25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne

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marisa56
view post Posted on 10/11/2015, 06:47 by: marisa56
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Femminicidio

Il termine femminicidio, nella sua accezione contemporanea, è un neologismo semantico che identifica tutti quei casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi basati sul genere. Esso costituisce dunque un sottoinsieme della totalità dei casi di omicidio aventi un individuo di sesso femminile come vittima. Un aspetto spesso comune a tale tipologia di crimini è la sua maturazione in ambito familiare, o comunque all'interno di relazioni sentimentali un po instabili.
Il significato di tale neologismo viene definito dal Devoto-Oli come: "Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte". in accordo quindi con la definizione di violenza di genere ed in questi termini è oggetto dell'attenzione mediatica e di interventi istituzionali.



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Jakub Schikaneder, Omicidio in casa (1890)

Origine, significato e diffusione del termine

Secondo le ricerche disponibili, la più antica citazione del termine femicide (femicidio) avvenne nel 1801 in un libro pubblicato in Inghilterra ad indicare genericamente "l'uccisione di una donna" , senza alcun riferimento alla violenza di genere come movente. In questo periodo, il termine femicide veniva infatti usato come opposto ad homicide, che identificava l'uccisione di un essere di sesso maschile. Fonti legali successive indicano nel 1848 l'anno in cui l'uccisione di una donna divenne un reato giuridicamente perseguibile nel Regno Unito.
La prima citazione del termine nella sua accezione moderna, come "uccisione di una donna da parte di un uomo per motivi di odio, disprezzo, piacere o senso di possesso delle donne" è invece del 1990, ad opera della docente femminista di Studi Culturali Americani Jane Caputi e dalla criminologa Diana Russell.
Successivamente il termine è stato utilizzato dalla stessa Russell nel 1992, nel libro scritto insieme a Jill Radford Femicide: The Politics of woman killing. La Russell identificò nel femmicidio una categoria criminologica vera e propria: una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna», in cui cioè la violenza è l'esito di pratiche misogine.

L'antropologa messicana Marcela Lagarde ha scritto nel 1997:



ES)

« El feminicidio implica normas coercitivas, políticas expoliadoras y modos de convivencia enajenantes que, en conjunto, componen la opresión de género, y en su realización radical conducen a la eliminación material y simbólica de mujeres y al control del resto. Para que el feminicidio se lleve a cabo con el conocimiento social y no provoque la ira social, ni siquiera de la mayoría de las mujeres, requiere una complicidad y el consenso que acepte varios principios concatenados: interpretar el daño a las mujeres como si no lo fuera, tergiversar sus causas y motivos y negar sus consecuencias. Todo ello es realizado para sustraer la violencia dañina contra las mujeres de las sanciones éticas, jurídicas y judiciales que enmarcan otras formas de violencia, exonerar a quienes inflingen el daño y dejar a las mujeres sin razón, sin discurso y sin poder para desmontar esa violencia. En el feminicidio, hay voluntad, hay decisiones y hay responsabilidad social e individual. »

(IT)
« Il femminicidio implica norme coercitive, politiche predatorie e modi di convivenza alienanti che, nel loro insieme, costituiscono l'oppressione di genere, e nella loro realizzazione radicale conducono alla eliminazione materiale e simbolica delle donne e al controllo del resto. Per fare in modo che il femminicidio si compia nonostante venga riconosciuto socialmente e senza perciò provocare l'ira sociale, fosse anche della sola maggioranza delle donne, esso richiede una complicità ed un consenso che accetti come validi molteplici principi concatenati tra loro: interpretare i danni subiti dalle donne come se non fossero tali, distorcerne le cause e motivazioni, negarne le conseguenze. Tutto ciò avviene per sottrarre alla violenza contro le donne alle sanzioni etiche, giuridiche e giudiziali che invece colpiscono altre forme di violenza, per esonerare chi esegue materialmente la violenza e per lasciare le donne senza ragioni, senza parola, e senza gli strumenti per rimuovere tale violenza. Nel femminicidio c'è volontà, ci sono decisioni e ci sono responsabilità sociali e individuali. »

(Marcela Lagarde, Identidades de género y derechos humanos. La construcción de las humanas, VII curso de verano, Educación, democracia y nueva ciudadanía, Universidad Autónoma de Aguascalientes, 1997, dal sito della Cátedra UNESCO de Derechos Humanos de la UNAM.)



Il termine è stato ripreso e diffuso da numerosi studi di diritto, sociologia, antropologia, criminologia e utilizzato negli appelli internazionali lanciati dalle madri delle ragazze uccise a Ciudad Juárez. "Nuestras Hijas de regreso a casa" è il movimento fondato da Marisela Escobedo Ruiz, uccisa nel gennaio 2010 in Messico nel corso della sua protesta per ottenere la verità sulla morte della figlia. A un anno di distanza Norma Andrade, altra fondatrice di Nuestras Hijas, subisce un attentato.
È proprio dall'analisi della diffusione dei crimini compiuti contro le donne che la Lagarde propone la sua definizione.

Il fenomeno a livello mondiale


Il femminicidio a livello mondiale è diffuso soprattutto nei paesi dell'America Centrale e del Sud.

Il fenomeno in Italia


Non esiste in Italia un osservatorio nazionale sul femminicidio come in altri paesi, per esempio Spagna e Francia. Una parziale ricostruzione delle vittime tra il 2000 e il 2011 è stata operata da Eures e Ansa pubblicando la prima ricerca specifica sul femminicidio dal titolo "Il femminicidio in Italia nell'ultimo decennio".[11]
Dal 2005 i Centri antiviolenza raccolgono i dati delle donne uccise dai casi riportati dalla stampa.
Solo nel 2012, secondo l'indagine svolta dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, i femminicidi in Italia sono stati 124, i tentati omicidi di donne 47. Il 70% circa delle donne sono state uccise da uomini con cui avevano o avevano avuto una relazione sentimentale (mariti, compagni, ex mariti, ex compagni etc.); la maggior parte degli omicidi vengono compiuti nella casa della coppia, della vittima o dell'autore della violenza; circa 80% delle donne sono italiane, come anche gli autori sono spesso italiani; la maggior parte di loro vive nelle regioni del Nord. Solo negli ultimi anni è sorta una maggiore attenzione a questo fenomeno soprattutto nei mass-media, con trasmissioni televisive come Amore criminale, con l'impegno di giornalisti come Riccado Iacona, con spettacoli teatrali come Ferite a morte, di Serena Dandini. I Centri antiviolenza, molti Comuni ed Enti pubblici per il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza alle donne e 8 marzo, Giornata internazionale della donna, organizzano eventi pubblici di sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne e il femminicidio, come flash mob, convegni, seminari. Nel giugno 2013, il parlamento italiano ha ratificato la Convenzione di Istanbul e nell'agosto 2013 il governo italiano ha emanato il decreto legge 14 agosto 2013 n. 93[12], poi convertito nella legge 15 ottobre 2013 n. 119[13], contenente norme penali che aggravano le ipotesi di atti persecutori od omicidio contro il coniuge od il convivente, tramite specifiche aggravanti dei reati.
L'Eures ha recentemente pubblicato un rapporto in cui si registra in Italia un aumento delle uccisioni di donne del 14% nell'ultimo anno, dalle 157 nel 2012 alle 179 del 2013 Uno dei casi di femminicidio che ha suscitato un notevole scalpore in Italia è stato l'omicidio di Melania Rea , avvenuto per mano del marito Salvatore Parolisi il 18 aprile 2011. La vittima fu assassinata con 35 coltellate. Parolisi fu condannato in via definitiva a 20 anni di reclusione nel maggio 2015. Lo stesso subì uno sconto di pena essendo stato condannato in primo grado all'ergastolo e in appello a 30 anni di reclusione.



ONU: dichiarazioni e statistiche

La base dati della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) "La salute per tutti" per la Regione Europea, aggiornata fino al 2010-11, mostra chiaramente come:
in Italia il tasso di vittime di omicidi e lesioni colpose sia di uomini che di donne è in lento declino a partire dagli anni settanta;
questo declino è comune alla maggior parte dei paesi europei, con poche eccezioni;
la media in Italia, negli ultimi 20 anni si è mantenuta al di sotto di quella della EU;
il tasso di mortalità violenta per le donne in Italia negli ultimi anni è ampiamente al di sotto di quello degli uomini e si è ridotto anche rispetto agli anni '90, in cui aveva raggiunto 0,6 casi su 100.000, mentre nel 2008 era sceso a 0,39 su 100.000;
il tasso di mortalità per le donne in Italia è molto più basso della media delle donne europee, di quanto non sia quello degli uomini, rispetto alla loro media.
Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite, nel rapporto sulla visita effettuata nel gennaio 2012 in Italia per verificare l'applicazione CEDAW denuncia invece un elevato numero di femminicidi in Italia (127 donne uccise da uomini nel 2010) e richiama il governo a politiche in contrasto a questo fenomeno. Dalla lettura del documento emerge che Rashida Manjoo sottolinei come, a suo parere, ci sia stato un limitato sforzo da parte del Governo e della società civile nel raccogliere dati sulla violenza contro le donne, incluso il femminicidio, e come invece questo sia importante per il corretto funzionamento delle politiche statali.

La convenzione di Istanbul


L'11 maggio 2011 è stata sottoscritta ad Istanbul dai membri del Consiglio d' Europa la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Tuttavia vi è previsto che la convenzione entrerà in vigore (cioè diverrà vincolante per tutti gli stati membri del Consiglio d'Europa) solo dopo che almeno 10 stati membri l'avranno ratificata: sono quattro gli Stati che l'hanno ratificata rapidamente (Albania, Montenegro, Portogallo, Turchia), mentre il quinto è stato l'Italia con effetto dal 16 luglio 2013, mentre successivamente c'è stata la ratifica da parte dell'Austria, della Bosnia-Erzegovina e della Serbia (e quindi la convenzione è oggi in vigore solo negli otto stati che l'hanno ratificata, dei quali solo tre dell'Unione europea).

fonte

 
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