per non farlo arrivare a Milano in Rosa, gli possono solo sparare…” e Lui continuò dicendo: “Senti Renato, non so come, ma il giro Non lo Vincerà Sicuramente Lui!”. Sapevo chi era e quali erano le sue frequentazioni a livello di scommesse clandestine e così la presi per buona, anche se non avrei comunque scommesso perché non sono uno scommettitore… ma anche volendo, non avevo disponibile una cifra così consistente da cambiarmi la vita…”.


L’ombra delle scommesse clandestine dietro la sospensione dal Giro d’Italia 1999

Il racconto di Vallanzasca era noto da anni, eppure l’ipotesi che dietro quella sospensione per ematocrito alto alla vigilia del termine del Giro d’Italia non sfiorò mai gli inquirenti. Stavolta, invece, quegli strani “consigli” in carcere verranno presi in considerazione. Già nel 2008 Vittorio Savini, storico capo dei tifosi di Pantani, raccontò di “aver ricevuto telefonate da persone che minacciavano di sparare a Marco pur di fermarlo durante il Giro, gli dissero che non sarebbe mai arrivato a Milano”. Tonina – madre di Marco – raccontò che Savini “non ha mai fatto i nomi per paura che gli dessero fuoco all’officina”.

Provette manipolate per alterare il risultato?

Insomma, dietro la sospensione del Pirata potrebbe esserci un giro di scommesse clandestine: è su questa ipotesi che ora la Procura di Forlì sta indagando. Sergio Sottani ha ascoltata la mamma del Pirata che, assistita dall’avvocato Antonio De Rensis, ha ottenuto la riapertura del caso. Successivamente sono stati convocati anche medici e altri personaggi “vicini” a Pantani che avrebbero confermato le anomalie di quel 5 giugno a Madonna di Campiglio. In un’intervista rilasciata a Fanpage il giornalista e scrittore Enzo Vicennati aveva anticipato una di quelle anomalie: “Gli ispettori arrivarono nel suo hotel più tardi del solito: se Marco avesse voluto invalidare il controllo gli sarebbe bastato fare colazione; invece aveva la coscienza pulita e si sottopose al prelievo (che, per regola, va fatto a stomaco vuoto, ndr). Chi era presente nella stanza dove venne effettuato il controllo racconta che un ispettore era particolarmente nervoso e si affrettò a far riconoscere a Marco solo una delle due provette. Inoltre pare che venne esaminato solo il sangue di una provetta (l’altra, venne detto, era rotta): ciò rappresentava una violazione del regolamento, che prevede che venga analizzato il sangue di due provette”. Infine c’è lo strano andamento dell’ematocrito di Marco Pantani: la sera prima del controllo era a 48 punti percentuali, cioè perfettamente in regola. Il test degli ispettori fece registrare 51,9, quanto bastava per sospendere il Pirata che però quella sera, rientrando a Imola, effettuò nuovamente il controllo: l’ematocrito era nuovamente a 48.

Intorno a questi elementi la Procura di Forlì sta indagando: l’ipotesi di reato è associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva e il timore è che a muovere i fili sia stato un clan camorristico.



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Morte Pantani: Renato Vallanzasca interrogato in carcere dai carabinieri

Il pluriergastolano Renato Vallanzasca è stato interrogato come testimone. L'uomo aveva rivelato un presunto giro di scommesse clandestine intorno alla sconfitta di Marco Pantani al Giro d'Italia 1999.

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Renato Vallanzasca, ex boss della malavita milanese, è stato sentito come testimone dai carabinieri nell’ambito della nuova inchiesta sulla morte di Marco Pantani. Il pluriergastolano, capo della banda della Comasina, ha risposto a tutte le domande poste dai militari, che lo hanno interrogato su delega del pm Sergio Sottani, che ha riaperto il caso sul presunto complotto per far perdere il Giro d’Italia del 1999 al Pirata, alterandone le analisi del sangue nel controllo effettuato la mattina del 5 giugno a Madonna di Campiglio. Quel che trapela dal fitto riserbo che circonda l’indagine è che gli inquirenti stanno cercando conferme alle dichiarazioni rilasciate anni fa da Vallanzasca. Il criminale raccontò di essere stato avvicinato da un altro detenuto all’interno del carcere di Opera, a Milano: l’uomo, presunto membro di un clan camorristico, gli avrebbe suggerito di scommettere sulla sconfitta di Pantani al Giro d’Italia 1999: sconfitta improbabile perché alla penultima tappa il Pirata indossava la maglia rosa con un margine rassicurante su tutti i rivali: “‘Non mi permetterei mai di darti una storta. Non so come, ma il pelatino non finisce la gara” disse il presunto camorrista. In effetti Pantani venne sospeso la mattina del 5 giugno 1999: un controllo di routine rivelò che il suo sangue era troppo denso e l’ematocrito raggiungeva il 51,9%. Solo la sera prima il pirata aveva riscontrato un valore del 48%. Lo stesso valore sarebbe stato registrato il pomeriggio del 5 giugno a Imola, quando ormai il Pirata era di ritorno nella sua Cesenatico.

Ma cosa c’entra il “bel René”, come era soprannominato Vallanzasca, con il campione Marco Pantani? Vallanzasca lo racconterà in una lettera inviata nel 2008 a Tonina Pantani, madre di Marco:

Non sapevo e neppure ora so cosa sia successo di preciso: quel che è certo è che quattro o cinque giorni prima che fermassero Marco a Madonna di Campiglio, mi avvicinò un amico, anche se forse lo dovrei definire solo un conoscente, che mi disse: “Renato, so che sei un bravo ragazzo e che sei in galera da un sacco di tempo… per questo mi sento di farti un favore”. Ero in vero un po’ sconcertato ma lo lasciai parlare… “Hai qualche milione da buttare?… Se si, puntalo sul vincitore del Giro!… Non so chi vincerà… ma sicuramente non sarà Pantani!…”… Da un lato ero certo che nessuno avrebbe mai pensato di potermi fare uno spiacevole scherzo… ma dall’altro vedevo Marco che viaggiava troppo forte!
Glielo feci presente dicendogli testualmente “Per non farlo arrivare a Milano in Rosa, gli possono solo sparare…” e Lui continuò dicendo: “Senti Renato, non so come, ma il giro Non lo Vincerà Sicuramente Lui!”. Sapevo chi era e quali erano le sue frequentazioni a livello di scommesse clandestine e così la presi per buona, anche se non avrei comunque scommesso perché non sono uno scommettitore… ma anche volendo, non avevo disponibile una cifra così consistente da cambiarmi la vita…”.

L’ipotesi su cui indaga la Procura di Forlì è che dietro la sospensione del Pirata possa esserci un giro di scommesse clandestine. I reato ipotizzato è quello di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva e il timore è che a muovere i fili sia stato un clan camorristico.



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Giro '99: il processo sportivo potrebbe ridare il titolo a Marco Pantani

La Mercatone Uno ha dato l'incarico a un avvocato: l'obiettivo è quello di verificare se il risultato finale sia stato illegittimamente alterato

di ALBERTO CATALANO


Il 2 agosto 2014 è cambiato tutto. E' servita l'infinita (e commovente) ostinazione dei familiari di Marco Pantani e il lavoro del loro legale, Antonio De Rensis, ma alla fine la Procura della Repubblica di Rimini ha riaperto le indagini sulla morte del ciclista con l'ipotesi di reato di omicidio volontario. Parallelamente, la procura di Forlì ha aperto un fascicolo a carico d'ignoti sull'esclusione subìta da Marco il 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio, durante il Giro d'Italia che gli avrebbe certamente "regalato" il secondo successo consecutivo "in rosa". Adesso, per gli amanti del Marco-atleta ancor più del Marco-uomo, si profila un possibile "miracolo", ovvero che a Pantani venga assegnato quel Giro d'Italia, poi vinto da Ivan Gotti davanti a Paolo Savoldelli e Gilberto Simoni. Il presidente della Mercatone Uno (il team per cui correva il Pirata, ndr) Romano Cenni, infatti, si è rivolto all'avvocato Marco Baroncini conferendogli il mandato affinché, da un punto di vista esclusivamente sportivo, possa essere riassegnato il Giro d’Italia del 1999 in primis a Marco Pantani come corridore e, quindi, alla Mercatone Uno come squadra.


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Avvocato Baroncini, diciamolo subito: lei ha preso questo incarico perché convinto che debba emergere una verità nascosta per dieci anni?

Sono assolutamente convinto del fatto che Marco Pantani non debba essere "riabilitato", poiché si riabilita chi ha commesso un illecito; invece deve essere giustamente qualificato come uno dei più grandi ciclisti italiani e atleta di tutti i tempi.

Marco quel Giro lo stava dominando e sapeva bene che tutti i primi dieci in classifica sarebbero stati sottoposti a un controllo ogni mattina nell'ultima settimana di gara: è più facile pensare a un complotto, a un errore o ad altre ipotesi?

Non posso dire se si fosse trattato di un complotto, di un errore o di altre ipotesi, quello di cui sono certo è che stanno emergendo elementi nuovi che, uniti a quelli già valutati, dimostrano che la decisione adottata nei confronti di Marco Pantani e, di conseguenza, della squadra Mercatone Uno, debba essere modificata e revisionata, secondo i presupposti e i criteri previsti, in questo senso, dall’art. 37 delle Norme Sportive Antidoping del Coni che disciplina il giudizio di revisione.

La Mercatone Uno cosa vuole ottenere?

Come detto, la Mercatone Uno e, in particolare, il suo presidente, Romano Cenni, vorrebbero unicamente che a Pantani venisse ridato ciò che gli è stato ingiustamente tolto, così come a tutta la squadra.

Ci sono precedenti in materia? I meno esperti si ricordano soprattutto la medaglia d'oro assegnata a Carl Lewis dopo la squalifica di Ben Johnson e lo scudetto assegnato all'Inter dopo la retrocessione della Juventus.

A parte la considerazione prettamente giuridica per cui il settimo comma dell’articolo appena citato prevede espressamente che se, a seguito del giudizio di revisione, ai soggetti ingiustamente sanzionati debbano essere restituiti "i titoli sportivi, i premi e le somme eventualmente versate quali sanzioni economiche", a parte questa considerazione - dicevamo - l’ipotesi per cui la Procura di Forlì sta procedendo è quella della frode in competizione sportiva, ossia dell’alterazione del risultato finale della competizione stessa ed è, pertanto, logico, che il risultato sportivo, nel vero senso della parola, debba essere ancorato al momento in cui tale alterazione non si fosse ancora verificata. Per intenderci, alla tappa in cui Marco Pantani, ingiustamente escluso, era ancora concorrente del Giro d’Italia del 1999, ossia quella di Madonna di Campiglio, così rideterminando la Classifica Finale sino a quel traguardo e non a quello successivo e "alterato" di Milano. Per quanto concerne i precedenti, ve ne è uno abbastanza recente che riguarda il Campionato Italiano Rally in cui una vettura, in testa alla classifica sino alla terz’ultima prova, si trovò nel corso di quella successiva una fila di chiodi deliberatamente posti sull’asfalto e, così, dovette abbandonare la corsa a seguito dell’inevitabile foratura. Accertato il fatto con riproduzioni fotografiche e, di conseguenza, sollecitato il Comitato Esecutivo della Federazione Automobilistica, questo Organo decise di determinare la Classifica Finale sino alla prova in questione e, quindi, premiare come vincitore l’equipaggio della vettura in questione.

Quale sarà l'iter del procedimento sportivo?

Raccogliere quegli elementi e quelle prove nuove e sopravvenute che, come tali, giustifichino e fondino la richiesta di revisione ex art. 37 delle Norme Sportive Antidoping del Coni.

Ha in mano carte al momento sconosciute alla stampa e, soprattutto, alle autorità competenti?
Non se la prenda, ma in questo momento non posso risponderle.

Impossibile non chiederle se pensa che Vallanzasca possa essere il teste chiave di questa indagine.
Anche la testimonianza, in questo caso quella di Vallanzasca, è una prova nuova e sopravvenuta che, se valutata unitamente alle altre risultanze, può portare alla modifica della decisione di esclusione dal Giro d’Italia del ’99 di Marco Pantani.

E' possibile immaginare qualche tempistica del processo sportivo?

Il processo sportivo è sicuramente molto rapido, se non rapidissimo, dal momento in cui si presenta la richiesta di revisione che non deve necessariamente attendere l’esito del processo penale o, quantomeno, le determinazioni del Pubblico Ministero nell’esercizio dell’azione penale.

Ha già avuto modo di parlare con la famiglia di Marco?

Non personalmente, ma per il tramite dell’Avvocato De Rensis, dando il mio sostegno e, soprattutto, quello del Presidente Cenni, a tutto quello che stanno facendo per la ricerca della verità.

Ed è possibile che il processo sportivo vada di pari passo con quello penale? Ci sarà sinergia con l'avvocato De Rensis?

L’Avvocato De Rensis ha fatto sicuramente un grandissimo lavoro senza il quale non saremmo altrettanto certamente a questo punto. Il mio impegno sarà quello di affiancarlo a margine, con l’unico scopo di perseguire la revisione del procedimento disciplinare e, quindi, di giungere al “traguardo” della riassegnazione del Giro a Marco Pantani e alla squadra di Mercatone Uno.


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Caso-Pantani: reperti distrutti e altre coincidenze strane

I reperti anatomici sono spariti. Dicono: lo prevede il Codice. Anche il filmato della Polizia cancellato. Poi una copia...


Sono stati distrutti i reperti anatomici prelevati durante l'autopsia sul corpo di Marco Pantani e depositati all'Ufficio corpo del reato dal medico legale, il professor Giuseppe Fortuni, che 10 anni fa, su ordine della Procura della Repubblica di Rimini, effettuò l'esame sul cadavere.
Dunque, non esistono più quei reperti anatomici, parti di tessuti prelevati dalla salma e fissati su vetrini o in blocchi di paraffina, sui quali furono effettuati i test di laboratorio nelle settimane successive al 14 febbraio del 2004, quando Marco Pantani fu ritrovato cadavere in una camera del residence "le Rose" di Rimini.


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"La distruzione dei reperti anatomici - precisano dalla Procura di Rimini - è prevista dal codice di procedura penale quando il processo è terminato. Così come in questo caso, si è arrivati dopo 10 anni ad una sentenza di Cassazione". Per gli inquirenti vista l'intenzione della famiglia di presentare l'esposto, lavoro lungo e meticoloso, si sarebbe potuto anche chiedere la conservazione di quei reperti anatomici in tempi utili.
E' singolare che ciò sia avvenuto negli ultimi mesi, nonostante la sentenza della Cassazione sia del 2011, e proprio nel momento in cui la famiglia di Pantani, supportata dall'avvocato De Rensis, ha fatto di tutto per riaprire l'inchiesta, come è accaduto, ipotizzando l'omicidio del Pirata.
Di più. Sempre negli ultimi tempi, risulta sia stato cancellato il video di 51 minuti prodotto dalla Polizia nell'appartamento di Pantani. L'avvocato De Rensis però aveva provveduto a produrne una copia.
I misteri e le strane coincidenze sulla morte di Pantani, come si vede, si alimentano settimana dopo settimana. Con inquietante puntualità.


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