Santa Lucia Da Siracusa

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view post Posted on 12/12/2012, 16:18
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Siracusa, III secolo - Siracusa, 13 dicembre 304


La vergine e martire Lucia è una delle figure più care alla devozione cristiana. Come ricorda il Messale Romano è una delle sette donne menzionate nel Canone Romano. Vissuta a Siracusa, sarebbe morta martire sotto la persecuzione di Diocleziano (intorno all'anno 304). Gli atti del suo martirio raccontano di torture atroci inflittele dal prefetto Pascasio, che non voleva piegarsi ai segni straordinari che attraverso di lei Dio stava mostrando. Proprio nelle catacombe di Siracusa, le più estese al mondo dopo quelle di Roma, è stata ritrovata un'epigrafe marmorea del IV secolo che è la testimonianza più antica del culto di Lucia. Una devozione diffusasi molto rapidamente: già nel 384 sant'Orso le dedicava una chiesa a Ravenna, papa Onorio I poco dopo un'altra a Roma. Oggi in tutto il mondo si trovano reliquie di Lucia e opere d'arte a lei ispirate. (Avvenire)

Patronato: Siracusa, ciechi, oculisti, elettricisti, contro le malattie degli occhi e le ca


Etimologia: Lucia = luminosa, splendente, dal latino


Emblema: Occhi su un piatto, Giglio, Palma, Libro del Vangelo
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Martirologio Romano: Memoria di santa Lucia, vergine e martire, che custodì, finché visse, la lampada accesa per andare incontro allo Sposo e, a Siracusa in Sicilia condotta alla morte per Cristo, meritò di accedere con lui alle nozze del cielo e di possedere la luce che non conosce tramonto


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Gli atti del martirio di Lucia di Siracusa sono stati rinvenuti in due antiche e diverse redazioni: l’una in lingua greca il cui testo più antico risale al sec. V (allo stato attuale delle ricerche); l’altra, in quella latina, riconducibile alla fine del sec. V o agli inizi del sec. VI ma comunque anteriore al sec. VII e che di quella greca pare essere una traduzione.
La più antica redazione greca del martirio contiene una leggenda agiografica edificante, rielaborata da un anonimo agiografo due secoli dopo il martirio sulla tradizione orale e dalla quale è ardua impresa sceverare dati storici. Infatti, il documento letterario vetustiore che ne tramanda la memoria è proprio un racconto del quale alcuni hanno messo addirittura in discussione la sua attendibilità. Si è giunti così, a due opposti risultati: l’uno è quello di chi l’ha strenuamente difesa, rivalutando sia la storicità del martirio sia la legittimità del culto; l’altro è quello di chi l’ha del tutto biasimata, reputando la narrazione una pura escogitazione fantasiosa dell’agiografo ma non per questo mettendo in discussione la stessa esistenza storica della v. e m., come sembrano comprovare le numerose attestazioni devozionali, cultuali e culturali in suo onore.
Sia la redazione in greco sia quella in latino degli atti del martirio hanno avuto da sempre ampia e ben articolata diffusione, inoltre entrambe si possono considerare degli archetipi di due differenti ‘rami’ della tradizione: infatti, dal testo in greco sembrano derivare numerose rielaborazioni in lingua greca, quali le Passiones più tardive, gli Inni, i Menei, ecc.; da quello in latino sembrano, invece, mutuare le Passiones metriche, i Resumé contenuti nei Martirologi storici, gli Antifonari, le Epitomi comprese in più vaste opere, come ad es. nello Speculum historiale di Vincenzo da Beauvais o nella Legenda aurea di Iacopo da Varazze.
I documenti rinvenuti sulla Vita e sul martirio sono vicini al genere delle passioni epiche in quanto i dati attendibili sono costituiti solo dal luogo e dal dies natalis. Infatti, negli atti greci del martirio si riscontrano elementi che appartengono a tutta una serie di composizioni agiografiche martiriali, come ad es. l’esaltazione delle qualità sovrumane della martire e l’assenza di ogni cura per l’esattezza storica. Tuttavia, tali difetti, tipici delle passioni agiografiche, nel testo greco di Lucia sono temperate e non spinte all’eccesso né degenerate nell’abuso. Proprio questi particolari accostano gli atti greci del martirio al genere delle passioni epiche.
Sul piano espositivo l’andamento è suggestivo ed avvincente, non mancando di trasmettere al lettore emozioni e resoconti agiografici inconsueti attraverso un racconto che si snoda su un tessuto narrativo piuttosto ricco di temi e motivi di particolare rilievo: il pellegrinaggio alla tomba di Agata (con il conseguente accostamento Agata/Lucia e Catania/Siracusa); il sogno, la visione, la profezia e il miracolo; il motivo storico; l’integrità del patrimonio familiare; la lettura del Vangelo sull’emorroissa; la vendita dei beni materiali, il Carnale mercimonium e la condanna alla prostituzione. Infatti è stretta la connessione tra la dissipazione del patrimonio familiare e la prostituzione per cui la condanna al postrìbolo rappresenta una legge di contrappasso sicché la giovane donna che ha dilapidato il patrimonio familiare è ora condannata a disperdere pure l’altro patrimonio materiale, rappresentato dal proprio corpo attraverso un’infamante condanna, direttamente commisurata alla colpa commessa; infine, la morte.
Il martirio incomincia con la visita di Lucia assieme alla madre Eutichia, al sepolcro di Agata a Catania, per impetrare la guarigione dalla malattia da cui era affetta la madre: un inarrestabile flusso di sangue dal quale non era riuscita a guarire neppure con le dispendiose cure mediche, alle quali si era sottoposta. Lucia ed Eutichia partecipano alla celebrazione eucaristica durante la quale ascoltano proprio la lettura evangelica sulla guarigione di un’emorroissa. Lucia, quindi, incita la madre ad avvicinarsi al sepolcro di Agata e a toccarlo con assoluta fede e cieca fiducia nella guarigione miracolosa per intercessione della potente forza dispensatrice della vergine martire. Lucia, a questo punto, è presa da un profondo sonno che la conduce ad una visione onirica nel corso della quale le appare Agata che, mentre la informa dell’avvenuta guarigione della madre le predice pure il suo futuro martirio, che sarà la gloria di Siracusa così come quello di Agata era stato la gloria di Catania. Al ritorno dal pellegrinaggio, proprio sulla via che le riconduce a Siracusa, Lucia comunica alla madre la sua decisione vocazionale: consacrarsi a Cristo! A tale fine le chiede pure di potere disporre del proprio patrimonio per devolverlo in beneficenza. Eutichia, però, non vuole concederle i beni paterni ereditati alla morte del marito, avendo avuto cura non solo di conservarli orgogliosamente intatti e integri ma di accrescerli pure in modo considerevole. Le risponde, quindi, che li avrebbe ereditati alla sua morte e che solo allora avrebbe potuto disporne a suo piacimento. Tuttavia, proprio durante tale viaggio di ritorno, Lucia riesce, con le sue insistenze, a convincere la madre, la quale finalmente le da il consenso di devolvere il patrimonio paterno in beneficenza, cosa che la vergine avvia appena arrivata a Siracusa. Però, la notizia dell’alienazione dei beni paterni arriva subito a conoscenza del promesso sposo della vergine, che se ne accerta proprio con Eutichia alla quale chiede anche i motivi di tale imprevista quanto improvvisa vendita patrimoniale. La donna gli fa credere che la decisione era legata ad un investimento alquanto redditizio, essendo la vergine in procinto di acquistare un vasto possedimento destinato ad assumere un alto valore rispetto a quello attuale al momento dell’acquisto e tale da spingerlo a collaborare alla vendita patrimoniale di Lucia. In seguito il fidanzato di Lucia, forse esacerbato dai continui rinvii del matrimonio, decide di denunciare al governatore Pascasio la scelta cristiana della promessa sposa, la quale, condotta al suo cospetto è sottoposta al processo e al conseguente interrogatorio. Durante l’agone della santa e vittoriosa martire di Cristo Lucia, emerge la sua dichiarata e orgogliosa professione di fede nonché il disprezzo della morte, che hanno la caratteristica di essere arricchiti sia di riflessioni dottrinarie sia di particolari sempre più cruenti, man mano che si accrescono i supplizi inflitti al fine di esorcizzare la v. e m. dalla possessione dello Spirito santo. Dopo un interrogatorio assai fitto di scambi di battute che la vergine riesce a contrabbattere con la forza e la sicurezza di chi è ispirato da Cristo, il governatore Pascasio le infligge la pena del postrìbolo proprio al fine di operare in Lucia una sorta di esorcismo inverso allontanandone lo Spirito santo. Mossa dalla forza di Cristo, la vergine Lucia reagisce con risposte provocatorie, che incitano Pascasio ad attuare subito il suo tristo proponimento. La vergine, infatti, energicamente gli dice che, dal momento che la sua mente non cederà alla concupiscenza della carne, quale che sia la violenza che potrà subire il suo corpo contro la sua volontà, ella resterà comunque casta, pura e incontaminata nello spirito e nella mente. A questo punto si assiste ad un prodigioso evento: la vergine diventa inamovibile e salda sicché, nessun tentativo riesce a trasportarla al lupanare, nemmeno i maghi appositamente convocati dallo spietato Pascasio. Esasperato da tale straordinario evento, il cruento governatore ordina che sia bruciata, eppure neanche il fuoco riesce a scalfirla e Lucia perisce per spada! Sicché, piegate le ginocchia, la vergine attende il colpo di grazia e, dopo avere profetizzato la caduta di Diocleziano e Massimiano, è decapitata.
Pare che Lucia abbia patito il martirio nel 304 sotto Diocleziano ma vi sono studiosi che propendono per altre datazioni: 303, 307 e 310. Esse sono motivate dal fatto che la profezia di Lucia contiene elementi cronologici divergenti che spesso non collimano fra loro: per la pace della chiesa tale profezia si dovrebbe riferire al primo editto di tolleranza nei riguardi del cristianesimo e quindi sarebbe da ascrivere al 311, collegabile, cioè, all’editto di Costantino del 313; l’abdicazione di Diocleziano avvenne intorno al 305; la morte di Massimiano avvenne nel 310. È, invece, accettata dalla maggioranza delle fonti la data relativa al suo dies natalis: 13 dicembre. Eppure, il Martirologio Geronimiano ricorda Lucia di Siracusa in due date differenti: il 6 febbraio e il 13 dicembre. L’ultima data ricorre in tutti i successivi testi liturgici bizantini e occidentali, tranne nel calendario mozarabico, che la celebra, invece, il 12 dicembre. Nel misterioso calendario latino del Sinai il dies natalis di Lucia cade l’8 febbraio: esso fu redatto nell’Africa settentrionale e vi è presente un antico documento della liturgia locale nel complesso autonoma sia dalla Chiesa di Costantinopoli che da quella di Roma, pur rivelando fonti comuni al calendario geronimiano.
Assai diffusa è a tutt’oggi la celebrazione del culto di Lucia quale santa patrona degli occhi. Ciò sembra suffragato anche dalla vasta rappresentazione iconografica, che, tuttavia, è assai variegata, in quanto nel corso dei secoli e nei vari luoghi si è arricchita di nuovi simboli e di varie valenze. Ma è stato sempre così? Quando nasce in effetti questo patronato e perché? Dal Medioevo si va sempre più consolidando la taumaturgia di Lucia quale santa patrona della vista e dai secc. XIV-XV si fa largo spazio un’innovazione nell’iconografia: la raffigurazione con in mano un piattino (o una coppa) dove sono riposti i suoi stessi occhi. Come si spiega questo tema? È, forse, passato dal testo orale all’iconografia? Oppure dall’iconografia all’elaborazione orale? Quale l’origine di un tale patronato? Esso è probabilmente da ricercare nella connessione etimologica e/o paretimologica di Lucia a lux, molto diffusa soprattutto in testi agiografici bizantini e del Medioevo Occidentale. Ma, quali i limiti della documentazione e quali le cause del proliferare della tradizione relativa all’iconografia di Lucia, protettrice della vista? Si può parlare di dilatazione dell’atto di lettura nell’immaginario iconografico, così come in quello letterario? E tale dilatazione nei fenomeni religiosi è un atto di devozione e fede? È pure vero che la semantica esoterica data al nome della v. e m. di Siracusa è la caratteristica che riveste, accendendola di intensa poesia, la figura e il culto di Lucia, la quale diventa, nel corso dei secoli e nei vari luoghi una promessa di luce, sia materiale che spirituale. E proprio a tale fine l’iconografia, già a partire dal sec. XIV, si fa interprete e divulgatrice di questa leggenda, raffigurando la santa con simboli specifici e al tempo stesso connotativi: gli occhi, che Lucia tiene in mano (o su un piatto o su un vassoio), che si accompagnano sovente alla palma, alla lampada (che è anche uno dei simboli evangelici più diffuso e più bello, forse derivato dall’arte sepolcrale) e, meno frequenti, anche ad altri elementi del suo martirio, come ad es. il libro, il calice, la spada, il pugnale e le fiamme. È anche vero che le immagini religiose possono essere intese sia come ritratti che come imitazione ma non bisogna dimenticare che prima dell’età moderna sono mancati riferimenti ai suoi dati fisiognomici, per cui gli artisti erano soliti ricorrere alla letteratura agiografica il cui esempio per eccellenza è proprio la Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, che rappresenta il testo di riferimento e la fonte di gran parte dell’iconografia religiosa. In tale opera il dossier agiografico di Lucia -che si presenta come un testo di circa tre pagine di lunghezza- è preceduto da un preambolo sulle varie valenze etimologiche e semantiche relative all’accostamento Lucia/luce: Lucia è un derivato di luce esteso anche al valore simbolico via Lucis, cioè cammino di luce.
I genitori di Lucia, essendo cristiani, avrebbero scelto per la figlia un nome evocatore della luce, ispirandosi ai molti passi neotestamentari sulla luce. Tuttavia, il nome Lucia in sé non è prerogativa cristiana, ma è anche il femminile di un nome latino comune e ricorrente tra i pagani. Se poi Lucia significhi solo «luce» oppure più precisamente riguarda i «nati al sorger della luce (cioè all'alba)», rivelando nel contempo anche un dettaglio sull'ora di nascita della santa, è a tutt’oggi, un problema aperto. Forse la questione è destinata a restare insoluta? Il problema si complica se poi si lega il nome di Lucia non al giorno della nascita ma a quello della morte (=dies natalis): il 13 dicembre era, effettivamente, la giornata dell'anno percentualmente più buia. Per di più, intorno a quella data, il paganesimo romano festeggiava già una dea di nome Lucina. Queste situazioni hanno contribuito ad alimentare varie ipotesi riconducibili, tuttavia, a due filoni: da un lato quello dei sostenitori della teoria, secondo la quale tutte le festività cristiane sarebbero state istituite in luogo di preesistenti culti pagani, vorrebbero architettata in tale modo anche la festa di Lucia (come già quella di Agata). Per i non credenti tale discorso può anche essere suggestivo e accattivante, trovando terreno fertile. Da qui a trasformare la persona stessa di Lucia in personaggio immaginifico, mitologico, leggendario e non realmente esistito, inventato dalla Chiesa come calco cristiano di una preesistente divinità pagana, il passo è breve (persino più breve delle stesse già brevi e pallide ore di luce di dicembre!). Dall’altro lato quello dei credenti,secondo i quali, invece, antichi e accertati sono sia l’esistenza sia il culto di Lucia di Siracusa, che rappresenta così una persona storicamente esistita, morta nel giorno più corto dell'anno e che riflette altresì il modello femminile di una giovane donna cristiana, chiamata da Dio alla verginità, alla povertà e al martirio, che tenacemente affronta tra efferati supplizi.
Nel Breviario Romano Tridentino, riformato da papa Pio X (ed. 1914), che prima di salire al soglio pontificio era patriarca di Venezia, è menzionata la traslazione delle reliquie di Lucia alla fine della lettura agiografica, così come ha evidenziato Andreas Heinz nel suo recente contributo.
A Siracusa un’inveterata tradizione popolare vuole che, dopo avere esalato l’ultimo respiro, il corpo di Lucia sia stato devotamente tumulato nello stesso luogo dell martirio. Infatti, secondo la pia devozione dei suoi concittadini, il corpo della santa fu riposto in un arcosolio, cioè in una nicchia ad arco scavata nel tufo delle catacombe e usata come sepolcro. Fu così che le catacombe di Siracusa, che ricevettero le sacre spoglie della v. e m., presero da lei anche il nome e ben presto attorno al suo sepolcro si sviluppò una serie numerosa di altre tombe, perché tutti i cristiani volevano essere tumulati accanto all’amatissima Lucia. Ma, nell'878 Siracusa fu invasa dai Saraceni per cui i cittadini tolsero il suo corpo da lì e lo nascosero in un luogo segreto per sottrarlo alla furia degli invasori. Ma, fino a quando le reliquie di Lucia rimasero a Siracusa prima di essere doppiamente traslate (da Siracusa a Costantinopoli e da Costantinopoli a Venezia)? Fino al 718 o fino al 1039? È certo che a Venezia il suo culto era già attestato dal Kalendarium Venetum del sec. XI, nei Messali locali del sec. XV, nel Memoriale Franco e Barbaresco dell’inizio del 1500, dove era considerata festa di palazzo, cioè festività civile. Durante la crociata del 1204 i Veneziani lo trasportarono nel monastero di San Giorgio a Venezia ed elessero santa Lucia compatrona della città. In seguito le dedicarono pure una grande chiesa, dove il corpo fu conservato fino al 1863, quando questa fu demolita per la costruzione della stazione ferroviaria (che per questo si chiama Santa Lucia); il corpo fu trasferito nella chiesa dei SS. Geremia e Lucia, dove è conservato tutt’oggi.

La duplice traslazione delle reliquie di Lucia è attestata da due differenti tradizioni.

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La prima tradizione risale al sec. X ed è costituita da una relazione, coeva ai fatti, che Sigeberto di Gembloux († 1112) inserì nella biografia di Teodorico, vescovo di Metz. Tale relazione tramanda che il vescovo Teodorico, giungendo in Italia insieme all’imperatore Ottone II, abbia trafugato molte reliquie di santi –fra cui anche quella della nostra Lucia- che allora erano nell’Abruzzo e precisamente a Péntima (già Corfinium). La traslazione a Metz delle reliquie di Lucia pare suffragata dagli Annali della città dell’anno 970 d.C. Ma alcuni dubbi sembrano non avere risposte attendibili: Come e perché Faroaldo ripose le reliquie o le spoglie di Lucia a Corfinium? Furono traslate le reliquie o tutto il corpo della martire? Il vescovo locale si prestò ad un inganno (pio e devoto?) o diceva il vero? Se è ravvisabile un fondo di verità nel racconto del vescovo, allora si potrebbe desumere che le reliquie o il corpo della martire furono traslate da Siracusa nel 718 (quindi fino al 718 sarebbero rimaste a Siracusa?). Cosa succedeva allora nella città siciliana? Sergio, governatore della Sicilia, si era ribellato all’imperatore Leone III l’Isaurico e pertanto era stato costretto a fuggire da Siracusa e a rifugiarsi da Romualdo II, duca longobardo di Benevento. Se questa tradizione è attendibile, si può forse pensare che il vescovo di Corfinium (o piuttosto Sigeberto? Oppure altresì la sua fonte?) abbia confuso Romualdo (che proprio in quel periodo era duca di Spoleto e che, come tale, godeva di una fama maggiore) con Faroaldo? E ancora, lo stesso Sigeberto di Gembloux riferisce che Teoderico nel 972 abbia innalzato un altare in onore di Lucia e che nel 1042 un braccio della v. e m. sia stato donato al monastero di Luitbourg. Quindi, antichi documenti attestano che di fatto vi fu una traslazione delle reliquie di Lucia dall’Italia centrale a Metz, sulla frontiera linguistica romano-germanica, nella provincia di Treviri. Situata fra Germania e Francia, questa regione è anche il paese d’origine della dinastia carolingia. È una casualità? Come andarono effettivamente le cose? Secondo Sigeberto di Gembloux l’imperatore Ottone II sostò in Italia nel 970, avendo tra la sua scorta il vescovo Teodorico di Metz, il quale, durante il suo soggiorno, acquistava preziose reliquie, allo scopo di accrescere la fama della sua città vescovile. Pare che uno dei suoi preti, di nome Wigerich, che era anche cantore nella cattedrale di Metz, abbia rinvenuto le reliquie di Lucia di Siracusa, a Corfinium, poi identificata con Péntima in Abruzzo. Si dice che tali reliquie erano state prelevate dai Longobardi e trasportate da Siracusa al ducato di Spoleto. Ma perché questo spostamento? In un primo tempo le reliquie di Lucia, dopo essere state acquistate dal vescovo Teodorico di Metz, il quale aveva portato dall’Italia anche il corpo del martire Vincenzo, furono tumulate assieme alle reliquie di quest’ultimo al quale il vescovo aveva fatto erigere un’abbazia sull’isola della Mosella, dove nel 972 uno dei due altari della chiesa dell’abbazia, fu dedicato proprio a Lucia, come patrona. Sigeberto ricorda pure che Teodorico di Metz, in presenza di due vescovi di Treviri e precisamente di Gerard di Toul e di Winofid di Verdun, abbia dedicato a Lucia un oratorio nello stesso anno. Non solo, ma tanta e tale era dunque la devozione di Teodorico di Metz per la v. e m. di Siracusa che fece tumulare il conte Everardo, suo giovane nipote, prematuramente scomparso alla tenera età di soli dieci anni, proprio innanzi all’altare di Lucia. Per tutto il tempo in cui le spoglie di Lucia rimasero nella chiesa dell’abbazia di S. Vincenzo nella Mosella, la v. e m. di Siracusa fu implorata durante i giorni delle Regazioni, con una grande processione della cittadinanza di Metz che si fermò proprio nell’abbazia di S. Vincenzo. Così Metz divenne il fulcro da cui si irradiò ben presto il culto di Lucia tanto che già nel 1042 l’imperatore Enrico III reclamò alcune reliquie della v. e m. di Siracusa per il convento nuovamente fatto erigere dalla sua famiglia nella diocesi di Speyer e precisamente a Lindeburch/Limburg.


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La seconda tradizione è, invece, tramandata da Leone Marsicano e dal cronista Andrea Dandolo di Venezia. Leone Marsicano racconta che nel 1038 il corpo di Lucia, vegine e martire, fu trafugato da Giorgio Maniace e traslato a Costantinopoli in una teca d’argento. Andrea Dandolo, esponendo la conquista di Costantinopoli del 1204 da parte dei Crociati, tra i quali militava anche Enrico Dandolo, un suo illustre antenato e doge di Venezia, informa che i corpi di Lucia e Agata erano stati traslati dalla Sicilia a Costantinopoli ma che quello di Lucia fu poi nuovamente traslato da Costantinopoli a Venezia, dove pare che di fatto giunse il 18 gennaio 1205. Quindi, la traslazione delle reliquie di Lucia a Venezia da Costantinopoli sembra legata agli eventi della Quarta Crociata (quella riconducibile al periodo che va dal 1202 al 1204), quando i cavalieri dell’Occidente latino, piuttosto che liberare la Terrasanta, spogliarono la metropoli dell’Oriente cristiano. Infatti, nel 1204, in seguito alla profanazione e al saccheggio dei crociati nelle basiliche di Bisanzio, neanche la chiesa in cui riposava il corpo di Lucia fu risparmiata da questa oltraggiosa strage tanto che furono pure rimosse le sue spoglie e contese le sue reliquie, molto venerate nell’Oriente ortodosso. Pare che, proprio in tale occasione Venezia, che aveva condotto la Quarta Crociata presso il Santo Sepolcro, si impadronì delle reliquie di Lucia, che giunsero, come si diceva, sulla laguna - nella chiesa di S. Giorgio Maggiore- il 18 gennaio 1205 e cioè ancora prima della costruzione della basilica del Palladio e dell’attuale Palazzo Ducale. Il corpo di Lucia fu riposto nel monastero benedettino, dove aveva soggiornato il monaco Gerardo (o Sagredo?). Sembra che il tragico evento del 13 dicembre del 1279 (cioè una bufera scatenatasi all’improvviso, che provocò molte vittime) sia stato la causa di una nuova traslazione del corpo di Lucia dalla chiesa di S. Giorgio Maggiore a Venezia (eccetto, pare, un pollice -non un braccio, come vuole la communis opinio- che sarebbe rimasto in San Giorgio). Dopo tale tragedia, infatti, le autorità decisero di traslare il corpo di Lucia in città, ponendolo in una chiesa parrocchiale a lei intitolata e ciò allo scopo di agevolare a piedi il pellegrinaggio alle sue sacre spoglie in terraferma senza dovere ricorrere ad imbarcazioni. Quindi, nel mese seguente alla sciagura e precisamente il 18 gennaio del 1280 (lo stesso giorno della memoria dell’arrivo delle sacre spoglie di Lucia da Costantinopoli), il suo corpo fu traslato nella chiesa dedicatale, che si trovava nello stesso luogo in cui era ubicata la stazione ferroviaria che, ancora oggi ne conserva la memoria nel nome e precisamente sulle fondamenta prospicienti il Canal Grande e cioè all’inizio del sestiere di Cannareggio. Tale chiesa fu poi riedificata nel 1313 e fu assegnata dal papa Eugenio IV nel 1444 in commenda alle suore domenicane, che avevano aperto il loro convento intitolato al Corpus Domini, un cinquantennio prima sempre a Cannareggio. Nel 1476, dopo circa un trentennio di contese, si raggiunse un accordo tra le monache domenicane del convento del Corpus Domini e quelle agostiniane del monastero dell’Annunziata proprio per il possesso del corpo di Lucia: papa Sisto IV nel 1478 stabilì, con un solenne diploma, che il corpo della santa rimanesse nella chiesa a lei intestata sotto la giurisdizione delle agostiniane del monastero dell’Annunziata (che da allora prese il nome di monastero di S. Lucia), le quali ogni anno avrebbero offerto la somma di 50 ducati alle monache domenicane del convento del Corpus Domini. Nel 1579 passando per il Dominio veneto l’imperatrice Maria d’Austria, il Senato volle farle omaggio di una reliquia di s. Lucia pertanto, con l’assistenza del patriarca Giovanni Trevisan fu asportata una piccola porzione di carne dal lato sinistro del corpo della v. e m. Il 28 luglio del 1806 per decreto vicereale il monastero di Santa Lucia fu soppresso e le monache agostiniane costrette a trasferirsi al di là del Canal Grande e precisamente nel monastero di S. Andrea della Girada, dove portarono pure il corpo di Lucia. Nel 1807 il governo vicereale concesse alle agostiniane di S. Lucia di far ritorno nel loro antico convento, che, tuttavia, trovarono occupato dalle agostiniane di Santa Maria Maddalena, le quali si fusero con quelle di S. Lucia, assumendone anche il titolo. Nel 1810 Napoleone Bonaparte decretò la chiusura di tutti i monasteri e conventi, compreso quello di S. Lucia, le cui monache furono pure obbligate a deporre l’abito monastico e a rientrare nella propria famiglia di appartenenza. Il corpo di Lucia rimase nella sua chiesa, che fu così inserita nella circoscrizione della parrocchia di S. Geremia. Nel 1813 il convento di S. Lucia era donato dall’imperatore d’Austria alla b. Maddalena di Canossa, che vi abitò fino al 1846, quando iniziarono i lavori per la stazione ferroviaria e per la demolizione del convento. Fra il 1844 e il 1860 il governo austriaco realizzò la costruzione del ponte ferroviario, che doveva giungere fino alle fondamenta di Cannareggio e cioè proprio là dove da secoli allogavano i monasteri delle domenicane del Corpus Domini e delle agostiniane di Santa Lucia, poi abbattuti. Il corpo di Lucia l’11 luglio 1860 subì, quindi, una nuova traslazione nella parrocchia di S. Geremia, per volere del patriarca Angelo Ramazzotti: il sacro corpo rimase sette giorni sull’altar maggiore, poi fu posto su un altare laterale in attesa di costruire la nuova cappella. Tre anni dopo, l’11 luglio 1863, fu inauguata: essa era stata costruita con il materiale del presbiterio della demolita chiesa di S. Lucia su gusti palladiani. Per la generosità di mons. Sambo, parroco di quella Chiesa (che nel frattempo assunse la denominazione SS. Geremia e Lucia) su disegno dell’arch. Gaetano Rossi fu allestito un altare più degno in broccatello di Verona con fregi di bronzo dorato. Quindi, dal 1860 Pio IX l'avrebbe fatto trasferire nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia, dove si venera a tutt’oggi. Qui, la cappella del corpo di santa Lucia è assai bella e artistica proprio come tutte le chiese di Venezia, adorna di marmi e di bronzi, ed è sempre stata oggetto di particolari cure ed elevata devozione di fedeli sempre più numerosi. Il sacro corpo, elevato sopra l'altare, è conservato in una elegante urna di marmi preziosi, superbamente abbellita da pregiate decorazioni e sormontata dalla stupenda statua della v. e m. Sulla parete di sfondo si leggono due iscrizioni, che raccontano le vicende della traslazione e delle principali solenni festività. Il 15 giugno del 1930 il patriarca Pietro La Fontaine lo consacrava e collocava il corpo incorrotto di Lucia nella nuova urna in marmo giallo ambrato. Nel 1955 il patriarca Angelo Roncalli -divenuto poi papa con il nome di Giovanni XXIII- volendo che fosse conferita più importanza alle sacre reliquie di Lucia, suggerì che le sacre spoglie fossero ricoperte di una maschera d’argento, curata dal parroco Aldo Da Villa. Nel 1968, per iniziativa del parroco Aldo Fiorin fu portato a compimento un completo restauro della Cappella e dell’Urna della v. e m. Ancor oggi le sacre reliquie riposano nel tempio di Venezia e nella bianca curva absidale si legge un inciso propiziatorio: Vergine di Siracusa martire di Cristo in questo tempio riposa all’Italia al mondo implori luce e pace. Ma, il 4 aprile 1867 le spoglie di Lucia furono disgraziatamente profanate dai ladri (subito arrestati), che furtivamente si erano introdotti nella chiesa di S. Geremia, per impadronirsi degli ornamenti votivi. Da allora seguirono altre profanazioni e spoliazioni: nel 1949, quando alla martire fu sottratta la corona (anche in questo caso il ladro fu arrestato) e nel 1969, quando due ladri infransero il cristallo dell’urna. Nel 1975 papa Giovanni Paolo I concesse che il corpo della martire fosse portato ed esposto alla venerazione dei fedeli nella diocesi di Pesaro per una settimana. Il 7 novembre 1981 due aggressori spezzarono l’urna della martire estraendovi il corpo e lasciandovi il capo e la maschera argentea. Anche questa volta il corpo fu recuperato proprio il 12 dicembre del 1981, giorno della vigilia della commemorazione della santa.


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Esiste una variante sulla traslazione del corpo di Lucia a Venezia, documentata da un codice del Seicento, o Cronaca Veniera, conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia (It. VII, 10 = 8607, f. 15 v.): esso sarebbe stato portato a Venezia, assieme a quello di S. Agata, nel 1026, sotto il dogado di Pietro Centranico. Non conosciamo l’origine della notizia nè se derivi da una fonte anteriore. E’ diffuso, invece, il fondato sospetto di un errore meccanico di amanuense, che avrebbe letto 1026 invece di 1206, cioè gli anni dell’effettiva translatio. E nella Cronaca Veniera lo si accettò, legando il fatto al doge dell’epoca. La presenza del corpo di Lucia a Venezia sin dal 1026 è una notizia che va accolta con prudenza? Tra il 1167 e il 1182 a Venezia esisteva già una chiesa dedicata alla martire, come attestato da documenti locali.

Una delle più antiche tradizioni veronesi racconta che le spoglie della santa siracusana passarono da Verona durante il loro viaggio verso la Germania intorno al sec. X, fatto che spiegherebbe anche la diffusione del culto della santa sia a Verona che nel nord Europa. Secondo un’altra tradizione, il culto di santa Lucia a Verona risalirebbe al periodo di dominio della Serenissima su Verona. Secondo la communis opinio, Venezia infatti, già nel 1204, avrebbe trasportato le spoglie della santa nella città lagunare.


Autore: Maria Stelladoro

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Edited by marisa56 - 1/12/2020, 19:19
 
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ggeid

Preghiera per una persona malata
Composta da Papa Giovanni XXIII


Queste suppliche, o nobile e pietosa Santa Lucia,
noi Te le porgiamo in modo particolare
per una persona malata
che ci sta tanto a cuore.
La carità ci stringe ad essa,
la sua affiliazione e la pena dei parenti,
ci hanno condotti qui dinanzi al tuo altare.
La nostra fiducia in Te è grande;
ma più grande e piena di amorosa sollecitudine
è la Tua bontà.
Dici dunque una sola parola
a Gesù per la persona
che per mezzo nostro a Te si raccomanda
e falla presto felice
ottenendo per lei la perfetta
e tanto necessaria guarigione negli occhi.
Gloria al Padre...

 
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view post Posted on 13/12/2012, 18:09


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Santa Lucia
di V. Bosari

Nei lor candidi lettini
questa notte
come sognano i bambini!
Per la grande via d'argento
ecco, vien Santa Lucia,
viene carica di doni,
per i bimbi bravi e buoni.
Ahi, barcolla, ahimè, si intoppa,
sotto il peso, l'asinello!
Giunge alfine
ecco, scricchiola la toppa,
s'apre l'uscio, e lei, bel bello,
trombe, bambole, scarpine
mette giù, quanti balocchi!
Che delizia, o Dio, per gli occhi!


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view post Posted on 10/12/2013, 14:56
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Preghiera

O gloriosa Santa Lucia, che alla professione della fede, associasti la gloria del martirio, ottienici di professare apertamente le verità del Vangelo e di camminare con fedeltà secondo gli insegnamenti del Salvatore.
O Vergine Siracusana, sii luce alla nostra vita e modello di ogni nostra azione, cosicché, dopo averTi imitato qui in terra, possiamo, assieme a Te godere della visione del Signore.
Amen.

composta da Angelo Giuseppe Roncalli al tempo Patriarca di Venezia; divenne poi papa Giovanni XXIII; oggi è Beato
 
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view post Posted on 10/12/2013, 15:03
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Voglio vedere Santa Lucia

Santa Lucia,
perché scappi via?
Vogliamo vederti,
vogliamo toccarti,
dei nostri bei giochi
vogliam ringraziarti.
Dal cielo stellato
con l’asinello fatato,
scendi leggera
quando è già sera,
a colorare i sogni
dei bambini più buoni.
Io te lo prometto,
sarò dentro il letto.
Su, vieni ti prego,
felice ti aspetto.
Santa Lucia bella
Santa Lucia bella
dei bimbi sei la stella,
tu vieni a tarda sera
quando l’aria si fa nera.
Tu vieni con l’asinello
al suon del campanello,
e le stelline d’oro
che cantano tutte in coro:
“Bimbi, ora la Santa é qui
ditele così:
cara Santa Lucia
non smarrir la via
trova la mia porticina
quella é la mia casina!”
E giù tanti doni.
La notte di Santa Lucia
Questa é la notte di Santa Lucia
senti nell’aria la sua magia.
Lei vola veloce col suo asinello
atterra davanti ad ogni cancello.
Ad ogni finestra un mazzolin di fieno
e l’asinello ha già fatto il pieno.
Santa Lucia con il suo carretto
lascia a tutti un gioco e un dolcetto.
porta ai bambini tanti regali
tutti belli, tutti speciali.

 
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view post Posted on 10/12/2014, 11:34
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view post Posted on 11/12/2014, 20:54
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Santa Lucia: Storia e Tradizioni in Italia


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Santa Lucia da Siracusa nacque nel 283 e morì martire, durante le persecuzioni di Diocleziano, il 13 dicembre 304.
La sua festa liturgica ricorre quindi il 13 dicembre, in prossimità del solstizio d’inverno e proprio per questo motivo esiste il detto: “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia”.
E’ considerata la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini e viene spesso invocata nelle malattie degli occhi.

In alcune province del Nord Italia, come Bergamo, Brescia e Verona, il giorno di Santa Lucia è atteso con gioia dai bambini perché la Santa, in groppa al suo asinello e seguita dal cocchiere Castaldo, porta doni ai più piccini!

Qualche tempo prima della festa, i bambini scrivono a Santa Lucia una lettera in cui segnalano i regali che vorrebbero ricevere, perché sono stati buoni e meritevoli durante tutto l’anno.
In cambio dei regali, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, i bambini lasciano un piatto di farina per l’asinello, una tazza di caffè per Santa Lucia e un pezzetto di pane per Castaldo.
Ma anche biscotti, vino, arance, fieno…

Santa Lucia, quando arriva, è sempre attenta a non farsi vedere e se qualche bambino cerca di stare sveglio per scorgerla, la Santa butta una manciata di cenere negli occhi dei curiosi!

Al risveglio la mattina del 13 dicembre i bambini troveranno dolci, caramelle e cioccolata e i doni che hanno richiesto, se li hanno meritati.

Auguri a tutti nel giorno della festa di Santa Lucia!
 
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view post Posted on 13/12/2014, 21:08
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13 dicembre, Santa Lucia: la grande protettrice della vista tra storia e leggende
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Oggi, 13 dicembre, è Santa Lucia, venerata come protettrice della vista poiché si narra che le furono strappati gli occhi o addirittura che lei stessa se li fosse strappati per non cedere alle lusinghe del peccato. Il suo nome, Lucia, ricorda il termine latino “lux”, che starebbe a significare “nata con la luce”, evocando l’episodio dell’accecamento. Percepita anche come patrona della luce che vediamo (non a caso la sua festa è stata collocata nei giorni immediatamente precedenti il solstizio d’inverno, quando la luce del giorno è più ridotta. almeno in Europa), ebbe una vita breve ma intensamente vissuta. Nacque a Siracusa, intorno al 283. Pare che il documento più antico riguardante la Santa sia un’iscrizione del V secolo, dove è riportato che una donna chiamata Euskia, sia morta il giorno della sua patrona Lucia.

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Apprendiamo della vita della Santa dalle memorie di San Gregorio Magno e dal poema “De laudibus virginum” di S. Adelmo. Lucia, di nobile casato, apparteneva ad una ricca famiglia siracusana e venne promessa sposa ad un pagano. Il padre della fanciulla venne a mancare quando lei era molto piccola, mentre la madre, Eutichia, a causa di una grave malattia, fu colpita da gravi emorragie. La Santa allora decise di recarsi in pellegrinaggio, con la madre malata, cui non erano state date speranze di guarigione, a Catania, città vicina alla sua in cui ogni anno si svolgevano i festeggiamenti in onore di Sant’Agata, Santa dalla grande potenza taumaturgica: si diceva che chiunque avesse toccato la sua tomba, sarebbe stato risanato. Il 5 febbraio del 301 d.C., Festa della Santa, in una chiesa catanese il Vangelo narrava di una donna con la stessa malattia di Eutichia che era riuscita a guarire toccando le vesti di Gesù. Lucia, allora, suggerì alla madre di toccare la tomba di Sant’Agata, convinta che, tramite quel gesto, sarebbe guarita.

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Le due donne, piene di speranza, vegliarono davanti al sepolcro. Lucia si addormentò ed ebbe in sogno Sant’Agata che le annunciò la guarigione di Eutichia, ottenuta per mezzo della sua fede. Fu allora che Lucia rivelò alla madre il voto di verginità fatto al Signore e la sua volontà di distribuire le proprie ricchezze ai poveri, vivendo in povertà e autentica fede cristiana. Realizzando da subito la missione affidatale; tornata a Siracusa, ruppe il fidanzamento, dedicandosi, poi, alla distribuzione dei beni della sua cospicua dote ai più poveri. Il fidanzato non accettò la sua decisione semplicemente poiché si vide sfumare la possibilità di impossessarsi delle ricchezze che Lucia avrebbe dovuto portare in dote, arrivando addirittura ad accusare la povera fanciulla di essere cristiana, davanti al terribile prefetto Pascasio. Quelli erano gli anni in cui il Cristianesimo veniva ferocemente perseguitato da Diocleziano, ma era anche il tempo dei più forti esempi di fede, tra i quali rientra la stessa Lucia. Pascasio, che non voleva piegarsi ai segni straordinari che Dio stava mostrando attraverso la Santa, la sottopose a diverse prove di umiliazione e torture: cercò di farle perdere la sua virtù, di farla maltrattare dai soldati, la fece trascinare da due buoi lungo le strade del paese, provò ad ustionarla con l’olio bollente e a bruciarla viva al rogo, ma nulla di tutto questo riuscì ad intaccarla, tanto che il prefetto decise di infliggerle il colpo mortale, sgozzandola con una spada.

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Prima di sottoporsi al martiri, Lucia volle parlare al popolo ed annunciò che l’impero di Diocleziano e la persecuzione dei cristiani stavano per terminare e che Siracusa, da allora, l’avrebbe sempre onorata, così come accadeva nella vicina Catania per Sant’ Agata. Dopo ciò venne uccisa, conservando il titolo della Verginità e del Martirio. Era il 13 dicembre 304. Di Santa Lucia furono molto devoti Dante Alighieri, che attribuì alla sua intercessione la guarigione da una grave infermità agli occhi, facendone uno dei principali personaggi della Divina Commedia; e Cristoforo Colombo, che diede il nome della Santa ad un’isola delle Piccole Antille, scoperta il 13 dicembre. Quando Siracusa, nell’878, cadde nelle mani dei Saraceni, il corpo di Santa Lucia fu tenuto gelosamente nascosto dai Siracusani nelle catacombe. Fu il generale greco Giorgio Maniace, impadronitosi della città nel 1040, a trasportarlo a Costantinopoli, facendone un dono all’imperatrice Teodora.

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I Crociati veneziani, invece, dopo la conquista del 1204, lo portarono a Venezia, dove oggi si venera nella chiesa parrocchiale di San Geremia, su un altare laterale, dentro un’urna marmorea. Nel 1904, il Cardinale Patriarca di Venezia, facendone la giuridica ricognizione, ne constatò il meraviglioso stato di conservazione: “il corpo della Santa è mummificato e conserva la pelle, molle al tatto. I piedi appaiono intatti, vi si scorge un’unghia nel piede destro e manca buona parte del braccio sinistro, che in vari tempi fu concesso come reliquia a papi e sovrani. Il corpo ha una tinta gialla di cartapecora languida, la testa è più nera, piuttosto piccola , regolarissima , come regolare è la parte superiore dell’osso nasale , rimasta ancora sana . Quattro ciocche di capelli neri incorniciano la fronte, uscendo sotto la corona di seta bianca. Meravigliosi sono gli occhi. Le occhiaie sono coperte da una membrana nera, morbida, costituita dall’occhio stesso e dalle palpebre mummificate. Si vede pure la traccia del suo martirio: un profondo buco vicino al petto, sul lato destro” .


fonte

 
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view post Posted on 13/12/2015, 06:12
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SANTA LUCIA martire

Lucia, fanciulla di Siracusa, era fidanzata con un ricco giovane. Con la mamma molto malata si recò in pellegrinaggio sulla tomba di sant’Agata. Qui, la mamma ottenne il miracolo della guarigione e Lucia, spinta da una forte fede, decise di consacrarsi a Dio, dopo aver donato in beneficenza le sue ricchezze. Il fidanzato, esasperato dall’atteggiamento della giovane, intenta a distribuire il patrimonio, la denunciò come cristiana. Lucia subì un duro interrogatorio, che divenne una vera disputa dottrinale. Per piegare la sua fede, il proconsole la condannò a essere chiusa in un lupanare, ma ella affermò che nulla di quello che avrebbe potuto subire, per quanto violento, avrebbe intaccato la sua anima e la sua mente. Essa sarebbe rimasta comunque casta. La presenza in lei del supporto dello Spirito Santo rese il suo corpo pesante e inamovibile. Fu così torturata, violentemente, e infine, trafitta con la spada. I persecutori, le tolsero gli occhi e per questo è considerata protettrice della vista. Lucia: la luce; portatrice di luce. Questi i simboli del nome. Santa Lucia, martire, ha fama grandissima, si può definire una figura universale, perché la sua testimonianza e la sua storia hanno realmente superato i limiti del suo sepolcro e i confini fisici dei luoghi natali, divenendo “luce spirituale” dei cristiani.

 
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view post Posted on 13/12/2015, 06:38
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Preghiera a S.Lucia

(composta da Angelo Roncalli Patriarca di Venezia divenuto poi papa Giovanni XXIII)


O gloriosa Santa Lucia, che alla professione della fede, associasti la gloria del martirio, ottienici di professare apertamente le verità del Vangelo e di camminare con fedeltà secondo gli insegnamenti del Salvatore.
O Vergine Siracusana, sii luce alla nostra vita e modello di ogni nostra azione, cosicché, dopo averti imitato qui in terra, possiamo, assieme a Te godere della visione del Signore.
Amen.

 
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view post Posted on 13/12/2015, 19:25
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LA FESTA DI SANTA LUCIA

Secondo la leggenda, Lucia venne martirizzata a Siracusa durante la persecuzione di Diocleziano. La sua festa cade il 13 dicembre, giorno della sua morte e ad essa sono legate molte usanze. Una di queste prevede che non si mangi pane in quel giorno, in memoria di una carestia che ci fu in Sicilia nel XVIII secolo, risolta grazie all’intervento della santa, che fece arrivare in Sicilia una flotta di navi cariche di frumento.
In Veneto, in Austria e in Cecoslovacchia, santa Lucia è il personaggio che distribuisce doni ai bambini e ai monelli non lascia il carbone, ma una bacchetta, come duro rimprovero.
Ancora oggi, in alcune provincie del Nord Italia, si pensa che santa Lucia passi nella notte, fra il 12 e il 13 dicembre, per lasciare i doni ai bimbi. Un tempo, in segno di accoglienza, le venivano lasciati dei dolcetti grandi come una moneta, legati ai lacci delle scarpe, appoggiate sulla finestra della cucina, insieme al fieno per il suo asinello.


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view post Posted on 9/11/2016, 19:43
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Francesco del Cossa, Santa Lucia (1472-1473)

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Santa Lucia nel manoscritto trecentesco Bréviaire di Martino d'Aragona.


da wikipedia

 
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