Marco Pantani - Il Pirata

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Manenti lancia le scarpe di Marco Pantani

Calzature tecniche per gli amanti del ciclismo, fan del Pirata


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“Non c’è supermarket dove si compra la grinta: o ce l’hai, o non ce l’hai”, amava dire Marco Pantani. Esiste invece un sito dove acquistare le calzature a lui dedicate, prodotte dall’azienda bergamasca Manenti Shoes. Si tratta di scarpe da ciclismo, realizzate con standard di alta qualità, da professionisti del settore calzaturiero.

Disponibili in 3 modelli differenti, personalizzabili nei colori e nelle finiture, queste scarpe portano incise la firma e il volto stilizzato del Pirata. Per ogni paio venduto, la Manenti Shoes devolverà una parte alla Fondazione Onlus Marco Pantani, che si occupa di sostenere persone in difficoltà, sulla scia delle donazioni fatte in vita da Marco Pantani.


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view post Posted on 15/8/2017, 14:05
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"Quando stacchi tutti e arrivi da solo, la vittoria ha il sapore del trionfo".

Era il 2 agosto 1998, Marco Pantani vinceva il Tour de France. Vogliamo ricordarlo così.

 
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La Cassazione chiude il Caso Pantani: il Pirata non fu ucciso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’avvocato Antonio De Rensis,
difensore dei familiari del campione di Cesenatico, contro l’archiviazione decisa dal Gip di Rimini a giugno 2016.

di Marco Beltrami


Il caso Pantani è chiuso. Per la Corte di Cassazione il campione romagnolo non fu ucciso. Niente da fare per il ricorso presentato dall'avvocato Antonio De Rensis, difensore dei familiari del "pirata" di Cesenatico, contro l'archiviazione decisa dal Gip di Rimini a giugno 2016, che è stato dichiarato inammissibile dalla stessa corte.

L'inchiesta bis sulla morte di Pantani

L'inchiesta bis sulla morte di Pantani, che venne trovato senza vita il 14 febbraio 2004 nel residence "Le Rose" di Rimini, è stata riaperta nel 2014. Il tutto su sollecitazione della famiglia del ciclista che chiedeva di indagare sull'ipotesi che il decesso fosse legato alle conseguenze di un fatto violento. La Procura di Rimini però aveva concluso che non c'era alcun indizio sulla possibilità che si trattasse di omicidio, né la prospettiva di risalire a possibili assassini, anche in virtù della totale assenza di ipotetici moventi.

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L'archiviazione del 2016

Nell'estate 2016 è arrivata dunque l'archiviazione, con il Pm che ha dichiarato a suo giudizio che l'esposto presentato dalla famiglia Pantani che ha dato vita all'indagine bis "più che a indicare indagini suppletive utili a scoprire elementi di un delitto non indagato, tendevano essenzialmente a far dubitare della correttezza e adeguatezza delle indagini del 2004 e a far ritenere falsi i suoi risultati". Un provvedimento impugnato dalla famiglia Pantani che oltre a richiedere di approfondire la questione dei metaboliti nel sangue di Pantani, avrebbe voluto che fossero interrogati alcuni personaggi mai sentiti dagli investigatori. La Corte di Cassazione però ha chiuso il caso, dichiarando appunto inammissibile il ricorso dei legali dei parenti dell'indimenticato campione.


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#AccaddeOggi
Il 13 gennaio 1970 nasceva Marco Pantani, ciclista soprannominato "il pirata", ottenne in tutto 46 vittorie in carriera con i migliori risultati nelle corse a tappe vincendo un Giro d'Italia, un Tour de France e la medaglia di bronzo ai mondiali in linea del 1995


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#AccaddeOggi
Il 14 febbraio 2004 moriva Marco Pantani, ciclista soprannominato "il pirata", che ottenne in tutto 46 vittorie in carriera con i migliori risultati nelle corse a tappe vincendo un Giro d'Italia, un Tour de France e la medaglia di bronzo ai mondiali in linea del 1995

 
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view post Posted on 16/3/2018, 19:41
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"Lui mi piaceva perché non era un superman, un corridore come Kittel con un fisico con cui qualunque cosa voglia fare può farla. Marco era piccolino, magro, senza capelli, che ancora non si era tagliato; era un pelato con i ricciolini, quindi non ti dava l’impressione di uno spacca montagna. Eppure era grinta allo stato puro.

Io a volte, scherzando, dico che mi ricordava Billy Elliot, quando diceva: 'Io quando inizio a ballare esco da me stesso e sono elettricità'. Marco l’ho sempre visto così, era elettricità.

Nel momento in cui saliva in bicicletta, diventava un’altra cosa e averlo potuto vivere per i pochi anni in cui è stato in sella, è stato sicuramente un privilegio"
(Enzo Vicennati)

50 anni fa nasceva il Pirata, Marco Pantani ❤️

 
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Marco Pantani, 21 anni fa la morte sportiva: “Per vincere non ho bisogno del doping, ma delle salite”

Il 5 giugno del 1999 iniziava l’incubo di Marco Pantani. Il “Pirata” fu escluso dal Giro d’Italia che si avviava a vincere per la seconda volta, dopo un controllo a sorpresa in cui fu riscontrato un valore dell’ematocrito troppo alto. Una vicenda con molti punti ancora da chiarire e che rappresentò la morte “sportiva” del campione del ciclismo italiano.

di Marco Beltrami


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Sabato 5 giugno 1999 moriva "sportivamente" Marco Pantani. Sono trascorsi 21 anni da quell'indimenticabile sabato in cui la notizia shock dell'esclusione del "Pirata" da un Giro d'Italia che si avviava a vincere, fece il giro del mondo mettendo fine di fatto alla carriera di uno degli atleti italiani più amati di sempre. Un colpo troppo duro da digerire per un ciclista, che provò a tornare in sella alla sua bici senza però riuscire a replicare le imprese del passato, finendo nel tunnel della depressione. Un fardello troppo pesante per Pantani, che venne poi trovato senza vita in un hotel di Rimini il 14 febbraio 2004, per le conseguenze, secondo l'autopsia dell'epoca, di un’overdose di cocaina autoindotta. Una vicenda che presenta tanti punti da chiarire e che è finita al centro di un'inchiesta e di una battaglia legale portata avanti dalla mamma dell'ex campione Tonina.

5 giugno 1999, la morte sportiva di Marco Pantani. Cosa successe a Madonna di Campiglio

Marco Pantani in breve tempo era diventato uno degli sportivi italiani più amati. In tanti si erano appassionati al ciclismo per quel ragazzo romagnolo che quando si alzava sui pedali in salita diventava imprendibile. Quando il gioco si faceva duro, ecco che spuntava il "Pirata" con quel mix di fatica e forza di volontà che mandava in estasi i tifosi che ne apprezzavano anche l'estrema semplicità. L'atleta romagnolo, capace di rimettersi in sella dopo un grave incidente (era stato investito da un'auto in allenamento), aveva centrato nel 1998 l'accoppiata Giro D'Italia-Tour de France, entrando così nell'Olimpo dei più forti ciclisti di sempre. Nella stagione successiva, Pantani sembrava aver messo le premesse per un bis alla "Corsa in rosa", ipotecando il successo finale alla vigilia dell'ultima gara del trittico delle Dolomiti, congeniali alle sue doti da scalatore.

Perché Marco Pantani fu escluso dal Giro d'Italia 1999 che si apprestava a vincere

Dal trionfo, all'incubo. Poco prima della partenza della tappa in programma a Madonna di Campiglio ecco però il terremoto. Alle 10.10 di sabato 5 giugno 1999 furono resi pubblici i controlli effettuati dai medici dell’UCI su una decina di corridori d’alta classifica. I test riscontrarono in Marco Pantani valori dell’ematocrito (ovvero la percentuale di globuli rossi presenti nel sangue) troppo alti. Quasi 52% contro il 50% consentito dai regolamenti internazionali. Cosa vuol dire? Una situazione che conferma che il sangue si è arricchito di ossigeno, che garantisce più "energia" per i muscoli (una pratica che si tende spesso ad utilizzare per migliorare le prestazioni degli atleti). In questi casi però aumentano i rischi per la salute degli atleti, che dunque vengono "fermati", in attesa del ritorno dei valori alla normalità.

Le accuse di "complotto". I vertici dell'UCI sospesero immediatamente Marco Pantani per 15 giorni, con una decisione che inevitabilmente causò la sua esclusione immediata dal Giro d'Italia, e l'addio alla vittoria. Inutile evidenziare il peso mediatico dell'accaduto, con il Pirata che si ritrovò nell'occhio del ciclone, nonostante la solidarietà dei compagni: l'intera squadra della Mercatone Uno che sin da subito parlò di "complotto" si ritirò, e Paolo Savoldelli che subentrò a Pantani al primo posto della classifica, si rifiutò di vestire la maglia rosa nella tappa successiva (il Giro fu vinto poi da Ivan Gotti). Andrea Agostini, all'epoca dei fatti portavoce del Team di Pantani dichiarò che l'atleta aveva effettuato due controlli, la sera precedente e il sabato successivo, con valori di ematocrito nella norma. Una situazione confermata anche dal medico della Mercatone Uno Rempi, che evidenziò come Pantani avesse già valori base di ematocrito alto, che potevano essersi ulteriormente alzati anche a causa degli sbalzi di temperatura.

Cosa dichiarò Marco Pantani sull'esclusione dal Giro d'Italia e sulle accuse di doping

La reazione di Marco Pantani fu un mix di incredulità e rabbia. In albergo il Pirata distrusse con un pugno uno specchio e pronunciò parole profetiche: "Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile". Dopo diversi giorni di silenzio in cui si ritrovò a fare i conti con processi mediatici, e con l'accusa infamante di aver fatto ricorso al doping, Pantani decise di raccontare la sua verità in una conferenza stampa: "Sono uno dei pochi corridori al mondo senza un preparatore. Ho la coscienza a posto. Non ho niente a che fare con il doping. Io per vincere non ho bisogno del doping, ma delle salite". Queste le sue parole sul quel famigerato controllo, preludio alla sua esclusione: "Io non lo so cosa sia successo, un'ora e mezzo dopo ho fatto un altro controllo a Imola e avevo 48 di ematocrito e 16,5 di emoglobina: il rapporto era in linea. Vuol dire che qualcosa di strano è successo. Ho la coscienza a posto, la stessa cosa mi può capitare anche domani. Se io sono disidratato perché il giorno prima non ho bevuto o per qualsiasi altro motivo, l'ematocrito risulterà alto, ma l'emoglobina sarà bassa, ed è questa che serve per correre".

Le ultime gare di Pantani e la morte nel 2004. Il 5 giugno 1999 iniziò un vero e proprio tunnel per Marco Pantani che entrò in depressione e non riuscì a rimettersi in sella, ricorrendo anche alla cocaina. Nel 2000 il “pirata” tornò a gareggiare, superando non poche difficoltà. Nonostante l’impegno e l’exploit da gregario per il nuovo leader Garzelli, i risultati furono altalenanti. Nel Tour de France successivo a sprazzi si rivide il vecchio Pantani soprattutto nel duello con Lance Armstrong, anche se la Grand Boucle si concluse per lui in anticipo con il ritiro dopo una crisi. L’ultima sua grande classica è stata il Giro del 2003 chiuso con un 14° posto. Da lì in poi un inferno di alcol e depressione, conclusosi purtroppo con la morte nel febbraio 2004 avvenuta in circostanze quantomeno strane e oggetto di un’inchiesta giudiziaria e di una battaglia portata avanti da mamma Tonina, che non ha mai creduto nemmeno a quanto accaduto in quel maledetto 5 giugno.

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Il film sulla morte di Marco Pantani, la madre Tonina: “Spero che ora si indaghi sul serio”

A 16 anni dalla scomparsa del “Pirata”, il film ‘Il Caso Pantani – L’Omicidio di un Campione’, in sala il 12, 13 e 14 ottobre, fa luce sulla tragica scomparsa del ciclista con nuove importanti rivelazioni. Un caso archiviato con l’ipotesi del suicidio, ma mai realmente concluso. Il film ripercorre la vita di Marco, dagli anni felici a Cesenatico, alla sua ‘morte sportiva’ con il Giro d’Italia del ’99 e la squalifica per doping, fino al giorno in cui fu trovato senza vita nel 2004. La madre Tonina Pantani: “Difficile per me rivedere certe scene”.

di Giulia Turco


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Si intitola ‘Il Caso Pantani – L'Omicidio di un Campione' il film sulla morte del "Pirata" romagnolo, trovato senza vita nel febbraio 2004. In uscita nelle sale il 12, 13 e 14 ottobre, il film è diretto da Domenico Ciolfi e si presenta come una vera e propria ricostruzione del caso che ha portato alla morte del ciclista, con particolari inediti, con l'obiettivo di fare luce su uno dei casi più controversi della cronaca italiana. Non solo, è anche la volontà di ricordare e di svelare fino in fondo chi era davvero Marco Pantani. Un campione dall'anima molteplice.

Trama e cast del film su Marco Pantani

Non a caso il personaggio de "Il Pirata", come lui stesso amava farsi chiamare, sarà interpretato da tre volti diversi. Marco Palvetti vestirà i panni del campione durante la sua vita a Cesenatico. Brenno Placido sarà il Pantani di Madonna di Campiglio, di quella fase ricordata come la sua morte sportiva con il Giro d'Italia del '99 e la squalifica per doping, e infine Fabrizio Rongione per la sua parte di vita trascorsa a Rimini. Il film si sviluppa attorno ai tre momenti topici della sua vita. "È il racconto di Marco e delle sue tre vite: tre anime, tre interpreti, un solo uomo. Una vittima che non ha ancora avuto giustizia", ha spiegato il regista.

Le parole della madre Tonina Pantani

Nel film di Domenico Ciolfi, sono contenute nuove rivelazioni sul caso Pantani. Il ciclista più amato dagli italiani avrebbe trascorso l'ultima notte prima della sua scomparsa all'hotel Touring di Rimini in compagnia di una escort e di ritorno avrebbe trovato i suoi assassini ad attenderlo. Frutto di un lavoro di ricerca durato 4 anni, il film potrebbe portare alla riapertura del caso, archiviato con l'ipotesi del suicidio. O almeno è quanto spera la famiglia Pantani. La madre Tonina ha lanciato un appello: "Spero che qualche magistratura veda questo film su Marco e si metta una mano sulla coscienza facendo le indagini sul serio". Ha spiegato: "Questo film ha un ruolo importante, serve per mettere insieme tutte le cose che sono state scoperte in questi anni ". E ha concluso: "Si tratta di un film duro, per me è stato difficile rivedere certe scene".

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Il giorno in cui Pantani si travestì da gregario e fece vincere il Giro a Garzelli

Il 4 giugno 2000, a Milano, Stefano Garzelli sfila in rosa per la vittoria del Giro d’Italia. Dopo un’appassionante sfida con Francesco Casagrande e Gilberto Simoni, nella tappa Saluzzo-Briançon sarà Marco Pantani, tornato al Giro dopo l’esclusione dell’anno precedente, a portarlo in cima. Il Pirata farà una fantastica corsa da gregario e riuscirà a far vincere il suo compagno di squadra.

di Jvan Sica


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Per Marco Pantani, come accade quando arriva improvvisamente un evento davvero gigantesco a deviare il percorso di una vita, il 5 giugno 1999 il tempo si ferma. Viene escluso dal Giro d’Italia che non solo stava dominando, ma in cui aveva compiuto imprese leggendarie e a un atleta al massimo della forma e della esplosività psico-fisica viene chiesto di tornare a casa, mettersi nella sua stanza, per riposarsi un po’. Lo si fa per il suo bene, d’altronde.

Dopo tre-quattro giorni in cui il tempo era davvero bloccato, durante i quali, come ha detto poi la fidanzata dell’epoca, Marco Pantani è stato chiuso in quella stanza con le tapparelle abbassate, il tempo è tornato a scorrere, ma all’impazzata, senza un senso, al contrario a volte.

La Mercatone Uno, la nazionale della Romagna che Luciano Pezzi aveva costruito ad hoc per far sguazzare nel suo mare Marco Pantani, gli amici veri, i familiari che iniziavano a struggersi per quella vita sempre più randagia e le persone che volevano bene a Marco, hanno cercato da quel momento fino al 14 febbraio 204 di far riprendere il normale scorrimento del tempo, riuscendovi solo per pochi momenti. In uno di questi momenti però Marco Pantani è stato ancora una volta grandioso, come lui sapeva fare, ma nelle vesti di gregario, non in quelle di capitano-monumento come ormai aveva abituato tutti.

“Bastava vederlo che.. aveva qualcosa di diverso. Sembrava che la bici non toccasse neanche terra. Si alzava sui pedali, si metteva seduto. Poi teneva sempre gli occhi bassi e ogni tanto guardava avanti. Era una sfida, secondo me neanche con gli avversari, era una sfida proprio con la salita”. – Davide Cassani

Dopo il Giro del 1999 Pantani salta il Tour de France dello stesso anno, quando appare la travolgente forza chimica di Armstrong, ma torna al Giro d’Italia del 2000. Lo dice fin dalle prime dichiarazioni di non essere lì per puntare al titolo, ma solo per riprendere la gamba in vista della sfida francese all’americano e per aiutare il suo nuovo capitano, Stefano Garzelli.
Garzelli era alla Mercatone Uno dal 1997 e nell’anno dell’incidente occorso a Pantani sulla salita del Valico di Chiunzi, in cui un gatto tagliò la strada al Pirata facendolo cadere a terra e ritirare a fine tappa, si era anche ben comportato arrivando in nona posizione.

Nel 1998, l’anno magico per il Pirata, aiutò il suo capitano e in montagna, nonostante qualche acciacco dovuto a una caduta, fu importante. Vinse il Giro di Svizzera e un po’ si iniziava a dire nell’ambiente che questa piccola Mercatone Uno ormai voleva troppo. Nel 1999 arrivò al Giro con poca condizione, aiutò davvero poco il suo capitano che stava per rivincere la corsa rosa e dopo Madonna di Campiglio si ritirò insieme a tutta la squadra.

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Il 2000, con il ritorno in squadra di Pantani, doveva però essere in parte l’anno di Garzelli, capitano vero della Mercatone Uno. Il Giro parte da Roma, siamo nell’anno del Giubileo, con la vittoria del cronoprologo da parte del ceco Jan Hruška. Poi ci sono le prime volate, con Cipollini che vince una tappa e indossa per un giorno la maglia rosa.

Il 18 maggio a Peschici, Danilo Di Luca dimostra che può essere la nuova speranza italiana per le corse di un giorno, vincendo in bello stile, ma la prima tappa di montagna chiarisce le cose. Sull’Abetone, nella sua Toscana, Francesco Casagrande vince la tappa e si prende la maglia rosa. Il corridore della Vini Caldirola-Sidermec era in grande forma e tutti immaginavano che avrebbe portato a casa la corsa, dopo che quell’anno aveva già vinto la Freccia-Vallone.

Secondo sull’Abetone arriva proprio Stefano Garzelli, a 1'39", mentre gli altri sfidanti, Simoni, Gotti, Frigo perdono di più. Pantani sprofonda, capisce che non è in palla e decide di fare apertamente il gregario del suo giovane capitano.

“Non c'è niente da fare… quando la strada si rizza sotto i pedali Pantani è il più forte”. – Adriano de Zan

Già è importante nelle tappe che si concludono a Selva di val Gardena e Bormio, coprendo Garzelli e lasciandogli energie per ridurre lo svantaggio da Casagrande fino a 33’’. Garzelli nella cronometro del penultimo giorno con arrivo a Sestriere era destinato a recuperare quel gap, per questo nella tappa precedente, la Saluzzo-Briançon gli scalatori puri, in primis Casagrande e Simoni, si alleano per attaccarlo e fargli perdere più terreno possibile. È in questo momento che Pantani diventa il super gregario che risolve la situazione.

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Prima porta sotto Garzelli, quasi trascinandolo lungo le pendici dell’Izoard, poi si mette in testa al gruppo, imponendo un’andatura che gli altri possono solo reggere. Impossibile attaccare in quelle condizioni. Addirittura a un certo punto si fa sfilare dal gruppo, va all’ammiraglia e prende le borracce, portandone una a Garzelli. Un gesto meraviglioso per chi aveva il ciclismo nelle mani solo un anno prima, ma che dimostra senza ombra di dubbio la caratura morale di Marco Pantani.
Quando ormai aveva fatto il suo lavoro, portando Garzelli in cima, seguito in fila indiana da Casagrande e Simoni, impossibilitati a muoversi, ha anche la forza per partire, giungere secondo dopo Paolo Lanfranchi e accaparrarsi abbuoni utili per la classifica del compagno.

La strategia funzionò. Il giorno dopo Garzelli fu terzo nella crono di Sestriere e Casagrande scalò secondo in classifica generale a 1'27". Il giovane varesino sfilò in rosa a Milano. Marco Pantani, il dio del ciclismo, si era vestito da gregario per far vincere un suo compagno di squadra. Insieme alle sue vittorie incredibili, anche questa impresa è degna di essere ancora cantata quando si ricorda il Pirata.

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Inaugurata la statua di Marco Pantani dove il “Pirata” ha fatto la storia

Una statua alta 6 metri di Marco Pantani è stata inaugurata nella località Plan di Montecampione, nel Bresciano. Qui il “Pirata” aveva fatto la storia: era il 1998 quando il campione di ciclismo aveva fatto sognare tutti gli sportivi vincendo una delle sue tappe più belle che lo ha portato poi a vincere il Giro d’Italia. La statua riporta fedelmente Pantani a braccia aperte, quello stesso gesto che lui faceva mentre tagliava per primo il traguardo.

di Giorgia Venturini


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Marco Pantani domina per la seconda volta località Plan di Montecampione, nel Bresciano: la prima era il 1998 quando il campione di ciclismo aveva fatto sognare tutti gli sportivi vincendo qui una delle sue tappe più belle che lo ha portato poi a vincere il Giro d'Italia. Ieri invece, nella stessa zona dove ha tagliato il traguardo, è stata inaugurata una stata alta 6 metri del "Pirata". Così i cittadini hanno voluto ricordare per sempre la grande impresa sportiva.

In tanti hanno voluto essere presenti al taglio del nastro: prima tra tutti la madre del campione romagnolo Tonina Belletti. A dominare la località ora è questa statua realizzata in acciaio dallo scultore Mattia Trotta che ha voluto immortalare i momenti della vittoria: la statua infatti, come cita Brescia Today, riporta fedelmente Pantani a braccia aperte, quello stesso gesto che lui faceva mentre tagliava per primo il traguardo delle sue magiche corse in sella alla bici. Ora tutti lo potranno rivedere tutte le volte che passano da Plan di Montecampione: l'idea è stata patrocinata dalla Regione e proposta dal Gruppo operatori turistici della Valcamonica, con la fattiva collaborazione della famiglia Pantani, di Visit Brescia, della Comunità Montana, della Provincia e del Comune di Artogne.

A rendere omaggio ancora una volta al grande campione è stata anche l'assessore al Turismo di Regione Lombardia Lara Magoni: "Marco Pantani è nell'immaginario collettivo uno degli sportivi più emblematici, una vera e propria leggenda. Ci ha messo sempre cuore e passione nelle sue gare". E poi ha aggiunto: "L'installazione di quest'opera, in un luogo così simbolico e tanto importante per il Pirata, è un atto doveroso nei confronti di un campione che ha sofferto molto ma ha regalato tante emozioni. Una statua che dimostra, ancora una volta, quanto sia vincente il binomio tra sport e turismo". Ora tutti possono ammirare di nuovo quel gesto che aveva fatto sognare tanti suoi tifosi.

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"Quando stacchi tutti e arrivi da solo, la vittoria ha il sapore del trionfo".

Era il 2 agosto 1998, Marco Pantani vinceva il Tour de France. Vogliamo ricordarlo così.

 
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Oggi il “Pirata” Marco Pantani avrebbe compiuto 54 anni. Un campione senza età che ci ha fatto innamorare del ciclismo 🚴‍♂️ 🏴‍☠️

 
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Vent’anni fa moriva Marco Pantani: cosa resta del ‘Pirata’ dallo scandalo doping alla morte per cocaina

Sono passati 20 anni dal 14 febbraio 2004, giorno in cui il 'Pirata' venne trovato morto nella stanza di residence di Rimini, stroncato da un mix di cocaina e farmaci

Marcella Piretti


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(L’immagine di copertina è tratta da Instagram)

BOLOGNA – Sono passati vent’anni dalla morte di Marco Pantani: il ‘Pirata’ venne trovato morto la sera del 14 febbraio 2004 nella stanza D5 al quinto piano del Residence Le Rose di Rimini: aveva 34 anni. Nonostante inchieste e contro inchieste, la sua morte resta in fin dei conti un mistero mai del tutto risolto. Anche se va detto che tutte le inchieste fatte sono state concordi nell’escludere, alla fine, che sia stata ucciso da qualcuno. Si parlò a lungo di suicidio. Si indagò su chi poteva avergli portato la droga. Si indagò sui soldi, tanti, che non vennero ritrovati nella stanza d’hotel. Ma alla fine la verità non si potrà mai sapere. La cosa più verosimile è che il ciclista sia morto per un mix di cocaina e farmaci, che lui stesso aveva assunto. La causa della morte è stata insufficienza cardiaca. La stanza era chiusa dall’interno e i mobili erano stati spostati e sistemati davanti alla porta (sempre all’interno) come per bloccarla. C’era disordine, con mobili spostati, ma non furono trovati danni. Pantani, quel giorno, aveva chiamato più volte la reception per segnalare rumori e persone che lo disturbavano. Ma poi quando qualcuno dell’hotel era salito per controllare non aveva mai aperto la porta.

LO SCANDALO DEL DOPING: “MI HANNO FREGATO”

La morte di Pantani è arrivata nel 2004, ma i tantissimi suoi fan (che ancora oggi lo rimpiangono e continuano a trovarsi per ricordarlo) direbbero senza ombra di dubbio che la sua fine porta un’altra data: 5 giugno 1999. Ovvero il giorno in cui l’esito dell’esame antidoping fatto a Madonna di Campiglio decretò la sua squalifica dal Giro d’Italia. “Mi hanno fregato“, disse il campione subito dopo. E non ha mai cambiato versione. Per questa vicenda, la commissione antimafia indagò sulla malavita organizzata. Anche questo giallo è ancora irrisolto. Il dubbio è che la provetta di Pantani sia stata scambiata con quella di qualcun altro o manomessa. La famiglia non si è mai rassegnata e di recente sono stati presentati nuovi esposti alle Procure di Roma, Forlì e Trento. Il campione, quel giorno, fu sottoposto ad un esame del sangue la mattina presto all’hotel Touring, da cui risultò un valore di ematocrito pari al 52% (mentre doveva stare al di sotto del 50%). Gli esami, ripetuti poche ore dopo all’ospedale di Imola, dettero un risultato diverso, con un ematocrito pari al 48%. Il processo per frode sportiva finì con un’assoluzione perchè il fatto non costituiva reato. L‘anno dopo lo scandalo di Madonna di Campiglio, Pantani tornò a gareggiare e tornò a vincere, ma non fu più costante nelle vittorie e negli alti livelli di prima. Cadde poi in depressione e cominciò ad utilizzare droghe nella vita privata. Poi la tragica fine nel 2004.

IL MITO DI PANTANI IN ROMAGNA

Marco Pantani non ha mai smesso di essere considerato un grande campione dagli appassionati di ciclismo. E continua a essere un celebrato come un ‘idolo’ in tutta Italia, ma soprattutto nella sua Romagna. Nato nel 1970 e con un carattere umile e gentile, Pantani cominciò a farsi conoscere come campione con le prime vittorie del Giro d’Italia nel 1994. Poi, tra imprese e brutti incidenti, portò avanti una carriera strepitosa. E si trasformò poi definitivamente in un mito nel 1998, l’anno in cui riuscì a vincere sia il Giro d’Italia che il Tour de France nello stesso anno.

A CASA DEL ‘PIRATA’ A CESENATICO

A Cesenatico, la cittadina di cui era originario e dove è sepolto, tutto parla di Pantani, e il magico 1998 del ‘Pirata’ è ricordato con due gigantesche biglie (all’interno c’è la foto del ciclista) sistemate in piazza Andrea Costa, la piazza del grattacielo e cuore del lungomare: una è gialla per ricordare il Tour de France, l’altra è rigorosamente rosa per il Giro d’Italia. Proprio in questi giorni, poi, il sindaco Matteo Gozzoli (che era appassionato di ciclismo fin da bambino e incontrò il suo ‘mito’ Pantani all’età di 12 anni) ha annunciato che al campione sarà dedicata la grande piazza sul lungomare che ora si chiama Guglielmo Marconi. La piazza già da anni ospita il monumento dedicato al Pirata che venne realizzato nel 2005 dall’artista bolognese Emanuela Pierantozzi. Ma presto verrà riqualificata e porterà proprio il nome di piazza Marco Pantani.

IL MUSEO

Di fianco alla stazione di Cesenatico, poi, c’è lo ‘Spazio Pantani’, punto di partenza obbligato per chiunque voglia immergersi nel mondo e nei grandissimi successi del ciclista: il Museo ripercorre la sua carriera e mette in mostra materiale e cimeli appartenuti del campione. Ci sono biciclette, in particolare la sua CustomBike, maglie, trofei e materiale fotografico.

SALVINI: FRA I PIÙ GRANDI CAMPIONI DI SEMPRE, UNICO

“Ci manchi da vent’anni, Pirata. Qualcuno ti ha voluto strappare vita e vittorie, ma rimani sempre fra i più grandi Campioni di sempre. Unico”. Lo scrive sui social il vicepremier e ministro Matteo Salvini .

FONTANA: “SEMPRE NEI NOSTRI CUORI”

“20 anni dalla tua scomparsa. Un mito immortale. Ciao Marco. Sempre nei nostri cuori”. Così, sui suoi social, il Presidente della Camera, Lorenzo Fontana.



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“È morto Pantani”, 20 anni fa l’Italia perse il suo eroe via sms

"Pantani è morto, forse si è suicidato": la notizia della morte di Pantani, il 14 febbraio 2004, cominciò a rimbalzare da un telefono all'altro con un sms. Era il tonfo definitivo di uno che per misura di vita aveva scelto la risalita

Mario Piccirillo


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ROMA – Marco e Panzavolta facevano “che io sono Saronni e tu Moser”. Pantani prima di diventare Pantani e infine morirne, voleva essere sempre Saronni. Era in prima media, quando chiese la bici al nonno. Una Vicini rossa modello Tour de France. Panzavolta, il compagno di classe, aveva il papà che correva nella Fausto Coppi. Ingarellarsi per gioco, e per la vita, fu un attimo. Un attimo sono venti anni che è morto.

14 febbraio 2004. San Valentino, i cuori, le rose, i piccioncini. E quella notizia che cominciò a bippare con la suoneria degli sms sui cellulari antichi degli italiani innamorati di lui. Facebook era nato appena una settimana prima, la viralità a quei tempi non esisteva. “Pantani è morto, forse si è suicidato“. Era il tonfo definitivo di uno che per misura di vita aveva scelto la risalita. Pantani era caduto la prima volta nel pancione di mamma Tonina, che andava a fare la spesa in bici con la futura sorellina Manola d’un anno appena sul seggiolino. Farsi male è una roba da grandi, farsi male come s’è fatto male Pantani solo da grandissimi. Morire in un residence di Rimini fuori stagione, è un destino eterno da rockstar un po’ patacca.

Quando la notizia fu vidimata dai tiggì, scrissero poi che col “pirata” era morto il ciclismo. Quello delle fughe romantiche, delle telecronache di Adriano De Zan, delle tappe di montagna che scandivano i pomeriggi davanti alla tv a far finta di fare i compiti. “Eccolo, è partito Pantani”, annunciava De Zan. Che era tipo un segnale, e a quel segnale “scatenate l’inferno”. E il pirata s’alzava sui pedali, inspirando tutto l’ossigeno dei tinelli d’Italia in apnea. Panta in greco vuol dire tutto.

Era ciclocross, quello di Pantani. Una corsa a tappe e ostacoli. E’ stato indagato da sette procure diverse per frode sportiva. Tre volte è finito a giudizio. In due occasioni è stato assolto. Il terzo processo è decaduto per morte dell’imputato. Il mare di Cesenatico l’ha guardato per ultimo. Fine pena mai. Il giornalismo ci mise un secondo a tradurre una carriera d’incensi in dita puntate. Spuntò fuori il narcisismo della magistratura.

Oggi sono venti anni che è morto. E trenta che è nato, al Giro del 1994: la tappa del Mortirolo. Pantani, leggero, quasi brullo, che manda in crisi Indurain. Lo pianta e va su, lungo le stradine strette e scoscese incorniciate dagli alberi. Scavalla in cima. Poi si sistema dietro la sella, come facevano i ragazzini spericolati, un missile in discesa. E infine in pianura, contro vento. Aspetta Indurain, lo fa tirare un po’. E poi di nuovo in salita, ciao ciao, “al cine vacci tu”.
Seguirà una carrellata di imprese. Gli incidenti, la Milano-Torino, il gatto al Giro d’Italia, le rimonte al Tour con l’idolo di casa, Virenque, sverniciato con impalpabile superiorità. Pantani garantiva il fabbisogno isterico della gente d’un ciclismo epico. Nel luglio del 1998 sotto un inferno atmosferico, disintegrò Ullrich sul Galibier e andò a prendersi la maglia gialla per tutti noi. “Vado forte in salita così smetto prima di soffrire“, disse in una memorabile intervista a Gianni Mura che lo soprannominò pantadattilo.

Ma Pantani correva controvento. Non a caso il regista de ‘Il migliore’ – uno dei più puntuali documentari sulla sua vita – monta per tutte la celebre tappa di Oropa, quando il gruppo accelerò non appena Pantani ebbe un guasto alla catena. Li riprese tutti, uno ad uno, passò davanti ai volti tirati di Gotti e Savoldelli, quello quasi ammirato di Jalabert, e vinse. Quando venne fermato, era maglia rosa, maglia verde, maglia ciclamino. Era il ciclismo, Pantani.

Venne poi Madonna di Campiglio, l’ematocrito a 52. Fu fermato quando aveva praticamente vinto il secondo Giro d’Italia di fila. Lo visse come un tradimento. “M’hanno fregato”. Tornò, vinse contro Armstrong al Mont Ventoux, al Tour. E quello, il dopato per eccellenza, ebbe la faccia tosta d’umiliarlo: “L’ho fatto vincere”. Pantani un attimo fa era un mito, l’attimo dopo un martire. Fanno venti anni oggi, che non lo lasciano in pace. Finito al centro d’un complotto, chissà, la sua storia è rimasta sospesa nel sospetto. Non è mai risultato positivo a un controllo, ma i file ematici dell’Università di Ferrara dal 1992 al 1996, registrati a nome Panzani, Panti, Ponti, Padovani… davano i numeri d’una prossimità al doping: l’ematocrito oscillava dal 41 al 56%. All’ospedale delle Molinette, dopo l’incidente della Milano-Torino 1995, era al 60,1%. Tanto che i medici dovettero iniettargli litri di diluente per evitare una trombosi. Oggi lo sappiamo per ammissione postuma dei vari Armstrong e Ullrich: il doping ematico era la norma nel ciclismo dell’epoca. Pantani, come quasi tutti, viaggiava con una centrifuga per analizzarsi il sangue e non superare le soglie previste.
Pantani s’è tirato fuori da quella pozza salmastra di invidie e sospetti, a San Valentino del 2004. Venti anni oggi. Stanza D5, Residence Le Rose di Rimini. Overdose. Gli ultras del Cesena lo proteggevano, avevano minacciato i pusher della zona: niente roba al Pirata. Uno tradì.
Era stato Saronni, l’aveva superato. Era caduto, s’era rialzato, aveva scoperto che dopo il traguardo non c’era più nulla.



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