Estate Di San Martino

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Estate di San Martino
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

L'estate di san Martino è il nome con cui viene indicato un eventuale periodo autunnale in cui, dopo le prime gelate, si verificano condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore. Nell'emisfero australe il fenomeno si osserva eventualmente in tardo aprile - inizio maggio. Mentre il nome di Estate di San Martino è condiviso con le culture iberofone e francofone, nei paesi anglosassoni viene chiamata Indian Summer mentre in alcune lingue slave, tra cui il russo, è chiamata Bab'e Leto.

San Martino viene festeggiato l'11 novembre.

Durante l'estate di San Martino venivano rinnovati i contratti agricoli annuali; da qui deriva il detto fare San Martino, cioè traslocare.

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Tradizionalmente durante questi giorni si aprono le botti per il primo assaggio del vino nuovo, che solitamente viene abbinato alle prime castagne. Questa tradizione è celebrata anche in una famosa poesia di Giosuè Carducci intitolata appunto San Martino:

« La nebbia a gl'irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;

Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar

Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar. »

 
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11 Novembre - San Martino

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L'autunno e l'inverno portano atmosfere da leggenda e molte sono le giornate che potremmo festeggiare con i bambini. Una delle giornate in questione è l'11 novembre: San Martino con la sua estate, le sue lanterne rappresenta il vero inizio del periodo natalizio. Pur essendo morto l’8, San Martino viene ricordato il giorno in cui la sua salma venne tumulata, l’11 novembre appunto.

L'estate di San Martino: tre giorni e un pocolino, recita un famoso proverbio. Sono questi 3 giorni e mezzo di clima quasi estivo, i giorni in cui si apre il vino novello e finiscono simbolicamente le attività agricole.

La leggenda

Martino, figlio di un tribuno romano, nacque a Sabaria, in Pannonia (ai confini dell’Ungheria con l’Austria), verso fra il 315 e 317. Suo padre gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Fu educato nella città di Pavia, dove passò la sua infanzia fino all'arruolamento nella guardia imperiale, all'età di quindici anni La legge romana lo obbligava a entrare nell' esercito come suo padre, così, malgrado fosse un tipo molto pacifico, dovette diventare soldato. A scuola Martino prese i primi contatti con i cristiani e, all'insaputa dei genitori, si fece catecumeno e prese a frequentare con assiduità le assemblee cristiane. Si narra che avesse appena dodici anni quando, contro la volontà dei suoi genitori, che credevano negli dei di Roma, si fece battezzare e divenne cristiano.

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La sua umiltà e la sua carità hanno dato vita ad alcune leggende. La più famosa è quella in cui, mentre era ancora soldato, in una grigia giornata d’autunno, mentre usciva da una delle porte della città francese di Amiens, dove viveva, Martino vide un povero vecchio, mezzo nudo e tremante per il freddo. Preso da pietà sguainò la spada, tagliò il suo bel mantello di lana e ne diede la metà al povero per coprirsi e scaldarsi. Subito il sole spuntò nel cielo proprio come in una calda giornata estiva. Per questo si chiama “estate di S. Martino” quel periodo agli inizi di novembre in cui spesso la temperatura è più mite.
Quella notte, in sogno, Martino vide Gesù avvolto in quel mezzo mantello che gli sorrideva riconoscente e gli restituiva la metà di mantello che aveva condiviso. Udì Gesù dire ai suoi angeli: "Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito." Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il mantello miracoloso venne conservato come reliquia, ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei Re Merovingi dei Franchi. Il termine latino per "mantello corto", cappella, venne esteso alle persone incaricate di conservare il mantello di San Martino, i cappellani, e da questi venne applicato all'oratorio reale, che non era una chiesa, chiamato cappella.
 Il sogno ebbe un tale impatto su San Martino, che si fece battezzare il giorno seguente e divenne cristiano. Ottenuto dall'imperatore l'esonero dal servizio militare, Martino si recò a Poitiers presso il vescovo Sant'Ilario, che completò la sua istruzione religiosa e in seguito divenne un monaco nei pressi della città di Tours.
Un’altra leggenda narra della sua volontà di abbattere un albero che i pagani avevano trasformato in un idolo. Questi lo sfidarono: "Mettiti sotto l'albero mentre cade e vedremo se il 'tuo' Dio ti salverà". Martino rimase in piedi sotto l'albero mentre le scuri dei boscaioli incidevano il tronco, proprio nella direzione in cui sarebbe dovuto cadere; al momento dello schianto, l'albero si drizzò su se stesso e cadde dalla parte opposta...

Stremato dalle fatiche e dalle penitenze, pregava il Signore dicendo: " Se sono ancora necessario non mi rifiuto di soffrire, altrimenti venga la morte." Morì a Candes e volle essere disteso sulla nuda terra, cosparso di cenere e cinto da un cilicio: era l' 11 novembre del 397, sepolto nella cattedrale di Tours, la sua tomba divenne oggetto di molti pellegrinaggi e su di essa venne eretta una straordinaria basilica.


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San Martino nel mondo

In Svezia e in Danimarca è tradizione che, per San Martino, si mangi l’oca. Questa usanza è legata a un’altra leggenda. Si racconta che il Papa volesse a tutti i costi nominare vescovo Martino, che era umile e non desiderava occupare posizioni importanti, si nascose in un convento sperando che nessuno lo potesse trovare; voleva solo pregare e vivere semplicemente. In quel convento c’erano però delle oche. Le oche, è risaputo, sono animali chiassosi: non conoscendo quel monaco quando lo videro fecero un tale concerto di “qua, qua, qua” che alla fine Martino venne scoperto.
Da allora, in occasione di questa ricorrenza, ogni anno un’oca viene arrostita come punizione per quell’antica “soffiata”.
In Svizzera l’oca si mangia ripiena di fette finissime di mele; mentre in Germania la si riempie di artemisia profumata, mele, marroni glassati col miele, uva passita e le stesse interiora dell'animale. Dicono i tedeschi che l'oca perché sia veramente buona deve provenire dalla Polonia o dall'Ungheria, fra l'altro la patria di san Martino che era nato nell'antica Pannonia.
In Boemia, non solo si mangia l'oca per San Martino, ma se ne trae l'oroscopo per l'inverno: se le ossa sono bianche, l'inverno sarà breve e mite, se scure è segno di pioggia, neve e freddo.
In Francia, fin dal 1700, è usanza festeggiare l’arrivo dell' inverno l'11 novembre (giorno di S. Martino) mangiando un'oca.


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In Germania la festa di San Martino i bambini si vestono in maschera e fanno un'allegra processione con delle lanterne di carta costruite da loro stessi, (vedi qui come costruire le lanterne) molto colorate e allegre e cantano dei canti tradizionali, alcuni vengono accompagnati da un "S.Martino" a cavallo e, la sera del 10 novembre, fanno un corteo portando in mano dei lumini accesi. Anche loro vanno di casa in casa cantando una canzone e facendosi regalare dolcetti e soldini. È infatti tradizione riunirsi il pomeriggio, quando inizia a fare buio, accendere la propria lanterna appesa all’estremità di un ramo e partecipare alla processione detta Laternenumzug, cantando canzoncine come

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"lanterne, lanterne, sole, luna e stelle,
date luce a noi, date luce a noi,
questa luce nel Mondo vogliamo portar!"


La lanterna verrà accesa ogni sera come rito della buonanotte, fino all'arrivo del Natale: la lanterna rappresenta il calore dell'estate che teniamo con noi e che ci riscalda nel freddo dell'inverno.

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In Italia, per tradizione, il giorno di San Martino si aprono le botti per il primo assaggio del vino novello, accompagnato dalle prime castagne.
Un tempo però in questo stesso giorno aveva termine, in molte zone del nord, l’anno lavorativo dei contadini. Se il padrone del campo non chiedeva loro di restare a lavorare per lui anche l’anno dopo, questi dovevano traslocare e andare a cercare un altro padrone e un altro alloggio. Anche nella città divenne abituale, per chi aveva un alloggio in affitto, cambiare casa proprio a San Martino, perciò “fare San Martino” è diventato un modo per dire “cambio casa”.

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In provincia di Venezia si fa un dolce di pasta frolla a forma del santo sul cavallo e sopra è tutto guarnito con glassa colorata, caramelle, cioccolatini etc. E' molto bello a vedersi e per chi piacciono i dolci di pasta frolla anche buono a mangiarsi. Di solito sono i fidanzati che lo regalano alle rispettive fidanzate.


Va ricordato anche che in passato il periodo di penitenza e digiuno che precede il Natale cominciava il 12 novembre e quindi, anche per questo motivo il giorno prima, per San Martino appunto, si faceva una grande mangiata d’oca o di tacchino; era una specie di capodanno contadino e l’oca era considerata il maiale dei poveri.

In ogni modo la scelta del grasso volatile come cibo tipico della festa di San Martino non è casuale perché dietro la popolare usanza gastronomica si celano vestigia di antiche credenze religiose che deriverebbero dalle celebrazioni del Samuin Celtico: l'oca di san Martino sarebbe dunque una discendente di quelle oche sacre ai Celti, simboli del Messaggero divino, che accompagnavano le anime dei defunti nell'aldilà.
Una curiosità: nella cucina tradizionale romana non vi sono ricette per cucinare l'oca, forse per ancestrale riconoscenza dei Romani verso questi volatili, simbolo di fedeltà e vigilanza. D'altronde le oche che sorvegliavano il tempio della dea Giunone al Campidoglio riuscirono a salvare il colle dall'invasione dei Galli nel 390 a.C. dando l'allarme con le loro strida!
San Martino, comunque, è un personaggio molto amato dalla tradizione in tutto il mondo: si contano più di 4000 Chiese in suo onore in Francia e svariate nel resto nel mondo, ed il suo nome è stato dedicato a diverse cittadine.

Proverbi legati all'estate di San Martino:

L'estate di San Martino: tre giorni e un pochinino.
Per San Martino ogni botte è vino.
A San Martino, si veste il grande e il piccino. Infatti, se non è oggi sarà domani, la neve è vicina.


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La storia dell'oca

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Affonda nei secoli bui la tradizione di cibarsi dell'oca nel giorno di S. Martino. L'oca costituì assieme al maiale la riserva di grassi e proteine durante l'inverno del povero contadino che si cibava quasi sempre solo di cereali e di grandi polente. Dopo gli egiziani sentiamo parlare dell'oca da Omero che ci narra che i Greci tenevano l'oca come allegro compagno d'infanzia, come guardiano . Anche i romani tenevano in grande considerazione le oche che servivano da guardiani notturni del tempio della dea Giunone nel Campidoglio. Le oche venivano ingrassate con fichi secchi provenienti dalle regioni meridionali per rendere il fegato bello grasso. I romani chiamavano "iecor" il fegato e "iecor ficatum" quello grasso , da cui l'italiano "fegato"

L'oca fu sempre allevata anche nel periodo medioevale nei monasteri e nelle famiglie dei contadini, come ordinava Carlo Magno. A favorire la diffusione dell'oca furono attorno al 1400 alcune comunità ebraiche di rito aschenazita che si stabilirono, provenienti dall'Europa del nord, nelle regioni settentrionale della penisola e quindi anche nel Veneto . Per motivi religiosi non potevano consumare carne di maiale, così i loro macellai preparavano deliziosi salami e prosciuttini d'oca. L'oca era cibo prediletto dalle ricche famiglie ebree sul finire dell'ottocento. Risulta che fra i barbari che saccheggiarono Roma nel 390 a.C., sotto la guida di Brenno , il palmipede era pure "simbolo dell'aldilà e guida dei pellegrini, ma anche della Grande Madre dell'Universo e dei viventi. La zampa dell'oca veniva usata come "marchio" di riconoscimento dai maestri costruttori di cattedrali gotiche che si chiamavano "Jars" che in francese vuol dire oche.

Quella dell'11 nov. era una festa pagana di origine antichissima , già della tradizione celtica, entrata a far parte delle feste cristiane grazie a S. Martino. Questo periodo dell'anno fin dalla tradizione più antica dedicato a S. Martino è sempre stato collegato alle oche. La leggenda racconta infatti che Martino, nonostante l'elezione a furor di popolo a Vescovo di Tours, non voleva abbandonare il saio e cercò di nascondersi, ma furono proprio le oche a stanarlo e così divenne vescovo amatissimo di Tours e poi Santo per la sua bontà nei confronti dei poveri. Secondo alcuni però la tradizione di mangiar l'oca ai primi di novembre non è altro che la conseguenza del fatto che in questo periodo le oche selvatiche migrano verso sud e quindi è più facile cacciarle. Nel secolo scorso e fino ai primi del Novecento l'oca era anche mezzo di scambio. Con essa fittavoli e mezzadri pagavano ai nobili proprietari terrieri una parte del dovuto. Oppure si recavano al mercato e scambiavano le oche con stivali come ricorda la fiera di S. Andrea a Portogruaro nel Veneto , detta "Fiera delle oche e degli stivali".

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POESIE

San Martino di Giosuè Carducci


La nebbia a gl'irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

La leggenda di san Martino di N. Giustino

Umido e freddo spunta il mattino, ed a cavallo va San Martino
Quand’ecco appare un mendicante, lacero e scalzo vecchio e tremante
Il cavaliere mosso a pietà, vorrebbe fargli la carità
Ma nella borsa non ha un quattrino, e allora dice: “Oh poverino!
Mi spiace nulla io posso darti, ma tieni questo per riscaldarti.”
Divide in due il suo mantello, metà ne dona al poverello.
Il sole spunta e brilla in cielo, caccia la nebbia con il suo velo.
E San Martino continua il viaggio, sempre allietato dal caldo raggio.

Nero il cielo era; la pioggia fitta al suol precipitava
nè una casa nè una roggia al meschin si presentava
avanzava sconfortato, le sue gambe eran tremanti
ecco un giovane soldato si presenta a lui davanti
snello biondo ardito e bello, ei sta ritto sul cavallo
guarda e subito il mantello svelto taglia senza fallo
ne dà mezzo al poveretto, che l’indossa, e il donatore
fissa. Dice ” Benedetto, sia per sempre il tuo buon cuore.”
Freddo non aveva più, e Martino se ne andava
ora non pioveva più, ecco il cielo rischiarava
riapparì smagliante il sole, s’udì dolce un’armonia
gelsomini, rose, viole, infioravano la via.


RICETTE


L’11 Novembre, in Sicilia, nei tempi passati, S.Martino veniva festeggiato dalle persone ricche che potevano imbandire le loro tavole con prodotti dolciari di vario genere; i poveri, invece, dovevano attendere fino alla domenica successiva, in quanto aspettavano la simanata, cioè il salario settimanale, per potere assaporare i biscotti con il moscato. Nella giornata dell’11 Novembre, in Sicilia, si è soliti consumare i biscotti di San Martino, che hanno diverse varianti, a seconda delle zone in cui ci si trova. A Palermo, in particolare si è soliti mangiare tre tipi di biscotti: quelli semplici, quelli con la marmellata e quelli con la ricotta.


Biscotti di San Martino

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Questa è la ricetta classica dei biscotti di San Martino, che risultano particolarmente duri. Nella tradizione siciliana, ogni commensale dispone di un bicchiere di moscato di Pantelleria, in cui intingerà il proprio biscotto per renderlo più morbido e gustoso.

Ingredienti:

1 kg di farina
250 g di strutto
160 g di zucchero
60 g di lievito di birra
40 g di semi di finocchio
cannella in polvere

Mettete in una ciotola grande la farina, al centro ponete lo strutto, lo zucchero, il lievito, precedentemente miscelato ad un po’ di acqua tiepida, i semi di finocchio, e la cannella. Amalgamate fin quando l’impasto non sarà morbido e compatto. Tagliate l’impasto a cilindretti, che avvolgerete a spirale. Poneteli su una teglia imburrata e cuoceteli a forno ben caldo fin quando non saranno ben cotti, ricordandovi che dovranno risultare secchi e duri.


Biscotti di San Martino decorati

Questa è la seconda variante dei biscotti di San Martino. Essa si fregia dell’alta pasticceria palermitana, con i suoi sapori e il lavoro certosino di decorazione

Ingredienti

1 kg di farina
250 g di strutto
160 g di zucchero
60 g di lievito di birra
40 g di semi di finocchio
cannella in polvere
Marmellata di albicocche q.b.
Glassa di zucchero (100 gr di zucchero e due cucchiai di acqua) q.b.
Confetti colorati oppure caramelline q.b.

Procedete come nella ricetta precedente, ma metteteli in forno a fuoco moderato e tirateli fuori quando sono cotti ma morbidi. Tagliateli a metà e farciteli di marmellata. Spennellate la marmellata anche all'esterno dei dolci e preparate la glassa con 100 gr di zucchero a velo e due cucchiai di acqua, mescolando fin quando non risulta moderatamente densa. Ricopriteli interamente di glassa di zucchero, e decorate con i confetti, le caramelle, e tutto quello che volete. Lasciate asciugare.


Biscotti di San Martino ripieni di ricotta

Questa è la terza variante dei biscotti di San Martino

Ingredienti


1 kg di farina
250 g di strutto
160 g di zucchero
60 g di lievito di birra
40 g di semi di finocchio
cannella in polvere
Moscato q.b.
Ricotta q.b.
Zucchero a velo q.b.

Procedete come nella prima ricetta, metteteli in forno a fuoco moderato e tirateli fuori quando sono cotti ma morbidi. Tagliateli in due parti, facendo attenzione che sia un pezzo per ¼ e l’altro per ¾, e lasciateli raffreddare. Bagnate leggermente le due parti con il moscato. Fra base e “cappello” mettete una buona quantità di ricotta, precedentemente lavorata con un po’ di zucchero. Spolverate la parte superiore con zucchero a velo e cannella in polvere.


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Creare lanterne per l'estate di San Martino

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IDEE PER REALIZZARE LE LAMPADE

Cosa occorre

barattolo di vetro
carta velina
lumino
fil di ferro
colla vinilica e pennello
pinza e tenaglia

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Come procedere

1) Ovviamente il barattolo può essere ricoperto con la carta velina con qualsiasi schema o colore.
Ritagliare tanti cerchi di carta velina di colori diversi.


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2) Spennellare il barattolo di colla vinilica e ricoprirlo man mano di carta velina.

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3) Tagliare un pezzo di fil di ferro. Avvolgere il collo del barattolo, fermando uno dei due capi aiutandosi con una pinza.

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4) Creare un anello grande a sufficienza per poter trasportare la lanterna.
Fermare il secondo capo facendolo passare sotto il fil di ferro avvolto intorno al collo e poi girandolo con la pinza.

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5) Basta inserire un lumino e la lanterna è finita!

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Tratto da: crearescout.wordpress.com




Come procedere

Tagliate a pezzettini la carta velina, 2/3 cm
Prendete il barattolo di vetro e attaccate questi pezzettini in modo disordinato sul vetro picchiettando con un pennello intinto nella colla, il pezzetto di deve completamente bagnare
Coprite tutto il barattolo con i pezzetti di velina, anche il fondo, senza arrivare al bordo, lasciando giusto un paio di millimetri


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Lasciate asciugare
Prendete il fil di ferro, quello morbido, e giratelo sull'imboccatura del barattolo in modo che la scanalatura del tappo formi uno scalino che ferma il barattolo; create la maniglia con lo stesso filo di ferro.

Coprite il fil di ferro con del nastro, potete rivestire anche la maniglia.
mettete dentro una candelina.

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Lo stesso procedimento può essere applicato per creare lanterne con materiali diversi come foglie autunnali
prima però è opportuno appiattirle sotto un grosso libro.
Incollarle sul barattolo con colla vinilica e ricoprirle di carta-riso, una volta asciugato, spennellarlo con vernice trasparante... così illuminate creano un atmosfera davvero magica!

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Una simpatica versione con delle lattine


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Come procedere

Tirare la linguetta per aprire la lattina, avendo cura di lasciare la scheda intatta, se possibile. Svuotare la bevanda in una tazza. Sciacquare la lattina e riempirla con acqua di rubinetto. Congelare per sei-otto ore.

Appoggiare le lattine congelate su un canovaccio ripiegato per facilitare il lavoro. Se la scheda è stata staccata durante l'apertura, praticare due fori sul fondo della lattina.

Utilizzare il pennarello nero per disegnare 12 punti equidistanti lungo la circonferenza del barattolo, due centimetri dal bordo superiore. Disegnare un'altra serie di 12 punti corrispondenti ai punti in alto sulla parte inferiore della lattina, anche essi a due centimetri dal fondo.

Disegnare una leggera curva a S che unisca tutti i puntini superiore a quelli in basso. Seguire le linee per tagliare la lattina con la taglierina. Fare attenzione a tenerla saldamente ferma.

Far sciogliere il ghiaccio nella lattina. Asciugarla.

Premere la parte superiore verso il basso in modo da aprire i tagli. Far scivolare il cacciavite all'interno di una fessura a premere sul fondo di una striscia facendola allargare verso l'esterno. Ripetere l'operazione per tutte le strisce in modo che somigli il più possibile ad una lanterna.

Posizionare la lanterna in entrambe le mani e torcere leggermente, premendo un pò verso l'interno.
Passare il filo attraverso la serie di fori nella parte alta della lanterna creando un gancio per appenderla.
Posizionare la candela all'interno.


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Cosa occorre

sacchetti di carta bianca
matita
stencil o timbri
taglierino
piccoli pezzi di cartone
ferro filato
occhielli e pinza per occhielli
candele

1. Ripiegare la parte superiore dei sacchetti come da foto.


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2. Far scorrere il pezzo di cartone nel sacchetto, in modo da avere una superficie di taglio senza correre il rischio di tagliare l’altro lato.

3. Con una matita, tracciare la forma dello stencil o dello stampino ed utilizzare un taglierino lentamente il disegno scelto.

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4. Ora sui due lati di ogni sacchetto sul lato applicare gli occhielli con l’apposita pinza.

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5. Utilizzare il ferro filato per formare il manico, infilandolo negli occhielli appena applicati.

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6. Adagiare una candela in ogni sacchetto ed appenderlo dove lo si desidera.


Tratto da desainer.it





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San Martino

Nero il cielo era;
la pioggia fitta al suol precipitava
nè una casa nè una roggia
al meschin si presentava
avanza sconfortato,
le sue gambe eran tremanti
ecco un giovane soldato
si presenta a lui davanti
snello biondo ardito e bello,
ei sta ritto sul cavallo
guarda e subito il mantello
svelto taglia senza fallo
ne dà mezzo al poveretto,
che l’indossa, e il donatore
fissa. Dice ” Benedetto,
sia per sempre il tuo buon cuore.”
Il meschino era Gesù,
e Martin si prosternava
ora non pioveva più,
ecco il cielo rischiarava
riapparì smagliante il sole,
s’udì dolce un’armonia
gelsomini, rose, viole,
infioravano la via.

(N. Giustino)

 
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'estate di san Martino è il nome con cui viene indicato un eventuale periodo autunnale in cui, dopo le prime gelate, si verificano condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore. Nell'emisfero australe il fenomeno si osserva in tardo aprile - inizio maggio, mentre nell'emisfero boreale a inizio novembre (San Martino viene festeggiato l'11 novembre).

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Origine e diffusione del nome
Il nome ha origine dalla tradizione del mantello, secondo la quale Martino da Tours (poi divenuto San Martino), nel vedere un mendicante seminudo patire il freddo durante un acquazzone, gli donò metà del suo mantello; poco dopo incontrò un altro mendicante e gli regalò l'altra metà del mantello: subito dopo, il cielo si schiarì e la temperatura si fece più mite.


Il nome di Estate di San Martino è condiviso con le culture iberofone e francofone, nei paesi anglosassoni viene chiamata Indian Summer ("estate indiana"), mentre in alcune lingue slave, tra cui il russo, è chiamata Bab'e Leto

L'estate di San Martino nella cultura popolare[modifica | modifica wikitesto]
Durante l'estate di San Martino venivano rinnovati i contratti agricoli annuali; da qui deriva il detto "fare San Martino", cioè traslocare.

Tradizionalmente durante questi giorni si aprono le botti per il primo assaggio del vino nuovo, che solitamente viene abbinato alle prime castagne. Questa tradizione è celebrata anche in una famosa poesia di Giosuè Carducci intitolata appunto San Martino:

« La nebbia a gl'irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;

Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar

Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar. »


(San Martino; Giosuè Carducci)


Estate di San Martino (Nachsommer) del 1857 è anche uno dei racconti più celebri dello scrittore del realismo austriaco Adalbert Stifter.

Sebbene l'Estate di San Martino rimanga una leggenda popolare, essa trova tuttavia un reale riscontro fisico.



FONTE
 
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San Martino (poesia)

San Martino
Autore Giosuè Carducci
1ª ed. originale 1883
Genere poesia
Lingua originale italiano


San Martino è una poesia di Giosuè Carducci. Fa parte della raccolta Rime nuove, che raccoglie liriche scritte dal 1861 al 1887. Il testo autografo riporta il titolo Autunno con la data «8 dicembre 1883: finito ore 3 pomeridiane». La poesia con il titolo San Martino (in maremma pisana) fu pubblicato nel supplemento Natale e Capo d'anno dell'Illustrazione Italiana del dicembre 1883. Il titolo definitivo fu inserito nelle Rime nuove e nell'edizione nazionale delle Opere (vol. IX).
Una lirica di Ippolito Nievo, antecedente a quella del Carducci di circa venticinque anni, contiene una serie di termini (nebbia, colli, mare, pensieri, uccelli, vespero, rosseggiare, ecc.) e immagini presenti anche in San Martino. Questo ha fatto avanzare l'ipotesi che Carducci, che aveva viaggiato in Toscana dal 17 al 26 settembre 1883 diretto a Roma e tornato a Bologna alla fine d'ottobre, nella sua visione lirica dei luoghi visitati si sia ispirato direttamente proprio alla poesia di Nievo, composta nel 1858, e l'abbia poi trasfigurata poeticamente secondo la sua sensibilità.


Il testo

Il titolo fa riferimento alla data dell'11 novembre (san Martino), giorno in cui, tradizionalmente, in Italia si «celebra la maturazione del vino nuovo» (donde la locuzione proverbiale: "san Martino, ogni mosto diventa vino").

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La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.

La parafrasi

La nebbia, dissolvendosi e lasciando il posto ad una leggera pioggerella, risale per le colline rese ispide dalle piante ormai prive di foglie e, spinto dal freddo vento di maestrale, il mare rumoreggia frangendosi sulla scogliera con imponenti onde bianche di spuma. Ma per le vie del paesello si propaga dai tini, dove fermenta il mosto, l'odore aspro del vino nuovo che allieta l'umore dei paesani del borgo. Nel frattempo sui ceppi che bruciano nel focolare scoppietta il grasso che cola dallo spiedo; e il cacciatore fischiettando se ne sta sull'uscio a guardare stormi di uccelli che, in contrasto con le nubi rosseggianti per l'imbrunire, appaiono neri come quei cupi pensieri che volano via nella quiete del tramonto.

Analisi dell'opera

La poesia adotta la metrica dell'odicina anacreontica (quattro quartine di settenari).
Lo schema di rime è ABBC DEEC FGGC HIIC.

Si descrive un paesaggio in bianco e nero con l'eccezione del colore rossastro al termine della poesia che serve a far risaltare ancora di più il volo degli uccelli neri.

Evidente il contrasto tra l'atmosfera del borgo e il suono del mare in tempesta agitato dal maestrale, simbolo di un'inquietudine che, a mano a mano che si sale con fatica verso la cima del colle, quasi svapora attraverso la nebbia che vela la realtà, che non ci fa capire cosa veramente vogliamo, finché si giunge alla chiara allegrezza del borgo dove il rumore del mare è ormai lontano e dove si diffondono gli odori del vino che si sta facendo e della carne che gira sullo spiedo. Questi sono i suoni della pace, il vino che bolle nelle botti, la legna dello spiedo che scoppietta contrapposti alla furia del vento che agita il mare dell'esistenza umana.

Al termine della faticosa salita per la conquista della tranquillità ci attendono il vino e il cibo, una consolazione e un modo per raggiungere serenità, lasciare alle spalle, giù in basso il mare agitato della vita.
La serenità, oltre che negli odori, qui tinta di tristezza, è nel suono: nel fischiettio del cacciatore che appoggiato alla porta di casa guarda pensoso le nuvole rosse per il tramonto dove si stagliano uccelli neri che volano via come i foschi pensieri.

È una pace questa che si percepisce durerà poco, poiché ancora si sente là, in basso, il mare della vita rumoreggiare e poiché il poeta è ormai al tramonto che precede le tenebre della notte.



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view post Posted on 7/11/2016, 19:26
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La leggenda di san Martino di N. Giustino

Umido e freddo spunta il mattino, ed a cavallo va San Martino
Quand’ecco appare un mendicante, lacero e scalzo vecchio e tremante
Il cavaliere mosso a pietà, vorrebbe fargli la carità
Ma nella borsa non ha un quattrino, e allora dice: “Oh poverino!
Mi spiace nulla io posso darti, ma tieni questo per riscaldarti.”
Divide in due il suo mantello, metà ne dona al poverello.
Il sole spunta e brilla in cielo, caccia la nebbia con il suo velo.
E San Martino continua il viaggio, sempre allietato dal caldo raggio.

Nero il cielo era; la pioggia fitta al suol precipitava
nè una casa nè una roggia al meschin si presentava
avanzava sconfortato, le sue gambe eran tremanti
ecco un giovane soldato si presenta a lui davanti
snello biondo ardito e bello, ei sta ritto sul cavallo
guarda e subito il mantello svelto taglia senza fallo
ne dà mezzo al poveretto, che l’indossa, e il donatore
fissa. Dice ” Benedetto, sia per sempre il tuo buon cuore.”
Freddo non aveva più, e Martino se ne andava
ora non pioveva più, ecco il cielo rischiarava
riapparì smagliante il sole, s’udì dolce un’armonia
gelsomini, rose, viole, infioravano la via.

 
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view post Posted on 5/11/2017, 19:40
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Estate di San Martino: 11 Novembre tra scienza e leggenda

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San Martino, patrono di Belluno e diversi altri comuni, si celebra l'11 Novembre, data non della sua morte, ma della sua sepoltura. Nel tempo è diventata una festa molto sentita in tutto l'Occidente, grazie alla sua popolare fama di santità e al grande numero di cristiani che portavano il nome di Martino.

Nel Concilio di Mâcon si decise che sarebbe stata una festa non lavorativa. E' anche considerato protettore di albergatori, cavalieri, fanteria, mendicanti, sarti, vendemmiatori.

Martino nacque a Sabaria Sicca (odierna Szombathely, in Ungheria) in un avamposto dell'impero romano alle frontiere con la Pannonia. Il padre, tribuno militare della legione, gli diede questo nome in onore al dio della guerra, Marte. Da bambino si trasferì coi genitori a Pavia ed è qui che trascorse l'infanzia. Ma a dieci anni fuggì di casa per due giorni, che trascorse in una chiesa.

Nel 331 un editto imperiale obbligò tutti i figli di veterani (come il padre di Martino) ad arruolarsi nell'esercito romano e così fu reclutato nel corpo scelto Scholae imperiali, composto di 5000 unità. Disponeva quindi di un cavallo e di uno schiavo.

Fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens, vicino al confine, dove passò la maggior parte della sua vita da soldato. Faceva parte, all'interno della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano tra le altre cose l'ordine pubblico, il trasferimento dei prigionieri e la sicurezza di importanti personalità.

Ora, si narra che nel 335 ci fu un inverno piuttosto rigido. Martino, ancora militare, incontrò un mendicante seminudo. Nel vederlo soffrire di freddo durante un episodio di forte maltempo, tagliò in due il suo mantello (la clamide bianca della guardia imperiale) e lo offrì a lui. Di lì a poco il tempo migliorò, usci il Sole e il clima si fece più mite.

La notte seguente vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare. Sentì Gesù dire ai suoi angeli: "Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito". Quando Martino si risvegliò il suo mantello era sano. Il mantello "miracoloso" venne così conservato ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi.

Leggende a parte, il nome di Estate di San Martino, condiviso anche con altre culture come in Francia, Spagna e nei paesi anglosassoni (dove viene chiamata Indian Summer, cioè estate indiana), deriverebbe proprio dal fatto che è tipico, specie nella prima metà di Novembre, assistere a un periodo relativamente quieto e mite delle condizioni atmosferiche, magari dopo i primi episodi "freddi" di Ottobre. Non sono infrequenti espansioni dell'Anticiclone delle Azzorre se non addirittura del promontorio sub-tropicale africano, cosa che può però benissimo accadere in altri periodi dell'anno. Ma all'inizio di Novembre il nostro emisfero ha iniziato solo da poco a raffreddarsi e sebbene il Sole sia ormai piuttosto basso e le ore di luce si siano notevolmente ridotte, basta poco per ritrovare il tepore.

Consultando le mappe del nostro archivio storico, ci si può divertire a trovare periodi di questo tipo (oppure no...) e vedere quando e quanto la tradizionale Estate di San Martino sia stata rispettata. Ad esempio, l'autunno 2015 è stato caratterizzato da un clima eccezionalmente mite nelle prime due settimane di Novembre. In totale controtendenza invece il San Martino del Novembre 1965, con il maltempo protagonista proprio ad iniziare dal giorno 10...

La climatologia media mostra comunque un'effettiva tendenza al verificarsi di condizioni miti anticicloniche specie (il che non può sorprendere...) durante la prima metà del mese di Novembre.



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view post Posted on 7/11/2017, 17:37
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La nebbia a gl'irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar.


Giosue' Carducci

 
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view post Posted on 7/11/2017, 18:19
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Era l’11 novembre: il cielo era coperto, piovigginava e tirava un ventaccio che penetrava nelle ossa; per questo il cavaliere era avvolto nel suo ampio mantello di guerriero.
Ma ecco che lungo la strada c’è un povero vecchio coperto soltanto di pochi stracci, spinto dal vento, barcollante e tremante per il freddo.
Martino lo guarda e sente una stretta al cuore. “Poveretto, pensa morirà per il gelo!”
E pensa come fare per dargli un po’ di sollievo. Basterebbe una coperta, ma non ne ha.
Sarebbe sufficiente del denaro, con il quale il povero potrebbe comprarsi una coperta o un vestito; ma per caso il cavaliere non ha con sé nemmeno uno spicciolo.
E allora cosa fare? Ha quel pesante mantello che lo copre tutto. Gli viene un’idea e, poiché gli appare buona, non ci pensa due volte

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Si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto.
“Dio ve ne renda merito!”, balbetta il mendicante, e sparisce.
San Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un ventaccio rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena.
Ma fatti pochi passi ecco che smette di piovere, il vento si calma.
Di lì a poco le nubi si diradano e se ne vanno. Il cielo diventa sereno, l’aria si fa mite.
Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello.
Ecco l’estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bell’atto di carità ed anche per ricordarci che la carità verso i poveri è il dono più gradito a Dio. ♥♥♥

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view post Posted on 10/11/2017, 14:56
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view post Posted on 11/11/2017, 17:56
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11 Novembre: SAN MARTINO

"Quando il mosto si fa Vino..."

CALDARROSTE e VINO...AUGURI A.TUTTI I MARTINO...

LA LEGGENDA del MANTELLO

"Era l'11 novembre:

il cielo era coperto, piovigginava e tirava un ventaccio che penetrava nelle ossa; per questo il cavaliere era avvolto nel suo ampio mantello di guerriero.

Ma ecco che lungo la strada c'è un povero vecchio coperto soltanto di pochi stracci, spinto dal vento, barcollante e tremante per il freddo, Martino lo guarda e sente una stretta al cuore. "Poveretto, - pensa - morirà per il gelo!"

e pensa come fare per dargli un po' di sollievo Basterebbe una coperta, ma non ne ha,sarebbe sufficiente del denaro, con il quale il povero potrebbe comprarsi una coperta o un vestito, ma il cavaliere non ha con sé nemmeno uno spicciolo...allora cosa fare?...Ha quel pesante mantello che lo copre tutto,gli viene un'idea e poiché gli appare buona, non ci pensa due volte, si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto.

"Dio ve ne renda merito!",balbetta il mendicante e sparisce.

San Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un ventaccio rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena,ma fatti pochi passi ecco che smette
di piovere, il vento si calma...di lì a poco le nubi si diradano e se ne vanno,il cielo diventa sereno l'aria si fa mite.

Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello... ecco l'estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bell'atto di carità ed anche per ricordarci che la carità verso i poveri è il dono più gradito a Dio,ma la storia di San Martino non finisce qui...Durante la notte, infatti, Martino sognò Gesù che lo ringraziava mostrandogli la metà del mantello, quasi per fargli capire che il mendicante incontrato era proprio lui in persona."

Durante l’estate di San Martino (3 giorni e un po’) venivano rinnovati i contratti agricoli annuali (da qui deriva il detto "fare San Martino" traslocare in alcune cittá...

A BOLOGNA si dice: "fare San Michele")

Tradizionalmente durante questi giorni si aprono le botti per il primo assaggio del vino novello, che solitamente viene abbinato alle prime castagne.

(Internet)


da fb

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foto wikipedia

 
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view post Posted on 4/11/2018, 18:15
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San Martino

La nebbia agli irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir dè tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.
Gira sù ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar.
Giosuè Carducci

di Giosué Carducci

 
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