Malattia di Creutzfeldt-Jakob - Malattia da Prione

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view post Posted on 26/7/2011, 14:01
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Malattia di Creutzfeldt-Jakob

La malattia di Creutzfeldt-Jakob (o CJD) è una forma di danno cerebrale che porta ad una rapida diminuzione della funzione mentale e del movimento.
CAUSE: La malattia si ritiene derivi da una proteina chiamata prione e porta le proteine normali a comportarsi in modo anomalo. Questo influisce sulla capacità delle altre proteine di funzionare. Ci sono diversi tipi di CJD. La malattia è molto rara, si verifica in circa un caso su un milione. Di solito appare tra i 20 e i 70 anni, con un’età media di insorgenza dei sintomi intorno ai 50. I vari tipi possono essere raggruppati in classiche o nuove variante della malattia. I tipi classici sono:

Malattia di Creutzfeldt-Jakob sporadica, che costituisce la maggioranza dei casi. Essa si verifica per nessuna ragione conosciuta, con un’età media di insorgenza di 65 anni;

Malattia di Creutzfeldt-Jakob familiare quando una persona ha ereditato il prione anormale (rara).

La versione classica non è correlata alla malattia della mucca pazza (encefalite spongiforme bovina), tuttavia, la nuova variante (vCJD) è una forma infettiva che è legata al morbo della mucca pazza. L’infezione responsabile della malattia nei bovini si crede che sia la stessa responsabile per la vCJD nell’uomo.

Una nuova variante di CJD appare in meno dell’1% dei casi e tende a colpire i più giovani. Può sorgere dopo l’esposizione a prodotti contaminati, dopo trapianti di cornea da donatori infetti, e da elettrodi contaminati che sono stati utilizzati nella chirurgia cerebrale (molto rara visto che ora gli strumenti vengono disinfettati).

La CJD può essere correlata a diverse altre malattie che si pensa siano causate dai prioni, come la kuru (osservata in Nuova Guinea nelle donne che mangiavano il cervello dei parenti defunti come parte di un rituale funerario), la scrapie (negli ovini), malattia del deperimento cronico (nei cervi), ed altre malattie rare umane, come la malattia di Gerstmann-Straussler-Scheinker e l’insonnia fatale familiare.

SINTOMI: I più comuni sono:
Rapido sviluppo del delirio o della demenza (nel corso di alcune settimane o mesi);
Vista offuscata (a volte);
Difficoltà di deambulazione;
Allucinazioni;
Mancanza di coordinamento (ad esempio, inciampare e cadere facilmente);
Contrazioni muscolari;
Rigidità muscolare;
Spasmi mioclonici o convulsioni;
Nervosismo;
Cambiamenti della personalità;
Profonda confusione, disorientamento;
Sonnolenza;
Disturbi del linguaggio.
La CJD è raramente confusa con altri tipi di demenza (come il morbo di Alzheimer), poiché il progresso dei suoi sintomi è molto più rapido. Entrambe le forme di MCJ si distinguono per la rapida progressione verso la disabilità e la morte.

DIAGNOSI: All’inizio della malattia, un esame neurologico e mentale mostrerà problemi di memoria e le variazioni nelle altre funzioni mentali. Più tardi nel corso della malattia, altri esami mostreranno contrazioni muscolari e lo spasmo, eccessi nei riflessi e un aumento del tono muscolare. Ci possono essere anche debolezza e perdita di tessuto mucolare (atrofia muscolare) e riflessi anomali o aumentata risposte ai riflessi.


Vi è perdita di coordinazione in materia di cambiamento della percezione visuo-spaziale e cambiamenti nel cervelletto, l’area del cervello che controlla la coordinazione (atassia cerebellare). Un esame degli occhi mostra aree di cecità che la persona può non rendersi conto che siano presenti. I test usati per diagnosticare questa condizione possono comprendere:

Risonanza Magnetica cerebrale;
EEG (elettroencefalografia);
Puntura spinale;

Esami del sangue per escludere altre forme di demenza e per cercare i marcatori che a volte accompagnano la malattia.
In definitiva, la malattia può essere confermata solo dalla biopsia cerebrale o un’autopsia.

TERAPIA: Non esiste una cura conosciuta. Interleuchine e altri farmaci possono essere utilizzati in un tentativo di rallentare la progressione della malattia. L’assistenza può essere richiesta nelle prime fasi del decorso della malattia. I farmaci possono essere necessari per controllare i comportamenti aggressivi. Un ambiente sicuro, il controllo del comportamento aggressivo o agitato, e l’assistenza per le esigenze fisiologiche possono richiedere un monitoraggio costante. La consulenza familiare può aiutare a far fronte alle modifiche necessarie per l’assistenza domiciliare.

Come per le altre malattie che causano demenza, la modifica del comportamento può essere utile, in alcuni casi, per il controllo dei comportamenti inaccettabili e pericolosi. Questo consiste con il premiare i comportamenti adeguati o positivi e ignorando i comportamenti inappropriati (nei limiti della sicurezza).

PROGNOSI: Il risultato è solitamente molto scarso. Entro 6 mesi dalla comparsa dei sintomi, la persona diventa non autosufficiente. La malattia è fatale in breve tempo, di solito entro 8 mesi, ma poche persone sopravvivono più a lungo di 1 o 2 anni dopo la diagnosi. La causa della morte è di solito l’infezione, insufficienza cardiaca, o insufficienza respiratoria. Possibili complicazioni possono essere:

Infezione;
Insufficienza cardiaca;
Insufficienza respiratoria;
Perdita della capacità di funzionamento o nella cura di sé stessi;
Perdita della capacità di interagire con gli altri;
Morte.

La malattia non è una emergenza medica, ma la diagnosi precoce e il trattamento dei sintomi possono renderla più facile da controllare.

PREVENZIONE: Le apparecchiature mediche sterilizzate distruggono gli organismi che possono causare la malattia. Le persone che hanno una storia medica di diagnosi o possibilità di aver contratto la malattia, non possono donare la cornea. La maggior parte dei Paesi ora ha severe linee guida per la gestione dei bovini infetti e restrizioni severe per quanto riguarda la loro alimentazione, per evitare il rischio di trasmissione della CJD agli esseri umani.

[Fonte: Ny Times]

Per ulteriori informazioni rivolgersi al proprio medico. Le informazioni fornite su MedicinaLive sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo, e non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari.



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Edited by marisa56 - 15/5/2016, 17:48
 
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view post Posted on 11/11/2012, 13:43
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Un marker per la malattia di Creutzfeldt-Jakob

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LA metodica è basata sulla misurazione dei livelli di trasferrina nel liquido cerebrospinale.
Il primo biomarker specifico per la malattia di Creutzfeldt-Jakob sporadica (sCJD) – la variante umane del morbo della mucca pazza – è stato messo a punto dai ricercatori della Case Western Reserve University.

Il risultato, pubblicato sull’ultimo numero di PLoS ONE, costituisce una base per lo sviluppo di un nuovo test diagnostico per la sCJD, la cui diagnosi è finora stata limitata alla biopsia post mortem.
Nel loro studio Neena Singh, professore associato di anatomia-patologica della facoltà di medicina della Case Western Reserve University, e colleghi hanno trovato che la trasferrina (Tf), una proteina deputata al trasporto del ferro, subisce una significativa diminuzione di concentrazione nel liquido cerebrospinale di pazienti con CJD ben prima dell’esordio della patologia, aprendo la strada a una potenziale diagnosi precoce.
Nel corso dello studio, sono stati misurati i livelli di Tf nel liquido cerebrospinale raccolto nell’arco di un periodo fino a 24 mesi prima della morte di 99 casi confermati di sCJD e di 74 casi di demenza non collegata alla CJD, rilevando così una diminuzione dei livelli di Tf nei primi rispetto ai secondi.
Ulteriori test hanno evidenziato che la misurazione di questo singolo parametro è in grado di identificare la malattia con una sensibilità dell’85 per cento, una specificità de 72 per cento e un’accuratezza dell’80 per cento.
“La diminuzione dei livelli di Tf è abbastanza significativa per distinguere la sCJD dalla demenza di origine diversa con un’accuratezza dell’80 per cento”, ha spiegato la Singh. “Se combinato con il biomarker non specifico T-tau, l’accuratezza diagnostica aumenta dell’86 per cento: ciò suggerisce che i due marker siano legati a processi tra loro separati, e per quanto riguarda la diagnosi siano complementari”.
La diminuzione della concentrazione di Tf nel liquido cerebrospinale – ha concluso il ricercatore – riflette lo squilibrio nel metabolismo di ferro nel cervello che è associato alla sCJD ed essendo parte del processo patologico ed è quindi probabilmente il più preciso indicatore diagnostico finora disponibile”.


Diminuzione CSF transferrina in sCJD: un potenziale di pre-Mortem Diagnostico per le Malattie da prioni



Creutzfeldt-Jakob sporadica della malattia (sCJD) è una condizione neurodegenerativa letale che sfugge rilevazione fino autopsia. Recentemente, il ferro cervello dyshomeostasis accompagnata da un aumento della transferrina (Tf) è stato riportato sCJD casi. La conseguenza di questa anomalia su cerebrospinale-liquido (CSF) livelli di Tf è incerto. Abbiamo valutato l'accuratezza della CSF Tf, un biomarker 'nuovo', come un test pre-mortem di diagnostica sCJD quando usato da solo o in combinazione con la 'corrente' biomarker totale-tau (T-tau). I livelli di totale-Tf (T-Tf), isoforme della Tf (Tf-1 e β2-Tf), e la saturazione del ferro del TF sono stati quantificati nel liquido cerebrospinale raccolti 0,3-36 mesi prima della morte (durata) da 99 autopsia ha confermato sCJD (CJD + ) e 75 casi confermati di demenza di origine non-Jakob (CJD-). accuratezza diagnostica è stata stimata dal test non parametrici, regressione logistica, e le caratteristiche operative del ricevente (ROC) analisi. Area sotto la curva ROC (AUC), sensibilità, specificità, positivi e valori predittivi negativi (PV), e le percentuali di probabilità (LR) di ogni combinazione di biomarcatori e biomarker sono stati calcolati. Si segnala che rispetto al-MCJ, CJD + casi erano mediana inferiore CSF T-Tf (125,7093 vs 217,7893) e superiore di T-tau (11.530 vs 1266) valori. AUC è stato 0,90 (intervallo di confidenza al 95% (CI), 0,85-0,94) per T-Tf, e 0,93 (95% CI, 0,89-0,97) per T-Tf combinato con T-tau. Con il cut-off definito di raggiungere una sensibilità di ~ 85%, T-Tf identificato CJD + casi con una specificità del 71,6% (95% CI, 59,1-81,7), LR positivo di 3,0 (IC 95% 2,1-4,5), LR negativo di 0,2 (IC 95% 0,1-0,3), e la precisione del 80,1%. L'effetto di età del paziente e la durata è stata insignificante. T-Tf combinato con T-tau identificato CJD + con specificità migliorata del 87,5% (95% CI, 76,3-94,1), LR positivo di 6,8 (IC 95% 3,5-13,1), la LR negativo di 0,2 (95% CI, 0,1 -0,3), positivo-PV del 91,0%, negativo-PV del 80,0%, e la precisione del 86,2%. Così, CSF T-Tf, un nuovo biomarcatore, quando combinato con l'attuale biomarker T-tau, è un affidabile test di pre-mortem di diagnostica sCJD.


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I prioni sono trasmissibili per via aerea



N MINUTO DI ESPOSIZIONE AD UN AEROSOL CON PRIONI È SUFFICIENTE PER PROVOCARE LA MALATTIA: SEMBRA CHE SI TRASFERISCANO DALLE VIE RESPIRATORIE E COLONIZZINO DIRETTAMENTE IL CERVELLO



Alcuni ricercatori tedeschi e svizzeri hanno scoperto che i prioni, gli agenti infettivi che provocano la malattia di Creutzfeldt-Jakob (MCJ) e l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE o malattia della "mucca pazza"), sono trasmissibili per via aerea. I risultati, presentati sulla rivista PLoS Pathogens, potrebbero portare allo sviluppo di nuove misure difensive da applicarsi da parte di scienziati ed esperti di animali. Lo studio è stato in parte finanziato dai progetti dell'UE ANTEPRION e PRIORITY.

I ricercatori sanno già da qualche tempo che i prioni sono trasmissibili attraverso strumenti chirurgici contaminati, cibo, latte, saliva, feci, urina e trasfusioni di sangue, anche se queste ultime solo in casi rari. Non si sapeva però se i prioni potessero essere trasmessi attraverso l'aria.

Gli scienziati dell'Università di Zurigo in Svizzera e dell'Istituto di immunologia, Friedrich-Loaffer-Institut, Tübingen in Germania hanno testato topi immunodeficienti e immunocompetenti per determinare se fossero suscettibili a prioni trasportati dall'aria.

Hanno messo i topi in speciali camere di inalazione e li hanno esposti ad aerosol contenenti prioni, il che ha avuto come risultato la malattia. Hanno scoperto che appena 1 minuto di esposizione agli aerosol era sufficiente per provocare la malattia in ciascun soggetto.

Inoltre più a lungo rimanevano esposti agli aerosol più velocemente comparivano i primi sintomi.

La ricerca da loro condotta dimostra che i prioni possono essere trasportati dall'aria. Secondo i ricercatori sembra che i prioni si trasferiscano dalle vie respiratorie e colonizzino direttamente il cervello, aggiungono che una serie di difetti del sistema immunitario ha impedito la prevenzione dell'infezione. "Un sistema immunitario funzionalmente intatto non è strettamente necessario per l'infezione aerogenica da prioni," scrivono gli autori dello studio.

Il team ha sottolineato che i prioni sono responsabili dell'epidemia della malattia della mucca pazza che ha paralizzato l'industria della carne bovina britannica nei primi anni 1990. Oltre 280.000 mucche sono morte di BSE. La trasmissione della BSE agli esseri umani, che può verificarsi quando una persona consuma cibo derivato da mucche infette con BSE, provoca la variante umana, cioè la malattia di Creutzfeldt-Jakob (MCJ), caratterizzata da un progressivo e invariabilmente letale cedimento delle cellule del cervello. Quasi 300 persone sono morte dopo aver mangiato cibi prodotti a partire da mucche infettate con BSE.

I ricercatori sostengono che le misure precauzionali contro le infezioni da prioni nei laboratori scientifici, mattatoi e impianti per la produzione di alimenti per animali non comprendono misure rigide per proteggersi dagli aerosol. Questa recente ricerca potrebbe obbligare gli scienziati e il settore alimentare a pensare a come i prioni vengono trasmessi attraverso l'aria e a sviluppare regolamenti che potrebbero minimizzare il rischio di infezione da prioni sia negli esseri umani che negli animali.

"Questi risultati suggeriscono che le attuali linee guida di biosicurezza applicate nei laboratori diagnostici e scientifici dovrebbero comprendere aerosol a prioni come potenziale vettore di infezioni da prioni," scrivono gli autori. .

ANTEPRION ('Development of a preclinical blood test for prion diseases') ha ricevuto 2,45 milioni di euro nell'ambito dell'area tematica "Scienze della vita, genomica e biotecnologia per la salute" del Sesto programma quadro (6° PQ), mentre PRIORITY ('Protecting the food chain from prions: shaping European priorities through basic and applied research') è sostenuto nell'ambito del tema "Alimentazione, agricoltura e pesca e biotecnologia" del Settimo programma quadro (7° PQ) con ben 6 milioni di euro.
Fonte: Cordis (09/02/2011)



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Mucca pazza e Creutzfeldt-Jakob: facciamo un po’ di chiarezza



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La maggior parte delle persone pensa che la questione del morbo della mucca pazza sia un problema del passato. Ma in realtà non lo è abbastanza, e la dimostrazione è il caso di ieri della donna colpita a Livorno. Molti di noi hanno visto le immagini degli animali malati, colpiti da spasmi, che ha causato un allarmismo, spesso ingiustificato, sulla carne bovina. Ma ben pochi di noi conoscono la causa esatta di questa malattia e come essa può influenzare gli esseri umani.
Per essere precisi, il morbo della mucca pazza, nella sua origine, era una malattia del cervello che colpiva esclusivamente i bovini. Scoperto nel Regno Unito nel 1986 e, successivamente, propagatosi al resto dell’Europa e dell’Asia, la malattia ha provocato un crollo nel settore della carne bovina europea con la distruzione di interi allevamenti come unico modo per combattere la malattia.
Questa malattia non è causata da batteri o virus. In realtà sono i prioni, o proteine, che colpiscono principalmente il cervello, la causa della mucca pazza. Questo comporta uno stato di agitazione alquanto “bizzarro” per un bovino, in cui compare un’insaziabile bisogno di grattarsi un prurito presente nella bocca che diventa improvvisamente secca. Nelle carcasse degli animali morti si possono distinguere dei fori nel cervello, come delle spugne, e questo motivo ha spinto gli esperti a chiamarlo “encefalopatia spongiforme“, o encefalopatia spongiforme bovina (BSE) nel caso delle mucche. I modi tradizionali utilizzati per distruggere i microbi non funzionano con i prioni, e quindi questo contribuisce alla diffusione della malattia.
Questa forma non dovrebbe spaventarci perché non è quella pericolosa per l’uomo. L’allarmismo viene creato in realtà non dal morbo della mucca pazza in sé, ma da una sua variante chiamata malattia di Creutzfeldt – Jakob (CJD), che è una malattia degenerativa del cervello. Non c’è cura per questa malattia, ed i pazienti spesso muoiono in pochi mesi. Fortunatamente, questa forma non è contagiosa, e deriva normalmente da conseguenze non volute delle procedure mediche.
La CJD normalmente colpisce gli anziani, però recentemente è stata scoperta una variante chiamata vCJD (che sta per la variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob), che colpisce anche le persone più giovani, compresi gli adolescenti. Questa forma della malattia è fortemente legata alla mucca pazza.
Negli esseri umani, la CJD si manifesta con sintomi psichiatrici, come la depressione o l’ansia, o meno comunemente, una forma di psicosi o schizofrenia. Quando progredisce, si sviluppano tic involontari, ed il paziente può diventare cieco, entrare in coma e morire. L’unico modo per diagnosticare la CJD è con la biopsia del cervello o l’autopsia.

Poiché è incurabile, il modo migliore per combattere la malattia è attraverso la prevenzione. L’unico modo per evitare che la CJD si diffonda è quello di sapere con certezza la provenienza della propria carne bovina. I bovini dovrebbero essere alimentati esclusivamente con piante, e non con alimenti mescolati con residui di mucche morte. La forma principale di prevenzione è non mangiare carne bovina se un caso di mucca pazza è stato ravvisato nella propria zona, ma osservare la provenienza della carne può bastare.
Secondo le statistiche infatti la carne prodotta in Europa è sicura, e c’è una possibilità su 10 miliardi di beccare un hamburger che possa provocare la malattia. La percentuale sale quando ci si reca in una zona endemica, o in una nazione in cui i controlli non sono effettuati o sono molto più lievi, come i Paesi del terzo mondo, la Russia o alcuni Paesi dell’Asia, dove però gran parte del cibo, persino l’acqua, va assunto con tutte le cautele del caso. Per questo motivo i casi che si registrano dalle nostre parti provengono o da contagi avvenuti oltre 10 anni fa (come nel caso di ieri), o a causa di una partita di carne proveniente da un Paese senza controlli.
Ma c’è anche la possibilità che delle persone che mangiano carne proveniente dalle cosiddette “mucche pazze” non sviluppino la malattia. Per scoprire come mai ciò avviene, gli scienziati del National Institutes of Health, guidati dal dottor Paul Brown, hanno testato i campioni di tessuto da 76 delle 101 persone che sono morte di vCJD. Sorprendentemente, tutti i 76 casi erano


omozigoti per la metionina al codone 129 del gene della proteina prionica.

Tradotto significa che hanno ereditato da ognuno dei loro genitori un gene che sostituisce un aminoacido (metionina) per un altro (valina) in una porzione della proteina prionica che il gene dice al corpo di produrre. Per qualche motivo,

la forma metionina della proteina sembra rendere le persone più sensibili alla vCJD

ha affermato Brown. Ulteriore ricerca in questo senso serve ancora per svelare definitivamente il mistero.
[Fonte: Healthmad]



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I prioni guardiani della specie



Lo studio italiano dimostra che queste proteine sono fondamentali per lo sviluppo del cervello




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Non solo mucca pazza: le proteine che, se alterate, scatenano questa malattia, in condizioni normali svolgono un funzione fondamentale per lo sviluppo del cervello e per i meccanismi che controllano la capacità di reagire a un pericolo. Una ricerca italiana, che ha conquistato la copertina del Journal of Comparative Neurology, ha scoperto che sono il campanello d'allarme che scatta in casi di allerta e stress.

Presenti in tutti gli animali, dai più semplici all'uomo, i prioni si comportano come "guardiani delle specie": "senza di essi moltissime specie non sarebbero arrivate fino a noi", osserva il neurobiologo Giuseppe Legname, della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste, coordinatore della ricerca. Legname è tornato in Italia dopo aver lavorato negli Stati Uniti con il pioniere delle ricerche sui prioni, il Nobel Stanely Prusiner.

I prioni sono indispensabili per reagire a situazioni di pericolo e stress perché tengono desta l'attenzione. Scoprire la funzione svolta da queste proteine in condizioni normali è stato possibile grazie agli esperimenti condotti sui topi nel Laboratorio di biologia dei prioni della Sissa, diretto Legname.

Studiando lo sviluppo del sistema nervoso centrale nei topi, i ricercatori hanno visto che i prioni sono più attivi nelle regioni del cervello che integrano segnali di stress, pericolo e paura. Quindi hanno osservato che, una volta eliminati i prioni, i topi diventano incapaci di reagire ai segnali di pericolo.

Queste proteine, osserva Legname, sono fondamentali nel funzionamento della regione del cervello che regola le funzioni ormonali, i ritmi fisiologici che fanno alternare veglia e sonno e che regolano le risposte a stress, paura e pericolo.

Arrivare a capire questo non è stato facile: eliminando i prioni non si notavano infatti particolari conseguenze e per anni questo aveva fatto pensare che probabilmente non fossero importanti. "Tuttavia - osserva Legname - proprio il fatto che eliminando la proteina non si notassero particolari alterazioni é una prova della sua importanza perché molto probabilmente la sua assenza sia compensata da altre proteine". Verificare questo è il prossimo obiettivo del gruppo di Legname.

Si apre così una nuova pagina della ricerca su questa proteina che è un vero dottor Jeckyll e mister Hyde molecolare: naturalmente presente nell'organismo (ma con una funzione finora sconosciuta), era ben nota solo quando si trasformava causando malattie come l'Encefalopatia spongiforme bovina (Bse) e la sua analoga umana, la nuova versione della Creutzfeldt-Jakob.

Ansa.it per NEWSFOOD.com


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Grazie a un amico di facebox, se ho potuto postare questa notizia. Anche lui come me, ha avuto un famigliare deceduto con la stessa malattia.

Prione 10 volte più letale 'mucca pazza'



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(ANSA) - ROMA, 10 FEB - Un gruppo di ricercatori americani ha identificato una proteina prionica che ha lo stesso effetto neurodegenerativo del prione che causa il morbo della 'mucca pazza' ma e' dieci volte piu' pericolosa. La scoperta degli scienziati dello Scripps Research Institute, in Florida e' stata pubblicata online da Pnas. Potra' essere studiata piu' a fondo l'azione dei prioni che agiscono nel morbo di Creutzfeldt-Jakob e si lavorera' ad un'ipotesi sul ruolo delle proteine prioniche in Alzheimer e Parkinson.

Morbo della mucca pazza: un esame del sangue per scovarlo

Scienziati britannici hanno sviluppato per la prima volta al mondo un test del sangue per la diagnosi del morbo della “mucca pazza”, la variante della sindrome di Creutzfeldt-Jakob. L’annuncio sulla rivista Lancet. I ricercatori del Medical Research Council Prion Unit, una task force scientifica specializzata negli studi sulla malattia, hanno condotto la sperimentazione su 190 campioni di sangue di cui 21 provenienti da pazienti con la patologia neurologica. Secondo Graham Jackson, uno degli autori del sangue, l’esame del sangue potrebbe aiutare lo screening per la malattia, permettendo di capire se i casi reali siano più alti o più bassi di quelli stimati.
Sono 217 distribuiti in 11 Stati diversi i casi ufficiali di persone colpite da quando la malattia è stata individuata per la prima volta nel 1996. Gli ultimi dati disponibili forniti dal Centre Disease`s Control (Cdc) di Atlanta, aggiornati al dicembre 2009, riferiscono di 170 casi nel Regno Unito, 25 in Francia, 4 in Irlanda, 3 negli Stati Uniti, 3 in Olanda. In Italia i casi ufficiali sono 2. All’inizio dell’anno una donna di 44 anni è morta a Livorno, mentre sono in corso accertamenti sul decesso al San Raffaele di Milano, lo scorso 29 gennaio, di una casalinga 59enne di Castelvetrano (Trapani). Se i test fossero positivi si tratterebbe del terzo caso nel nostro Paese



MALATTIE DA PRIONI, UN PROBLEMA DI TRAFFICO

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Scoperto per la prima volta il meccanismo tossico dei prioni, versioni anomale della proteina prionica cellulare, ancora piuttosto misteriose per gli scienziati di tutto il mondo: a descriverlo sulle pagine di Neuron* è Roberto Chiesa (nella foto il terzo da destra con il suo gruppo di ricerca), ricercatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano e dell’Istituto Telethon Dulbecco**, il programma carriere di Telethon. Proprio al premio Nobel Renato Dulbecco recentemente scomparso è dedicato questo lavoro di Roberto Chiesa, che si è avvalso anche della collaborazione dell’Università di Milano e dello University College di Londra.

«Abbiamo studiato - spiega Roberto Chiesa - quello che succede nel cervelletto, l’area del cervello che controlla i movimenti, prima che inizi la degenerazione neuronale. Abbiamo visto che in corrispondenza dei primi deficit motori si ha un’alterazione nel rilascio di un particolare messaggero chimico cerebrale, il neurotrasmettitore glutammato. Questo perché, accumulandosi all’interno del neurone, la proteina prionica alterata ostacola il trasporto sulla superficie della cellula di un’altra proteina, un canale per il calcio voltaggio-dipendente, coinvolta nel regolare il rilascio dei neurotrasmettitori. Questo problema ‘di traffico’ è un meccanismo patologico del tutto nuovo che potrebbe essere alla base della disfunzione dei neuroni anche in altre malattie neurodegenerative in cui si osserva un accumulo di proteine alterate all’interno della cellula. Inoltre è un evento precoce e probabilmente reversibile e quindi potenzialmente interessante in chiave terapeutica. Ripristinare il corretto trasporto dei canali per il calcio potrebbe dunque rivelarsi la chiave per evitare la degenerazione dei neuroni, ma naturalmente resta ancora molto da capire – e da scoprire – sui meccanismi con cui questo avviene».

Per farlo Chiesa e il suo gruppo hanno utilizzato un modello murino della malattia di Creutzfeldt-Jakob di origine genetica (quella che nella variante infettiva viene comunemente definita “morbo della mucca pazza”), che riproduce in modo fedele l’andamento della patologia: apparentemente sano alla nascita, sviluppa con il tempo problemi nella coordinazione dei movimenti e dell’equilibrio, successivamente un deficit neurologico.

«Circa il 10% dei casi delle malattie da prioni è di origine genetica - aggiunge Roberto Chiesa - e dipende da specifiche mutazioni di un gene localizzato sul cromosoma 20 che contiene le informazioni per la proteina prionica, piuttosto conservata a livello evolutivo: studiare queste forme genetiche è la strada migliore per cercare di capire a cosa serva questa proteina nella cellula e come le sue alterazioni si traducano in un vero e proprio segnale tossico per il cervello. Chiarire la cascata di eventi molecolari innescata dalla proteina prionica alterata è essenziale per individuare delle possibili terapie in grado di impedire a monte la morte neuronale: come in tutte le malattie neurodegenerative, infatti, la chiave è intervenire il più presto possibile, altrimenti il danno diventa irreversibile».

Balzati agli onori della cronaca alla fine degli anni Ottanta, in occasione dell’epidemia di encefalopatia spongiforme bovina che dal Regno Unito si è poi diffusa in tutta Europa, i prioni sono entità biologiche ancora cariche di mistero. Benché si conoscano da oltre trent’anni e abbiano fruttato il premio Nobel al suo scopritore Stanley Prusiner, non è ancora chiaro quale ruolo svolgano fisiologicamente nella cellula, né con quali meccanismi portino alla morte le cellule nervose nei pazienti affetti da patologie come la malattia di Creutzfeldt-Jakob, l’insonnia fatale familiare o la sindrome di Gerstmann-Sträussler-Scheinker. Queste rare patologie, che presentano ciascuna dei sintomi peculiari e sono accomunate da disfunzione e progressiva degenerazione dei neuroni, insorgono in età adulta e hanno un’evoluzione rapida e inevitabilmente fatale.

*A. Senatore, S. Colleoni, C. Verderio, E. Restelli, R. Morini, S. Condliffe, I. Bertani, S. Mantovani, M. Canovi, E. Micotti, G. Forloni, A. Dolphin, M. Matteoli, M. Gobbi, R. Chiesa, “Mutant Prion Protein Suppresses Glutamatergic Neurotransmission in Cerebellar Granule Neurons by Impairing Membrane Delivery of Voltage-gated Calcium Channel a2d-1 Subunit”. Neuron, 2012.

**L’Istituto Telethon Dulbecco (DTI) è un istituto virtuale creato da Telethon nel 1999 per fornire a un gruppo selezionato di ricercatori la possibilità di una carriera indipendente. Questo “istituto” è intitolato al premio Nobel per la medicina Renato Dulbecco, che nel 1999 decise di devolvere a Telethon il compenso ricevuto per la partecipazione al Festival di Sanremo, ponendo le basi per questa importante iniziativa.
Attualmente il DTI conta 20 laboratori, per un totale di oltre 100 persone. Roberto Chiesa è Associate Telethon Scientist presso il dipartimento di Neuroscienze dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, dove dirige il laboratorio di Neurobiologia dei prioni.


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Edited by marisa56 - 3/8/2021, 20:00
 
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Malattie neurodegenerative da prioni: dall'Italia il primo test per la diagnosi precoce

Un tampone nasale non invasivo identifica la malattia di Creutzfeldt-Jakob sporadica nei pazienti in vita. La scoperta di un team di scienziati dell'Università di Verona in collaborazione con il "National Institute of Health" americano e con l'Iss. Aperte nuove prospettive per la diagnosi precoce delle malattie neurodegenerative

Un test non invasivo, semplice da eseguire sul paziente e a bassissimo costo, consente per la prima volta di effettuare la diagnosi precoce di gravi malattie neurodegenerative su pazienti in vita. E' stato un team di scienziati dell'Università di Verona a metterlo a punto e interessa le malattie umane da prioni, patologie neurodegenerative a rapida progressione ad evoluzione fatale che non sono curabili.

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La forma sporadica della malattia di Creutzfeldt-Jakob (Mcj) è la più frequente mentre la "variante della Mcj" ormai in via di estinzione, è stata tristemente conosciuta al pubblico per la trasmissione all'uomo in seguito ad esposizione a materiale infetto proveniente da bovini affetti da encefalopatia spongiforme bovina o Bse, la mucca pazza. Con una semplice "spazzolata" alle cellule olfattive del naso si diagnostica con certezza la presenza dei prioni e quindi l'insorgenza della malattia, mentre fino a oggi era possibile farlo solo attraverso una biopsia cerebrale (con conseguente incenerimento dei ferri chirurgici in quanto il prione non viene inattivato utilizzando le tecniche convenzionali di sterilizzazione) o con l'autopsia.

Il test, ancora sperimentale è nato dalla collaborazione fra università e istituti di ricerca di Italia e Usa, e coordinato dai due gruppi, è stato progettato per tutte le altre malattie simili alla mucca pazza, causate dai prioni. I risultati della ricerca, iniziata tre anni fa e svolta in collaborazione con i ricercatori del National Institute of Health di Hamilton, negli Stati Uniti e con l'Istituto Superiore di Sanità italiano, sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, la più prestigiosa rivista mondiale di ricerca medica.

Il gruppo veronese, coordinato da Gianluigi Zanusso e composto da Matilde Bongianni, Giovanni Tonoli, Michele Fiorini, Sergio Ferrari e Salvatore Monaco, è stato il motore della ricerca internazionale resa possibile grazie anche al finanziamento della Fondazione Cariverona e la Clinica Neurologica di Verona è l’unico centro al mondo in cui oggi è possibile eseguire il test che permette di porre diagnosi in vita di MCJ senza ricorrere allo studio autoptico del tessuto nervoso.

La malattia di Creutzfeldt-Jakob sporadica è una malattia rara, con una incidenza di due casi su un milione di abitanti simile in tutto il mondo e ha un'origine sconosciuta. Questo lavoro apre importanti prospettive di diagnosi per le malattie neurodegenerative possibile solo con l’autopsia e offre nuove strategie per identificare nel tessuto olfattorio i marcatori precoci con potenziali ricadute nell'arrestare la progressione dei sintomi e degli eventi patologici che presentano gravi malattie neurodegenerative a elevata incidenza come il morbo di Parkinson e l'Alzheimer.

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Lo studio è stato effettuato su 31 campioni nasali di pazienti con la mucca pazza e 43 campioni di pazienti con altre malattie neurologiche o nessuna patologia. I campioni di mucosa olfattoria sono stati raccolti da Zanusso e dai colleghi dell'università di Verona in Italia: sono stati identificati con certezza 30 pazienti su 31 con la mucca pazza e mostrati i risultati negativi dei 43 pazienti senza mucca pazza, senza alcun falso positivo.

"In particolare - spiega il coordinatore Gianluigi Zanusso - in riferimento al Parkinson, i disturbi olfattori possono precedere anche di un decennio i sintomi motori e le lesioni patologiche tipiche di questa malattia. Pertanto, il tampone nasale eseguito sull' epitelio olfattorio permetterebbe di identificare precocemente i segni della malattia in una fase in cui non sono ancora esorditi i sintomi motori e quindi di poter intervenire con terapie in grado di arrestare l' evoluzione. Allo stesso modo nella malattia di Alzheimer, studi autoptici hanno già dimostrato che le alterazioni che avvengono nel cervello sono speculari a quelle che colpiscono la mucosa olfattoria. Lo studio fornisce un importante strumento diagnostico e un potenziale indicatore per calibrare gli interventi terapeutici nelle diverse fasi delle malattie neurodegenerative".

"Tutto è iniziato nel nel 2010, quando il gruppo di ricerca dell' NIH, che ha sede nel Montana e dispone solo per la ricerca medica di un budget federale di 4 miliardi e 700 milioni di dollari, coordinato dal dottor Byron Caughey ha sviluppato un test chiamato Real Time Quaking Induced Conversion (RT-QuIC) per individuare la presenza di prioni in campioni di liquido cerebrospinale di pazienti affetti da Mcj sporadica. Tuttavia, il test ha mostrato una specificità del 100% ma una sensibilità intorno all'80% - prosegue il dottor Zanusso -. Partendo da questa tecnica ho pensato che potesse esserci una via più semplice per aumentare la sensibilità del test e formulare una diagnosi in vita, perché abbiamo una lunga esperienza in fatto di test sui prioni. Nel lontano 2003 e alla luce dei nostri studi, anche quelli pubblicati sul New England Joural of Medicine, avevamo dimostrato come l’ epitelio olfattorio fosse invariabilmente coinvolto nei pazienti affetti da Mcj. Insieme al dottor Giovanni Tonoli, primario di otorinolaringoiatria all'Ospedale di Rovigo, ho pensato di utilizzare il brushing nasale per prelevare campioni di mucosa olfattoria. Così abbiamo dimostrato la presenza del prione con un 100% di specificità ed una sensibilità del 97%. Lo studio dimostra che il prelievo della mucosa olfattoria rappresenta una strategia vincente per lo sviluppo di un nuovo test diagnostico sensibile e specifico e permette la diagnosi in vita di Mcj sporadica".

"Quando il dottor Caughey ha visto i primi risultati del test ci ha incoraggiato ad andare avanti e la collaborazione fra Italia e Stati Uniti è stata piena e completa perché apre prospettive importanti anche per la diagnosi precoce delle matattie neurodegenerative. Voglio sottolineare - conclude Gianluigi Zanusso - che questo risultato è frutto di una grande lavoro di squadra che ha coinvolto neurologi e otorini delle cliniche del Triventeo e di altre parti d'Italia, l'Istituto Superiore di Sanità, i familiari dei pazienti che hanno consentito al prelievo".

Il test messo a punto dagli scienziati italiani consiste nell’introduzione di un tampone nella cavità nasale, sotto la guida di un fibroscopio, e di raggiungere l’apice della volta nasale dove sono localizzati i neuroni olfattori e quindi di eseguire il prelievo con un tampone. Il prelievo è assolutamente innocuo, non comporta danni alla funzione dell’odorato e può essere ripetuto a distanza. La mucosa olfattoria, localizzata nella cavità nasale, ha un ruolo di primaria importanza nella percezione e discriminazione degli odori. I neuroni olfattivi umani sono costituite da circa 6 milioni di neuroni che rigenerano nell’arco della vita ogni 5-6 mesi. Queste cellule rappresentano l’unico esempio di tessuto nervoso in replicazione a diretto contatto con l’ambiente esterno rendendolo facilmente accessibile al prelievo. Gli scopi possono essere sia diagnostici, sia per strategie terapeutiche attarverso l’isolamento di cellule staminali adulte.

Le encefalopatie spongiformi o "malattie da prioni" sono un gruppo di patologie neurodegenerative a evoluzione mortale che colpiscono l'uomo e gli animali. In questi ultimi, le forme conosciute sono la scrapie nella pecora e nella capra, l’encefalopatia spongiforme bovina (Bse) nei bovini e la chronic wasting disease negli ungulati (cervi ed alci principalmente in Nord America). Nell'uomo, la più frequente è la malattia di Creutzfeldt-Jakob sporadica. Esistono altre forme cliniche, molto rare, di origine genetica, tra cui l’insonnia fatale familiare e la sindrome di Gerstamn Straussler Scheincker. L’agente patogeno è il prione, una proteina patologica dotata di infettività che colpisce il tessuto nervoso.


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L'insonnia familiare fatale

BIOLOGIA MOLECOLARE


Gli studi di biologia molecolare sul materiale autoptico e umorale della casistica sono stati compiuti dal Prof. Pierluigi Gambetti della Case Western Reserve University di Cleveland. La presenza di degenerazione spongiforme nella corteccia cerebrale ha portato all'identificazione di un'anormale isoforma di proteina prionica (PrP) nell'encefalo dei soggetti con FFI. La PrP è codificata da un gene (PRNP) situato nel braccio corto del cromosoma 20.

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Il prione è una normale proteina posta sulla membrana citoplasmatica delle cellule, che appare nell'evoluzione di tutti i mammiferi ed è espressa nella maggior parte dei tessuti, ma soprattutto nel cervello. A differenza dell'isoforma normale, quella anomala è resistente alle proteasi. Questa resistenza è il segno caratteristico di quelle che sono definite malattie da prioni, che, come si è visto, possono essere ereditarie, sporadiche o trasmesse.
PrP proteasi resistente è stata trovata nei soggetti affetti da FFI. Processando il gene è stata scoperta una mutazione al codone 178, che comporta la sostituzione dell'acido aspartico con l'asparagina nella PrP. La mutazione è stata trovata in tutti i membri affetti. La presenza della PrP-proteasi resistente e la mutazione del gene definiscono la FFI una malattia da prioni, che costituisce un nuovo capitolo delle encefalopatie ad un tempo ereditarie ed infettive. Secondo recenti sviluppi, la proteina prionica è parte del recettore per il sistema GABA-ergico; essa, pertanto, attiverebbe il tono inibitorio. L'anomala isoforma della PrP non avrebbe la capacità di legarsi alle sinapsi. In mancanza di tono inibitorio i neuroni talamici nella FFI rimarrebbero in condizioni di costante iper-attività, fino all'esaurimento funzionale e alla necrosi. Il deterioramento dell'inibizione sinaptica può essere coinvolto nell'attività epilettiforme osservata nella malattia di Creutzfeld-Jacob. Si potrebbe, quindi, dedurre che la perdita della funzione della proteina prionica può contribuire alla precoce perdita sinaptica e alla degenerazione neuronale osservata in queste malattie. Nell'ambito clinico dell'insonnia familiare fatale vi sono due varianti, una a decorso rapido con prevalenza di onirismo e miocloni, l'altra a decorso più lento con prevalenza di stupor e segni piramidali. La mutazione del codone 178 si trova, inoltre, in un sottotipo della malattia di Creutzfeld-Jacob (CJD), che si differenzia dalla FFI nell'espressione fenotipica, perchè non vi sono nè insonnia nè atrofia selettiva talamica, bensì spongiosi diffusa, indipendente dalla durata della malattia e diverse manifestazioni cliniche. Per comprendere l'eterotipia fenotipica tra FFi e la 178 CJD e tra le due varianti clinico-patologiche nell'ambito della FFI è stata allora estesa l'analisi del gene prionico nei membri affetti da queste malattie. È stata osservata una differenza al codone 129 del gene prionico, che mostra un polimorfismo metionina/valina, comune alla popolazione caucasica: 62% per l'allele metionina e 38% per l'allele valina. Se il gene prionico non presenta mutazioni al codone 178,l'omozigosi o l'eterozigosi al codone 129 esprime un fenotipo normale. Se, invece, il gene prionico presenta mutazione al codone 178, si hanno diverse espressioni fenotipiche per eterotipia allelica al codone 129. La definizione clinica, anatomopatologica e genetica della FFI ha permesso le seguenti considerazioni: 1. Ha dato credibilità alla teoria dei prioni, già formulata da Prusiner nel 1982-83 e tratta dagli studi sullo scrapie. Teoria osteggiata dai sostenitori delle malattie da virus lenti. Tuttavia negli encefali patologici non è mai stata trovata traccia di materiale genico virale. L'infettività delle malattie prioniche non consiste nella trasmissione di un ipotetico genoma virale nell'encefalo dell'ospite.

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L'ipotesi prionica di Prusiner prevede un nuovo concetto di infettività, che supera i postulati di Koch, cioè di tipo molecolare anzichè virale. La proteina prionica mutante agirebbe da stampo anche per la proteina normale, mutandola a sua volta. Si tratta quindi di un'infettività per contatto, tale da indurre una "mutazione" nella proteina normale. Tale fenomeno trova riscontro in natura nella cristallizzazione a cascata di alcuni minerali; il fronte di cristallizzazione induce una mutazione del materiale amorfo adiacente. Questo modello risponderebbe a due quesiti: A) Perchè siano necessarie grandi quantità di proteina prionica patologica per mutare (infettare secondo Prusiner) quella normale. B) Perchè i portatori della mutazione ammalino pur avendo un allele normale. 2. Ha ridefinito il ruolo del talamo. Le formazioni talamiche degenerate in questa malattia sono state fino ad ora "terra incognita". Hess nel 1953 riscontrò che la stimolazione talamica mediale induceva nell'animale un sonno fisiologico.
La selettività della lesione talamica in questa malattia permette di effettuare correlazioni anatomo-cliniche molto più precise, prima impossibili.
Anzitutto questa abiotrofia talamica è su base familiare, è isolata e selettiva; insomma un modello sperimentale naturale, che integra in una visione unitaria osservazioni sparse e le pone nel massimo rilievo. I nuclei talamici anteriore e dorso-mediale sono una fondamentale struttura ipnoinducente ed organizzativa del sonno, coordinano l'intero sistema neurovegetativo ed endocrino. Infatti in questa malattia si verifica uno sbilanciamento di tutto il sistma ergotropo, nella direzione di un abnorme dispendio energetico: iper-tensione, iper-termia, tachicardia, iper-cortisolemia, disordine che alla fine conclude con la morte. Il talamo anteriore e mediale, dunque, costituisce una stazione integrativa, un vero e proprio network, della vita vegetativa in senso trofico, ossia di ricostruzione e di salvaguardia delle riserve energetiche. È dunque chiaro che esso rappresenta una struttura essenziale per la vita medesima. 3. Ha complicato la genetica. È venuto a cadere, infatti, l'assioma "una mutazione una malattia", ossia una mutazione = un fenotipo. Il polimorfismo genico di un allele normale può, in presenza di una medesima mutazione, dare fenotipi diversi..



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MALATTIE DA PRIONI

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La Definizione di malattie da prioni è Encefalopatie spongiformi, rare, invariabilmente letali e a decorso in genere rapido, causate dall’accumulo nelle cellule nervose di una proteina normalmente presente nel cervello detta “prione” (PRP), ma mutata. La mutazione, detta prione scrapie dalla malattia degli ovini (PRPsc), provoca la cosiddetta apoptosi dei neuroni (induzione al suicidio).


Classificazione delle malattie da prioni nell’uomo


Forme genetiche

1. Creutzfeldt-Jacob Disease (CJD)

Demenza rapidamente evolutiva, miocloni, atassia

2. Fatal Familial Insomnia (FFI)

Insonnia totale, gravi turbe del sistema autonomico

3. Gerstmann-Straussler-Scheinker

Atassia progressiva e tardivamente demenza


Forme acquisite

1. Kuru

Malattia da prioni d’interesse storico, oggi scomparsa

2. Creutzfeldt-Jacob Disease (iCJD)

Trasmissione da uomo a uomo

3. Variant CJD (vCJD)

Trasmissione da animale a uomo (BSE)


Forme sporadiche

1. Creutzfeldt-Jacob Disease (CJD)

2. Fatal Familial Insomnia (FFI)



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Morbo della mucca pazza o di Creutzfeldt-Jakob nell’uomo: cos’è, contagio, sintomi e cura

Oggi praticamente eradicata in Europa, a partire dagli anni ’80 l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE) o più comunemente ‘morbo della mucca pazza’ ha prodotto una vera e propria epidemia, scatenata da un prione diffusosi nelle farine animali. Ecco tutto quello che c’è da sapere.


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Sono trascorsi 31 anni da quando in Inghilterra, in un laboratorio veterinario di Weybridge, venne diagnosticato in una mucca il primo caso di encefalopatia spongiforme bovina (BSE, Bovine Spongiform Encephalopathy), quello balzato agli onori della cronaca come il famigerato ‘morbo della mucca pazza', in grado di infettare anche l'essere umano. Da allora è stata affrontata una vera e propria epidemia, che nel corso degli anni, a causa del numero crescente di contagi e decessi, si è tradotta anche in alcuni bandi temporanei nella UE, come quello delle carni non disossate (la tipica bistecca fiorentina fu una delle ‘vittime') e delle farine animali per nutrire il bestiame. Oggi si ritiene che l'encefalopatia spongiforme bovina sia stata praticamente eradicata, tuttavia la sua versione umana, nota come malattia di Creutzfeldt-Jakob (MCJ), non è necessariamente legata al consumo di carne bovina infetta. Si tratta infatti di una patologia nota sin dagli anni '20 del secolo scorso, ben prima dell'esordio del morbo della mucca pazza.

Cosa provoca il morbo della mucca pazza

La causa scatenante dell'encefalopatia spongiforme bovina e del morbo di Creutzfeldt-Jakob è un prione, ovvero una proteina definita come “agente infettivo non convenzionale”. Non essendo né un virus né un batterio, esso si trasmette in maniera peculiare inducendo le proteine sane ad assumere una forma molecolare anomala, inoltre possiede diverse caratteristiche specifiche, come la resistenza alle elevate temperature e all'azione degradante degli enzimi. Tutti i prioni noti agiscono sul sistema nervoso e in generale su cellule neuronali.

La causa scatenante dell'epidemia

L'epidemia, che provocò una vera e propria strage negli allevamenti inglesi a partire dalla fine degli anni '80, fu innescata da una variazione nei processi di produzione delle farine animali che venivano utilizzate per nutrire il bestiame. All'epoca si rimuoveva il grasso in eccesso attraverso l'uso di solventi, ma alcune analisi dimostrarono il potenziale effetto cancerogeno, così si decise di passare a un più semplice metodo a pressione. Le temperature raggiunte con la nuova tecnica non erano tuttavia in grado di ‘uccidere' i prioni, e così, in breve tempo, da pochi bovini malati se ne contarono a migliaia. Dopo il bando, dal 2012 nella UE è di nuovo possibile alimentare il bestiame con farine di origine animale, ma i bovini possono essere nutriti solo con quelle provenienti da suini, ovini e pesci.

La trasmissione all'uomo

Come specificato, il prione aggredisce il tessuto neuronale, ed è proprio per questo che tra le prime contromisure per ridurre il rischio di contagio si è vietata la vendita del cervello, della colonna vertebrale, dei gangli e anche delle interiora dei bovini. Consumare carne contaminata da materiale cerebrale infettato dal prione può scatenare la versione umana del morbo della mucca pazza, la malattia di Creutzfeldt-Jakob nella variante vMCJ, che fu diagnosticata per la prima volta nel 1996. Al giorno d'oggi, grazie ai controlli rigorosi e ai vari obblighi imposti agli allevatori, è estremamente improbabile essere contagiati dal morbo consumando la carne.

Cos'è il morbo di Creuzfeld-Jakob

Il morbo di Creuzfeld-Jakob è, in parole semplici, una gravissima forma di demenza che ha il decorso più veloce di qualunque altra patologia neurodegenerativa di questo tipo. La morte può infatti sopraggiungere dopo appena tre mesi. Il prione, avviando una modifica nella struttura delle proteine sane, uccide i neuroni e genera dei veri e propri ‘buchi' nel tessuto cerebrale, che prende un caratteristico aspetto spugnoso. In media colpisce pazienti sui 60 anni nella sua forma definita sporadica, che si accompagna a quella familiare, iatrogena e alla variante legata al morbo della mucca pazza. Si tratta di una patologia letale per la quale non esiste una cura: uccide entro due anni l'85 percento dei malati e molto difficilmente si superano i tre. Nella sua forma sporadica è una malattia estremamente rara, dato che colpisce una persona ogni milione.

I sintomi del morbo di Creuzfeld-Jakob

Analogamente ad altre patologie neurodegenerative, il morbo di Creuzfeld-Jakob provoca perdita di memoria e deficit cognitivi, ma a causa della notevole aggressività ed ‘esplosività' presenta un numero di sintomi più vasto e variegato. Tra essi vi sono convulsioni, allucinazioni, cambi repentini della personalità, mioclono (contrazione muscolare involontaria), disartria, depressione, visione doppia, atrofia muscolare, difficoltà nel linguaggio, atassia (mancata coordinazione muscolare), disturbi del sonno e diverse altre condizioni

Diagnosi

Se i sintomi di una demenza presentano un rapido sviluppo progressivo e il paziente manifesta disturbi nel controllare e coordinare i movimenti, vengono effettuati alcuni esami come elettroencefalogrammi, risonanze magnetiche e analisi del liquido cerebrospinale alla ricerca di indizi che possano confermare o meno la presenza del morbo di Creuzfeld-Jakob. Nel caso della variante vMCJ, quella legata al morbo della mucca pazza, può essere eseguita anche una biopsia (prelievo di tessuto) della tonsilla, dove spesso si accumulano le proteine anomale condizionate dal prione.

[Foto di Tappancs]

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Cos’è il kuru, la mortale malattia dei cannibali mangiatori di cervello umano

Affine alla malattia di Creutzfeldt-Jacob, il cosiddetto “morbo della mucca pazza”, il kuru è una rara encefalopatia spongiforme trasmissibile, causata da un’infezione prionica legata al consumo di carne umana infetta. La patologia è incurabile e letale; è caratterizzata da un lunghissimo periodo di incubazione che può superare i 50 anni.

di Andrea Centini


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in foto: Credit: Annblack

Inclusa tra i gravi disordini che colpiscono il sistema nervoso, il kuru è una rara patologia sviluppatasi tra gli aborigeni della Papua Nuova Guinea che erano soliti consumare carne umana. Di origine prionica, potrebbe essere evoluta da una variante della malattia di Creutzfeldt-Jacob, nota al grande pubblico come “morbo della mucca pazza”. I sintomi della malattia neurologica, inguaribile e letale, sono del resto molto simili e abbracciano tremori, perdita di equilibrio e progressiva neurodegenerazione. Fu descritta per la prima volta all'inizio degli anni '60 del secolo scorso dal microbiologo australiano Michael Alpers, che assieme all'antropologa Shirley Lindenbaum studiò il popolo dei Fore della Papuasia; era noto per consumare i morti in macabri riti funerari.

Cos'è il kuru

Il kuru è tecnicamente una encefalopatia spongiforme trasmissibile analoga al morbo di Creutzfeldt-Jacob, una malattia del sistema nervoso inguaribile e letale. Il suo nome deriva dal termine kuria (o guria) che nella lingua dei Fore significa tremore, uno dei sintomi principali della patologia.

I sintomi del kuru

La sintomatologia del kuru coinvolge atassia (la perdita progressiva di eseguire movimenti volontari), tremori gravi, perdita di equilibrio e coordinazione, instabilità emotiva, depressione, crisi di risate incontrollate e difficoltà nella deglutizione. La fase clinica del kuru è tipicamente divisa in tre stadi, che possono essere preceduti da mal di testa e forti dolori a gambe e articolazioni. La prima fase è quella definita ambulante, nella quale sebbene sussistano difficoltà nel mantenere equilibrio e coordinazione il paziente riesce ancora a camminare; la seconda fase è quella sedentaria, caratterizzata da un peggioramento tale dell'atassia e dei tremori che non permette più di stare in piedi. Questo stadio è associato anche a instabilità motiva e alle risa incontrollate. Nella terza fase o terminale il paziente non riesce più a sostenere nemmeno la posizione seduta, ha difficoltà a deglutire (correndo il rischio della malnutrizione) e può perdere la parola e diventare incontinente. In questo stadio possono emergere gravi ferite ulcerate che tendono a infettarsi; spesso la morte sopraggiunge proprio per gravi infezioni.

Le cause del kuru

Il kuru è innescato da un prione, cioè un agente infettivo di natura proteica (non è un virus o un batterio poiché privo di acidi nucleici) che è in grado di deformare la struttura delle proteine. Quelle infette riescono a trasmettere l'anomalia alle proteine limitrofe rendendo devastanti gli effetti del prione. Il popolo della Papua Guinea si infettava mangiando carne umana, in particolar modo il cervello e altri organi interni dove la carica prionica risulta maggiore. Non a caso la stragrande maggioranza dei casi di kuru riguardava donne e bambini, cui spettava mangiare il tessuto cerebrale dei defunti in seno al rito funebre. Gli uomini erano sensibilmente meno esposti al kuru poiché consumavano principalmente i muscoli. Quando i medici si accorsero del legame tra cannibalismo e kuru le autorità vietarono immediatamente i riti, facendo col tempo crollare il numero di casi registrati. Poiché il prione può avere un'incubazione di ben 50 anni, alcuni casi sono stati segnalati anche in epoca piuttosto recente. Secondo gli scienziati tutto sarebbe nato da un membro dei Fore ammalatosi sporadicamente di una forma del morbo di Creutzfeldt-Jacob. Quando morì infettò chi consumò la sua carne e da allora il kuru si evolse e passò di generazione in generazione, fino a quando non furono proibiti i riti cannibali.

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